Falcone sapeva benissimo di dover morire: “Buscetta, quando iniziò a collaborare, mi aveva messo in guardia: ‘Prima cercheranno di uccidere me, ma poi verrà il tuo turno. Fino a quando ci riusciranno’. Ci sono riusciti. E quest’uomo abbiamo dovuto difenderlo dalle calunnie dei suoi colleghi, dalle ironie, dalle allusioni dei mascalzoni… Povero Falcone. E poveri noi”. Così Giorgio Bocca, il 25-5-‘92.
Oggi Falcone dobbiamo difenderlo ancora: dall’abolizione della sua legge sull’ergastolo ostativo. La decisione della Cedu è errata, figlia di vuote astrazioni, cerebralismi giuridici, garantismo estremo, ignoranza di ciò che davvero è la mafia. L’ergastolo ostativo nasce da un’attenta strategia e dalla tragica realtà della storia italiana. Urge un promemoria: 12 marzo ’92: la mafia uccide Lima ex sindaco di Palermo; 23 maggio ’92: Falcone salta in aria a Capaci con la moglie e tre uomini della scorta; 19 luglio ’92: a Palermo un’autobomba uccide Borsellino e cinque agenti della scorta; 14 maggio ’93: bomba a Roma (15 feriti); 27 maggio ’93: bomba a Firenze nei pressi degli Uffizi, muoiono 5 persone; 27 e 28 luglio ’93: esplodono due autobomba: a Milano (5 morti) e a Roma (20 feriti); 15 settembre ’93: a Palermo è ucciso don Puglisi, parroco antimafia. Chiedo: c’è un altro Paese in Europa dove in due anni ci siano stati attentati, stragi, omicidi così numerosi? Dove Cosa Nostra sia stata così efferata contro lo Stato (e in continua trattativa con lo Stato)? No. E allora, perché l’Italia dovrebbe avere una legislazione antimafia uguale a quella di un paese scandinavo dove diversa è la vita sociale-politica-civile?
Dice bene Nicola Gratteri nella Storia segreta della ‘ndrangheta (Mondadori): questo “mostruoso animale giurassico non si estingue”, perché sono ancora in tanti a proteggerlo o non capirlo. Vale anche per Costa Nostra. Insomma, la Cedu ha favorito, senza volerlo, la mafia che da sempre vuole abolire il 41 bis e l’ergastolo ostativo. E’ un fatto. Ed è triste che molti offendano e ironizzino invece di argomentare. Luigi Manconi, per dire, su Repubblica (9-10-19) parla di “propaganda triviale” e insulta quanti contestano la sentenza della Corte europea. Intendiamoci, tanti argomentano senza offendere contro l’ergastolo ostativo (Onida, Flick ed altri). Li rispetto. Ma chiedo come si possa esaltare Falcone e nello stesso tempo distruggere la sua idea più preziosa definendola “inumana”.
L’errore sta nel guardare il “fine pena mai” solo dal punto di vista morale. Ragioniamo. L’etica è importante e la filosofia – dai presocratici a Rorty – spiega “perché e come” debba guidare la nostra azione. Ciò detto, la morale individuale deve lasciare il posto a valutazioni più alte se in gioco c’è l’interesse della Polis (Machiavelli parla di “autonomia della politica”). Insomma, l’ergastolo ostativo tutela la collettività, lo Stato: il Parlamento rifletta prima di seguire le indicazioni della Corte europea: la Cedu non ha valutato che concedendo benefici a ergastolani impenitenti, calpesta i diritti delle vittime; che un ergastolano in permesso può darsi alla fuga; che un pluriomicida libero è un gran pericolo; che non è giusto esser deboli coi grandi boss e forti contro i piccoli reati; che molti penseranno di poter commettere qualunque crimine, tanto alla fine usciranno di galera; che diminuiranno i pentiti, perché potranno uscire anche senza collaborare.
Insomma, i pericoli erano/sono evidenti ma indicarli non è servito a nulla. La Consulta il 22 ottobre, e il Parlamento dopo, seguiranno la Cedu o rifiuteranno di smantellare l’antimafia? In passato il Pd propose leggi contro il “fine pena mai”. Sarà scontro coi 5Stelle? Vedremo. Intanto, registro che aveva visto bene Bocca: “La ragione per cui Falcone dovrebbe avere una medaglia d’oro della Resistenza è per quella folle volontà di resistere al peggio… per cui un uomo di cinquantatré anni va alla morte in un mondo di ladri e di furbastri che hanno messo a sacco lo Stato… e si permettono oggi di versare lacrime di coccodrillo”. Ecco, se la legge Falcone odiata dai boss verrà abolita, chi non ha detto una parola per impedirlo non commemori più il magistrato ucciso a Capaci. Egli non merita falsi rituali, ma il rispetto delle sue battaglie e delle sue idee: il riguardo dovuto a chi ha sacrificato la vita per la giustizia.