Ex militare, è diventato primo ministro nell'aprile 2018 e ha lavorato alla risoluzione di un conflitto durato vent'anni. In politica interna, ha deciso di liberare i prigioniero politici e riallacciato il dialogo con gli oppositori in esilio
Il Premio Nobel per la pace per il 2019 va al primo ministro etiope Abiy Ahmed Ali per i suoi sforzi per “risolvere il conflitto di confine con la vicina Eritrea” e per il riconoscimento di “tutte le parti interessate che lavorano per la pace e la riconciliazione in Etiopia e nelle regioni dell’Africa orientale e nord-orientale”. Ex militare, Abiy Ahmed è diventato primo ministro nell’aprile 2018 e ha lavorato alla risoluzione di un conflitto durato vent’anni. In politica interna, ha deciso di liberare i prigioniero politici e riallacciato il dialogo con gli oppositori in esilio. “E’ un premio dato all’Africa, all’Etiopia”, ha commentato il premier. “Immagino che gli altri leader africani penseranno che è possibile lavorare sui processi di costruzione della pace nel nostro continente”, ha aggiunto.
Abiy Ahmed, 43 anni, è di etnia oromo, il gruppo etnico maggioritario del Paese, ma anche il più marginalizzato. Dopo la sua elezioni, è stato definito dal Wall Street Journal “la più grande speranza per il futuro democratico dell’Etiopia”. Un mantra della sua azione di governo è stato appunto la riconciliazione nazionale, in un Paese diviso tra diversi gruppi etnici, spesso divisi da rivalità storiche.
Ha rilasciato migliaia di prigionieri politici e riportato in patria molti esiliati, legalizzando nuovamente i partiti di opposizione. Lui che è al governo con la coalizione che detiene il potere dal 1991, ha subito denunciato anche la corruzione esistente all’interno della maggioranza. Dopo pochi mesi, è riuscito nell’interno di raggiungere un primo accordo con la vicina Eritrea, con cui l’Etiopia era ufficialmente in guerra dal 1998. Ahmed ha elaborato i principi di un accordo di pace per porre fine al lungo stallo, enunciati nelle dichiarazioni che il primo ministro etiope e Isaias Afwerki, ipresidente dell’Eritrea, hanno firmato ad Asmara e Jedda lo scorso luglio e settembre. “Una premessa importante per la svolta è stata la volontà incondizionata di Abiy Ahmed di accettare la sentenza arbitrale di una commissione internazionale di confine nel 2002”, si legge nel comunicato del Premio Nobel.
Un riconoscimento importante “ma il suo lavoro è lontano dall’essere concluso“, sottolinea Amnesty International. “Questo premio dovrebbe spingerlo e motivarlo a intraprendere le sfide sui diritti umani che minacciano di disperdere quanto ottenuto fino ad ora – sottolinea l’organizzazione – Deve con urgenza assicurare che il suo governo affronti le tensioni etniche che rischiano di provocare instabilità e ulteriori abusi nel campo dei diritti umani”. Il premier etiope dovrebbe anche rivedere la legislazione “antiterrorismo che continua ad essere usata come uno strumento di repressione. Ora più che mai il primo ministro Abiy deve sposare pienamente i principi e i valori del premio Nobel per la pace per lasciare un eredità durevole nei diritti umani al suo paese alla regione e al mondo”.
“Abiy Ahmed Ali ha scelto dopo decenni la pace tra Etiopia e Eritrea, ha liberato prigionieri politici e perseguito chi violava i diritti umani, ha mediato sul conflitto in Sudan. Un giusto riconoscimento ad un giovane e coraggioso simbolo dell’Africa”, ha twittato il ministro per gli Affari europei Enzo Amendola.