L'ex primo cittadino, ora consigliere di Fratelli d'Italia, è accusato di disastro e omicidio colposo. Per la Procura era a conoscenza dello stato dell'edificio, ma permise che i cittadini rimanessero a vivere all'interno
Sei persone sono finite a processo per il crollo di una palazzina ex Ina Casa ad Amatrice avvenuto il 24 agosto 2016 durante il terremoto nel Centro Italia. Nel crollo morirono 7 inquilini. La decisione è stata presa dal gup di Rieti Giovanni Porro che ha mandato a giudizio anche l’ex sindaco Sergio Pirozzi, oggi consigliere regionale di Fratelli d’Italia, che deve rispondere di disastro colposo, omicidio colposo plurimo e lesioni personali colpose (tre persone riportarono ferite gravi). Il processo inizierà il 6 febbraio 2020.
Gli altri imputati sono il progettista e direttore dei lavori, Ivo Carloni, tre tecnici del Genio civile – Valerio Lucarelli, Giovanni Conti e Maurizio Scacchi – e il comandante dei vigili urbani di Amatrice, Gianfranco Salvatore. Secondo le conclusioni dell’inchiesta, condotta dai pm Lorenzo Francia e Rocco Gustavo Maruotti, la palazzina, in seguito al sisma dell’Aquila del 2009, fu ristrutturata ma senza rispettare le norme antisismiche, non fu collaudata e quindi, con la successiva scossa dell’agosto 2016, crollò senza lasciare scampo agli inquilini. Il sindaco in particolare era a conoscenza – secondo i pm – delle condizioni precarie dello stabile ma permise che le persone rientrassero dopo il sisma dell’Aquila del 2009. Una ulteriore indagata, Virna Chiaretti, responsabile tecnico del Comune di Amatrice, è stata prosciolta, mentre un quarto dirigente del Genio Civile, Maurizio Peron, aveva già scelto di essere giudicato con il rito abbreviato. “Siamo soddisfatti – ha commentato l’avvocato dei familiari delle vittime, Wania Della Vigna – perché avremo la possibilità nella fase dibattimentale di vedere riconosciute le responsabilità umane che la Procura e le perizie hanno evidenziato”.
Nell’avviso di conclusione indagine consegnato un anno e mezzo fa agli indagati emerse che a Pirozzi (all’epoca era ancora candidato alla presidenza della Regione Lazio), oltre che sindaco anche capo della protezione civile nel Comune, viene contestato di non aver consentito o comunque non impedito il rientro delle persone in quelle abitazioni nonostante fosse a conoscenza della precaria condizione dello stabile visto che lo stesso Comune da lui guidato aveva rimborsato a varie strutture ricettive le spese di vitto e alloggio – per circa 40mila euro complessivi – per l’ospitalità concessa, fino al mese di luglio 2009, ai residenti evacuati a seguito del sisma aquilano. Inoltre non ha revocato l’ordinanza di sgombero del 16 aprile 2009 dal suo predecessore e non ha ripristinato l’agibilità dell’edificio.
Complessivamente in quei condomini ex Ina case morirono 19 persone. Cinque persone sono già a processo, in un altro filone delle varie inchieste della Procura reatina, per il crollo, sempre in piazza Sagnotti ad Amatrice, di due palazzine ex Iacp-Ater. Secondo le conclusioni dell’inchiesta, condotta dai pm Maruotti e Francia, i due edifici, a metà degli anni Settanta, erano stati costruiti con materiali scadenti e inadeguati a sostenere l’impatto di un terremoto di magnitudo anche inferiore a magnitudo 6.0. La notte del terremoto solo 3 inquilini, sui 21 presenti, riuscirono a salvarsi. In quel caso gli imputati erano tutti tecnici, ma come responsabili civili sono stati chiamati in causa anche la Regione Lazio (per Ater e Genio civile) e il Comune di Amatrice.