David Ermini torna a chiedere la riforma del processo civile e penale come condizione fondamentale per l'applicazione della riforma sulla prescrizione. Lo fa con un'intervista al Messaggero, in cui si esprime tra l'altro sullo stop dopo il primo grado di giudizio che entrerà in vigore dall'1 gennaio 2020
“Abolire la prescrizione, senza che prima siano stati introdotti strumenti per rendere rapida e certa la durata dei processi, sarebbe sbagliato”. David Ermini torna a chiedere la riforma del processo civile e penale come condizione fondamentale per l’applicazione della riforma sulla prescrizione. Lo fa con un’intervista al Messaggero, in cui si esprime tra l’altro sullo stop dopo il primo grado di giudizio che entrerà in vigore dall’1 gennaio 2020. “A farne le spese sarebbero i cittadini non solo gli imputati, ma anche le parti offese che non possono attendere anni e anni prima di avere una sentenza. Del resto è la Costituzione a parlare di durata ragionevole dei processi. I processi infiniti sono una negazione del diritto”, sostiene il vicepresidente del Csm, già deputato e responsabile giustizia del Pd all’epoca guidato da Matteo Renzi.
A far durare tanto i processi, però, sono i giudici. Secondo il numero due del Consiglio superiore della magistratura i tempi lunghi sono legati alla mancanza “strutture e risorse. Oltre alle buone leggi bisogna dare ai magistrati gli strumenti, il personale, le aule, per svolgere i processi e smaltire gli arretrati“. Ermini condivide il proposito fissato nelle linee guida dal Ministro della Giustizia, Alfonso Bonafede, di una durata di 4 anni per i processi civili e penali nei tre gradi di giudizio. “È giusto”, dice ma bisogna “potenziare Procure e Tribunali”. Il vicepresidente del Csm, invece, non condivide la proposta di Bonafede sulla nuova legge elettorale del Csm, che prevede una fase con il sorteggio dei candidati. “È fortemente dubbia la sua costituzionalità, in quanto negherebbe l’ elettività e la rappresentatività previste dalla Carta – dice l’ex deputato del Pd – Sarebbe una sorta di normalizzazione. Cambiamo piuttosto il sistema della rappresentatività: passiamo dal collegio unico nazionale, in cui inevitabilmente le correnti hanno un peso, a piccoli collegi per valorizzare il rapporto tra magistrati e territorio. Così facendo emergerebbero i giudici più bravi e stimati, indipendentemente dall’appartenenza”.
Il vicepresidente del Csm interviene nel dibattito nei giorni successivi alle elezioni supplettive del consglio, necessarie dopo le dimissioni dei consiglieri coinvolti nel caso Palamara. Un’inchiesta che ha coinvolto l’organo di autocontrollo della magistratura e ha influito sulle decisioni del Csm: per esempio è stata interrotta la procedura di nomina del procuratore capo di Roma. Un iter che ora è pronto a partire dall’inizio. “Il 22 e il 24 ottobre ci saranno le audizioni dei candidati, cosa che avevo chiesto nel maggio scorso ma mi venne negata. Dopo di che avvieremo le discussioni per la nomina che avverrà in tempi brevi, spero entro la fine di gennaio”, assicura Ermini.
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