Il pm di Palermo Piero Padova ha chiesto la condanna a quattro anni nei confronti dell’ex magistrato della procura del capoluogo siciliano Antonio Ingroia. L’ex procuratore aggiunto è accusato di peculato. Per gli inquirenti si sarebbe appropriato di indennità non dovute quando era liquidatore della società partecipata regionale Sicilia e servizi per un totale di 117mila euro.
L’indagine che ha portato al processo, in corso davanti al gup Maria Cristina Sala, nasce da una segnalazione della Corte dei conti relativa al periodo in cui Ingroia, su nomina dell’ex governatore Rosario Crocetta, era stato nominato amministratore della società regionale Sicilia e-Servizi. Ingroia, creatore del pool che ha indagato sulla trattativa Stato-mafia, viene nominato liquidatore di Sicilia e-servizi, società in house della Regione a capitale interamente pubblico. Per tre mesi, nel 2013, ricopre l’incarico di liquidatore, ma invece di chiudere la società ottiene utili per circa 150mila euro. Secondo i pm bypassando l’assemblea dei soci, l’ex magistrato si liquida in conflitto di interessi, secondo l’accusa, un’indennità di risultato di 117 mila euro. Oltre all’aspetto dell’autoliquidazione, l’accusa punta il dito contro l’ammontare dell’indennità. La legge, infatti, stabilisce che non possa essere superiore al doppio dello stipendio annuo lordo del manager. Stipendio fissato per Ingroia in 50 mila euro, ma che per il 2013, avendo lavorato solo tre mesi, era di molto inferiore.
Peraltro la somma intascata – il governatore Nello Musumeci non l’ha confermato – riduce l’utile della società informatica della Regione a poco più di 33mila euro. Nel conto di Ingroia, insomma, finisce poco meno dell’80% degli utili della società. Sotto inchiesta, anche rimborsi per spese di viaggio. Dovuti solo per i trasporti, diceva una norma regionale, estesi a vitto e alloggio da Ingroia con una delibera che lui stesso ha firmato. In 20 mesi di viaggi tra Roma, città in cui viveva dopo aver lasciato la magistratura, e Palermo, dove ricopriva la carica di amministratore della società, solo di alberghi e ristoranti ha speso 37mila euro. Hotel di lusso come il celebre Villa Igiea, storica residenza scelta da Giulio Andreotti nelle sue trasferte processuali nel capoluogo, e locali glamour come il “Castello a Mare” dello chef Natale Giunta, tutti pagati dalla Regione. Indebitamente, dicono i magistrati che l’accusano di peculato.
“Mi aspettavo un grazie e invece mi sono ritrovato sotto processo. La richiesta della procura non mi sorprende dato l’accanimento e l’evidente ostilità nei miei confronti. Quello che è importante è che io so di aver operato nel giusto e di avere la coscienza a posto. Ho capito che c’è un’interpretazione alla rovescia dei fatti – dice Ingroia all’Adnkronos -. Sono fiducioso che alla fine la verità verrà a galla. Ora che faccio l’avvocato ho visto tanti casi di mala giustizia per l’Italia ma credo anche che i giudici sapranno riconoscere la verità. Io ho la coscienza a posto“.