Ha 88 anni, è malato e in carcere andrebbe incontro a una “enorme sofferenza”. Per questo Emilio Fede, condannato in via definitiva nel processo Ruby bis, sconterà la pena in “detenzione domiciliare” come deciso dal Tribunale di Sorveglianza. L’ex direttore del Tg4 deve scontare 4 anni e 7 mesi per aver favorito la prostituzione di alcune ragazze spinte a partecipare alle cene del “bunga-bunga” nella residenza dell’ex premier Silvio Berlusconi.
Il 12 aprile la Procura generale milanese, infatti, sempre su istanza della difesa, aveva sospeso l’ordine di carcerazione aprendo, dunque, la strada dei domiciliari. I giudici della Sorveglianza, come riporta l’Ansa, hanno respinto la prima richiesta della difesa del giornalista di “differimento dell’esecuzione della pena”. E hanno accolto, invece, l’istanza per i domiciliari perché, scrivono nel provvedimento, la detenzione in carcere “andrebbe contro il senso di umanità che deve comunque connotare l’esecuzione della pena nel rispetto della dignità della persona”. In questo caso, spiega ancora la Sorveglianza, la carcerazione per Fede sarebbe soltanto “una enorme sofferenza superiore certamente a quella che inevitabilmente consegue a ogni regime detentivo”. I domiciliari, dunque, sono la soluzione “più idonea anche ai fini rieducativi“.
Potrà uscire dall’abitazione solo per quattro ore al giorno, tra le 10 e le 12 e tra le 16 e le 18, oltre che per “comprovati motivi di salute”. E non potrà frequentare pregiudicati e “dovrà adoperarsi per quanto possibile al risarcimento del danno“. Ai domiciliari, probabilmente, Fede passerà solo alcuni mesi, perché quando la parte rimanente della pena arriverà a 4 anni, potrà chiedere l’affidamento in prova ai servizi sociali. Affidamento che, invece, ha potuto già chiedere Nicole Minetti, condannata anche lei in via definitiva nel ‘Ruby bis’, perché la sua pena di 2 anni e 10 mesi è stata subito sospesa