Sono stati arrestati il figlio dello storico boss mafioso di Mazara del Vallo con la moglie e il commercialista palermitano Maurizio Lipani, amministratore giudiziario nominato dal Tribunale che, secondo l’accusa, si è appropriato dei soldi sequestrati alla mafia che gli erano stati dati in gestione. Per Epifanio Agate il Gip del Tribunale di Palermo ha disposto, su richiesta della locale Direzione Distrettuale Antimafia, la custodia cautelare in carcere mentre Lipani si trova ai domiciliari. Dalle indagini è emerso che Agate, imprenditore ittico figlio di Mariano Agate, stretto alleato dei corleonesi di Totò Riina per decenni a capo del potente mandamento mafioso di Mazara del Vallo, con la compiacenza di Lipani che aveva in gestione alcune sue aziende sequestrategli nell’ambito di un procedimento di prevenzione ha continuato a occuparsi della loro gestione, contattando clienti e fornitori e soprattutto riscuotendo i crediti pendenti, vanificando così gli effetti pratici e simbolici del sequestro antimafia. Analoghe condotte criminose sono contestate alla moglie, destinataria di arresti domiciliari, titolare formale delle aziende sequestrate.

Lipani, noto commercialista palermitano è accusato di peculato ed auto-riciclaggio, perché, nella veste di amministratore giudiziario, senza autorizzazione del competente Tribunale, si è appropriato di parte dei soldi che gli erano stati affidati in gestione, effettuando diversi prelievi di contanti o inviandosi bonifici sui propri conti personali dai conti di pertinenza sia delle aziende riconducibili ai coniugi Agate sia da altre società colpite da vincoli cautelari da più autorità giudiziarie ed allo stesso affidate in gestione quale custode e/o amministratore giudiziario, omettendo inoltre di adempiere agli obblighi di rendicontazione. Dalle indagini della Dia di Trapani è emerso che questo sistema andava avanti da anni e che Lipari si è appropriato in tutto di oltre 335mila euro, soldi che ha poi reinvestito in parte in altre sue attività economiche. Per questo il gip di Palermo ha disposto nei suoi confronti anche il sequestro di beni per 335mila euro, ma proseguono le indagini a suo carico: gli inquirenti vogliono infatti accertare che non abbia altre eventuali collusioni con altri boss mafiosi o soggetti sottoposti a misure di prevenzione.

Sono state alcune segnalazioni di operazioni finanziarie sospette a mettere gli inquirenti sulle tracce dell’amministratore giudiziario. Il professionista, secondo la Dda di Palermo, ha continuato a distrarre denaro dai conti delle aziende in amministrazione giudiziaria anche dopo la confisca e il passaggio della gestione all’Agenzia nazionale dei beni confiscati. Sono al setaccio della Dia i conti bancari di altre decine di società e imprese affidate in amministrazione giudiziaria a Lipani dalle quali si sospetta che il professionista possa aver distratto altro denaro.

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