A processo per disastro ambientale, il prossimo 28 ottobre: il dirigente Eni, Enrico Trovato, ex responsabile del Centro oli della Val d’Angri (Cova) di Viggiano, è stato citato a giudizio immediato nell’ambito dell’inchiesta sulla fuoriuscita di petrolio che si è verificata tra agosto e novembre 2016 e che ha causato l’inquinamento di acque e sottosuolo su circa 26mila metri quadri di territorio. Il gip di Potenza Ida Iura, riporta la Gazzetta del Mezzogiorno, ha accolto la richiesta avanzata dalla procura nei confronti di Trovato, che si trova ai domiciliari dallo scorso aprile e che risponde di disastro ambientale, accusa per cui rischia una pena fino a 5 anni di reclusione.

L’INCHIESTA – Trovato è stato responsabile del Centro oli dal 23 settembre 2014 al 31 gennaio 2017. Oltre al dirigente Eni, nell’inchiesta ci sono altri 9 indagati, tra cui i componenti del comitato tecnico regionale della Basilicata, che avrebbero dovuto controllare l’attività estrattiva, e la stessa società. Solo a febbraio 2017 Eni riconobbe pubblicamente la fuoriuscita che nel tempo ha contaminato il ‘reticolo idrografico’ e decine di ettari della Val d’Agri. Ma se a metà aprile la Regione Basilicata aveva deciso di chiudere il Cova per il mancato rispetto di alcune prescrizioni ambientali, tre mesi dopo lo stabilimento era tornato a funzionare. Come sottolineato dal procuratore capo di Potenza, Francesco Curcio, buona parte di quello che è venuto fuori nel corso dell’inchiesta lo si deve a Gianluca Griffa, il responsabile dell’impianto che venne trovato morto in un bosco, in Piemonte, nel 2013. Poco prima aveva scritto una lettera, nella quale raccontava ai pm che Eni già sapeva degli sversamenti dal 2012. Perché lui stesso lo aveva segnalato, affinché si ispezionassero le cisterne. Non fu ascoltato e, anzi, fu allontanato dal Centro oli per essere destinato ad altro incarico.

L’ACCUSA A TROVATO – Secondo gli inquirenti, dunque, Trovato sapeva delle perdite dei serbatoi di stoccaggio del greggio, segnalate già dal 2012, e non avrebbe detto né fatto nulla per evitare che la situazione peggiorasse. “Una precisa strategia condivisa dai vertici di Milano per nascondere gravi problemi”, fu il commento della gip nel provvedimento di misure cautelari. In questo modo, secondo la procura, il dirigente ha contribuito a compromettere la qualità delle acque superficiali in zona Fossa del Lupo (a causa della concentrazione di solventi organici aromatici), le acque sotterranee all’interno e all’esterno del Cova e di suolo e sottosuolo all’interno del Centro oli. Per gli inquirenti Trovato, che risponde per il periodo in cui è stato responsabile dello stabilimento, non avrebbe mai comunicato le perdite verificatesi nel 2012 e nel 2013 rispettivamente nei serbatoi A e C, né avrebbe fatto ispezionare gli altri due serbatoi pur sapendo che erano danneggiati. Non può essere, invece, formulata l’ipotesi di disastro ambientale per i responsabili del centro che l’hanno preceduto, Ruggero Gheller (dal 4 ottobre 2011 al 22 settembre 2014) e Andrea Palma (responsabile delle attività di Manutenzione del Centro Olio dal febbraio 2011 al luglio 2013), perché il reato è entrato nel codice solo dal 29 maggio 2015. Per i due, concorrenti nella condotta di Trovato, è previsto un iter differenziato, così come per gli altri indagati per i quali l’accusa dovrà decidere se chiedere l’archiviazione o, dopo la conclusione delle indagini, il rinvio al giudizio.

IL RINNOVO DELLA CONCESSIONE – “Con la citazione dell’ex dirigente del Cova Enrico Trovato si apre un’importante fase giudiziaria”, commenta Francesco Masi, portavoce del coordinamento nazionale No Triv, che sottolinea come, nel frattempo “la maggioranza di governo del Consiglio Regionale di Basilicata, stregata dal ruolo delle royalties, fa mancare il numero legale (durante la seduta del 24 settembre scorso, ndr) proprio sul rinnovo della concessione Val d’Agri, in scadenza naturale” il prossimo 26 ottobre.

L’INTERROGAZIONE – Riguardo alla situazione del Centro Oli, l’8 ottobre la deputata LeU Rossella Muroni ha presentato un’interrogazione, dopo quella di maggio scorso, proprio per ricordare che ad oggi “non sono seguite concrete iniziative ministeriali per bonificare le aree contaminate e riconoscere le responsabilità oggettive di Eni, rafforzare il sistema di controllo e monitoraggio gestito dal ministero dell’Ambiente e della tutela del territorio e del mare né è seguito il rigetto dell’istanza di proroga della concessione presentata da Eni al ministero dello Sviluppo economico il 27 ottobre 2017”. La deputata chiede lumi anche sul presunto incontro tra l’ex vicepresidente del Consiglio dei ministri, Matteo Salvini, e l’amministratore delegato di Eni, Claudio De Scalzi, di cui riporta la cronaca, per concordare un nuovo memorandum del petrolio in Basilicata, con piano investimenti da 4 miliardi di euro, con più spazi di manovra per Eni sia nell’upstream che nello smaltimento dei rifiuti petroliferi.

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