È apparsa a fine agosto lungo la costa nordest del Brasile. Ora, dopo un mese e mezzo, la chiazza di petrolio ha già contaminato 139 spiagge e raggiunto 63 comuni. L’ultimo quello di Cajueiro da Praia, nello Stato del Piauì. Secondo gli esperti dell’Ibama, l’Istituto ambientale brasiliano, le macchie di greggio interessano 1.500 chilometri e si estendono a otto Stati: Sergipe, Alagoas, Pernambuco, Paraiba, Rio Grande do Norte, Ceará, Piaui e Maranhão. Il più colpito è quello di Pernambuco, dove il 71% dei comuni costieri è stato invaso da residui di petrolio, tra cui la famosa spiaggia di Porto de Galinhas.

Un disastro ambientale che al momento ha colpito in particolare le tartarughe marine. Il il ministro dell’Ambiente Ricardo Salles sta provando a correre ai ripari: più di 100 tonnellate di scarti di petrolio sono già state raccolte. Intanto si indaga sulle cause del disastro e il presidente Jair Bolsonaro punta il dito contro un atto volontario: “La chiazza ha una dimensione insolita. Ha un volume che non è costante. Se provenisse da una nave affondata, starebbe uscendo ancora petrolio. Sembra che sia stato scaricato qualcosa volontariamente”.

Così come sulle origini della chiazza: “Ciò che è stato verificato è che il dna del petrolio non è prodotto né commercializzato in Brasile”. Quindi l’accusa diretta ai vicini venezuelani: “Secondo le analisi di Petrobras (compagnia di Stato brasiliana, ndr) il paese di origine è il Venezuela”, ha spiegato al quotidiano Folha de Sao Paulo.” Circa 140 navi hanno sostato sulla costa Nordest – ha precisato il capo dello Stato – Questo può essere opera di criminali, oppure di un naufragio. È complesso scoprirlo”.

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