Chiede sanzioni alla Turchia e aiuti ai curdi impegnati nel Nord della Siria. Maria Edgarda Marcucci, 28 anni, ha militato nell’Unità di protezione delle donne (Ypj) al fianco di combattenti curde e non. Martedì tornerà in tribunale insieme a Paolo Andolina e a Jacopo Bindi: la Digos della questura di Torino e la procura hanno chiesto che il Tribunale applichi la sorveglianza speciale contro di loro perché sono considerati socialmente pericolosi. Intanto il loro pensiero, però, è concentrato a quanto sta avvenendo nel Nord della Siria e a quel popolo che hanno conosciuto da vicino. “Si possono applicare nell’immediato delle sanzioni, sospendere gli armamenti alla Turchia, anche se non è abbastanza, cambiare la direzione della fornitura di armi, sostenere le Forze siriane democratiche e garantire da parte della Nato la chiusura dello spazio aereo – ha spiegato stamattina Marcucci – Abbiano visto nelle battaglie di Kobane e Afrin che la determinazione può fare la differenza, ma di fronte a un bombardamento aereo c’è poco da fare”. Per questo chiede anche di “mettere in discussione l’alleanza atlantica”: “Se la maggior parte dei membri della Nato la mettono in discussione, allora la Turchia si trova isolata”, aggiunge la 28enne.

“È un attacco ingiustificato e preannuncia una sostituzione etnica – ribadisce Bindi, 33 anni -. Almeno 800 jihadisti hanno potuto scappare grazie a questi attacchi e lo Stato islamico sta riprendendo forza e sta riprendendo delle iniziative offensive verso la popolazione civile. Di fronte a questo scenario assistiamo a una sostanziale passività delle forze occidentali. Nessuno Stato europeo, né gli Stati Uniti o altri Paesi occidentali è stato in grado di proteggere la popolazione siriana e un progetto politico e sociale che ha sconfitto lo Stato islamico ed è l’unica proposta secolare, di democrazia e parità uomo-donna nel Medio Oriente”. “La gravità dell’inazione europea fa sì che le uniche forze progressiste debbano riallacciare i contatti con gli Stati autoritari che sono la fonte del problema – aggiunge Davide Grasso, un ex combattente, commentando il supporto fornito dall’esercito siriano di Bashar al-Assad ai curdi – Qui si tratta di difendere milioni di persone ed evitare una pulizia etnica”. Per questo parla di un accordo fatto “obtorto collo”.

Bindi ha fatto il volontario in un’organizzazione civile curda nel Rojava, mentre gli altri hanno imbracciato le armi, Marcucci nella Ypj, gli uomini nell’Unità di protezione del popolo. Per questa ragione la Digos della questura di Torino e la procura avevano chiesto la sorveglianza speciale per cinque “antagonisti” torinesi (al loro nome si aggiunge anche quello di Fabrizio Maniero). A giugno, però, i giudici bocciavano la richiesta fatta nei confronti di Grasso e Maniero e chiedevano un approfondimento su Andolina, Bindi e Marcucci. “Si tratta di capire se abbiamo utilizzato competenze militari nel distribuire volantini o nel festeggiare il capodanno fuori dal carcere”, dice Marcucci facendo riferimento ad alcune delle denunce più recenti contro di loro. “Se questa misura dovesse passare noi non potremmo vivere o passare per Torino per due anni, anche chi è nato o cresciuto qui, ci verrebbe ritirato il passaporto e la patente, non potremmo vedere più di due persone alla volta e ci verrebbe impedito di partecipare a qualsiasi riunione o anche soltanto andare al bar a prendere un caffè – ha riassunto Andolina, 28 anni – Se venissero violate rischieremmo fino a cinque anni di prigione”.

Al fianco dei tre “preposti” (così vengono definite le persone verso le quali è stata proposta una sorveglianza speciale) si sono schierati anche due professori dell’Università di Torino, la costituzionalista Alessandra Algostino e Gianfranco Ragona, docente di Scienze politiche. “È difficile separare quanto sta succedendo qui da quanto sta accadendo in questi giorni – ha spiegato quest’ultimo – La Turchia fa parte della Nato e lo Stato potrebbe farsi sentire di più. Il rischio è che lo Stato possa farsi sentire in una maniera diversa. Davanti al massacro in corso procederà attraverso un tribunale”.

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