La sentenza di proscioglimento nel merito firmata dal Gup di Napoli Nord Vincenzo Saladino non coglie di sorpresa. Già nell’ordinanza cautelare notificata ad altri indagati nel marzo scorso emergevano tracce abbastanza chiare dell’insussistenza delle accuse di riciclaggio a carico di Dario D’Isa, un avvocato sorrentino diventato suo malgrado famoso perché figlio di uno dei giudici di Cassazione che rese definitiva la condanna per frode fiscale di Silvio Berlusconi.
Stavolta D’Isa junior, difeso dall’avvocato Saverio Senese, era rimasto impigliato in una storia più grande di lui: nel tentativo di far riconvertire in euro 147 milioni delle vecchie lire, era finito in contatto con personaggi ed ambienti gravitanti intorno al mondo del clan dei Casalesi e sotto inchiesta della Finanza con ipotesi di reato gravi: riciclaggio con lo scopo di riciclare i proventi della camorra casertana. E così quei 147 milioni finirono nell’estate del 2017 al centro di una trattativa tra un presunto mediatore di D’Isa, Gerardo Miracolo (indagato e prosciolto anche lui) e Gaetano Mungiguerra, un imprenditore di Casandrino che gli inquirenti ritengono contiguo alle cosche, già imputato di Spartacus e condannato in primo grado a 16 anni per omicidio.
A marzo Mungiguerra viene arrestato: il pm di Napoli Nord Barbara Buonanno lo ritiene il promotore di un’associazione a delinquere finalizzata a ripulire i profitti illeciti del clan. Ma il gip Raffaele Coppola ha analizzato con attenzione caso per caso e sui milioni custoditi nello studio legale di D’Isa, ai quali Mungiguerra pareva interessato, fa un distinguo: non è provata la loro provenienza delittuosa, anzi, potrebbero essere il frutto dei risparmi di lavoro dell’avvocato, e comunque tra D’Isa e Mungiguerra non erano emersi contatti diretti. E per quel capo di imputazione aveva rigettato la misura cautelare (peraltro non chiesta per D’Isa ed altri).
La procura ha comunque richiesto il rinvio a giudizio di D’Isa e delle persone che hanno partecipato alla mediazione con Mungiguerra. Il Gup li ha prosciolti. “Sono soddisfatto, ero stato indagato frettolosamente nonostante fosse chiara la provenienza non illegittima dei 147 milioni – commenta D’Isa in una nota – avevo solo svolto legittimamente il mio ruolo di legale della persona che possedeva quei 147 milioni, suggerendogli le procedure e le modalità previste dalla legge per effettuare il cambio in euro”.