Confermate le indiscrezioni della vigilia. La prima testa a cadere è quella del comandante della Gendarmeria Vaticana, Domenico Giani. Dimissioni nell’aria da più di una settimana, chieste direttamente da Papa Francesco che non ha per nulla gradito la fuga di notizie in merito ai cinque dirigenti vaticani sospesi “cautelativamente dal servizio” nell’inchiesta sulle operazioni immobiliari che ha travolto la prima sezione della Segreteria di Stato e l’Autorità d’Informazione Finanziaria. Non aver saputo evitare che tutto ciò avvenisse e poi non essere riuscito a scoprire il colpevole della divulgazione di questo documento riservato è il motivo per cui Bergoglio ha chiesto a Giani di lasciare rapidamente il suo incarico. Nel 2006 Benedetto XVI gli aveva affidato la sicurezza del Papa e dello Stato più piccolo del mondo. Incarico poi confermato da Francesco dopo l’elezione al pontificato. Aretino, classe 1962, l’ex comandante è approdato al Vaticano dopo un passato da ufficiale nella Guardia di Finanza e nei Servizi segreti italiani.
“Lo scorso 2 ottobre – si legge in un comunicato della Sala Stampa della Santa Sede – alcuni organi di stampa hanno pubblicato una disposizione di servizio riservata, firmata dal comandante del corpo della Gendarmeria, dottor Domenico Giani, riguardante gli effetti di alcune limitazioni amministrative disposte nei confronti di personale della Santa Sede. Tale pubblicazione è altamente lesiva sia della dignità delle persone coinvolte, sia della stessa immagine della Gendarmeria. Volendo garantire la giusta serenità per il proseguimento delle indagini coordinate dal promotore di giustizia ed eseguite da personale del corpo, non essendo emerso al momento l’autore materiale della divulgazione all’esterno della disposizione di servizio – riservata agli appartenenti al corpo della Gendarmeria e della Guardia Svizzera Pontificia – il comandante Giani, pur non avendo alcuna responsabilità soggettiva nella vicenda, ha rimesso il proprio mandato nelle mani del Santo Padre, in spirito di amore e fedeltà alla Chiesa ed al successore di Pietro”.
“Nell’accogliere le dimissioni, – prosegue la nota – il Santo Padre si è intrattenuto a lungo col comandante Giani e gli ha espresso il proprio apprezzamento per questo gesto, riconoscendo in esso un’espressione di libertà e di sensibilità istituzionale, che torna ad onore della persona e del servizio prestato con umiltà e discrezione al ministero petrino e alla Santa Sede. Papa Francesco ha voluto ricordare anche la sua ventennale, indiscussa, fedeltà e lealtà e ha sottolineato come, interpretando al meglio il proprio stile di testimonianza in ogni parte del mondo, il comandante Giani abbia saputo costruire e garantire intorno al Pontefice un clima costante di naturalezza e sicurezza. Nel salutare il dottor Domenico Giani, il Santo Padre lo ha anche ringraziato per l’alta competenza dimostrata nell’espletamento dei molteplici, delicati servizi, anche in ambito internazionale, e per il livello di indiscussa professionalità a cui ha portato il corpo della Gendarmeria”.
Agli occhi del Pontefice il comandante paga il fatto di non essere riuscito a trovare la talpa, nascosta molto probabilmente proprio all’interno della Gendarmeria, che ha fatto uscire una comunicazione di servizio, a firma di Giani, nella quale venivano riportate le foto delle cinque persone sospese e le loro qualifiche con l’ordine di farle accedere in Vaticano “esclusivamente per recarsi presso la Direzione Sanità ed Igiene per i servizi connessi”. Con l’eccezione di monsignor Mauro Carlino, l’unico prelato tra i cinque sospesi, che può continuare “a risiedere presso la Domus Sanctae Marthae”, lì dove abita anche il Papa. La divulgazione di quella disposizione ha di fatto esposto le cinque persone sospese a una vera e propria gogna mediatica alimentata da veleni interni. Nei sacri palazzi molti si sono indignati per la pubblicazione di quella comunicazione riservata. Non è la prima volta che Bergoglio rimuove il capo di uno dei due corpi militari presenti in Vaticano. Il 31 gennaio 2015 Francesco congedò l’allora comandante delle Guardie Svizzere, il colonnello Daniel Rudolf Anrig. Una decisione che anche allora fu presa direttamente dal Pontefice e in modo del tutto inaspettato. Ma le motivazioni che hanno portato alle dimissioni di Giani sono completamente diverse.
“Vivo questo momento difficile – ha affermato l’ex comandante a Vatican News – con la serenità interiore che, chi mi conosce, sa che ha contraddistinto il mio stile di vita anche di fronte a vicende dolorose. Ho dedicato 38 anni della mia vita al servizio delle istituzioni, prima in Italia, e poi per 20 anni in Vaticano, al Romano Pontefice. In questi anni ho speso tutte le mie energie per assicurare il servizio che mi era stato affidato. Ho cercato di farlo con abnegazione e professionalità ma sentendomi, come il Vangelo di due domenica fa ci ricorda, serenamente un ‘servo inutile’ che ha fatto fino in fondo la sua piccola parte”.
Giani sottolinea, inoltre, che “gli eventi recentemente accaduti hanno generato un grave dolore al Santo Padre e questo mi ha profondamente colpito. Sono trascorsi 15 giorni dalla pubblicazione del documento che era stato inoltrato ad uso interno esclusivamente per Gendarmi e Guardie Svizzere. Come indicato nel comunicato della Sala Stampa del primo ottobre, è in corso un’indagine e le persone coinvolte sono state raggiunte da un provvedimento amministrativo. L’uscita di questo documento, pubblicato da alcuni organi di stampa, ha certamente calpestato la dignità di queste persone. Anche io come comandante ho provato vergogna per quanto accaduto e per la sofferenza arrecata a queste persone. Per questo, avendo sempre detto e testimoniato di essere pronto a sacrificare la mia vita per difendere quella del Papa, con questo stesso spirito ho preso la decisione di rimettere il mio incarico per non ledere in alcun modo l’immagine e l’attività del Santo Padre. E questo, assumendomi quella ‘responsabilità oggettiva’ che solo un comandante può sentire”.
Twitter: @FrancescoGrana
Cronaca
Vaticano, il comandante della Gendarmeria lascia dopo la fuga di notizie sui dirigenti sospesi
Confermate le indiscrezioni sull'uscita di Domenico Giani che paga la diffusione da parte di ignoti della nota interna sulle indagini a carico di 5 dirigenti e la mancata identificazione dei responsabili
Confermate le indiscrezioni della vigilia. La prima testa a cadere è quella del comandante della Gendarmeria Vaticana, Domenico Giani. Dimissioni nell’aria da più di una settimana, chieste direttamente da Papa Francesco che non ha per nulla gradito la fuga di notizie in merito ai cinque dirigenti vaticani sospesi “cautelativamente dal servizio” nell’inchiesta sulle operazioni immobiliari che ha travolto la prima sezione della Segreteria di Stato e l’Autorità d’Informazione Finanziaria. Non aver saputo evitare che tutto ciò avvenisse e poi non essere riuscito a scoprire il colpevole della divulgazione di questo documento riservato è il motivo per cui Bergoglio ha chiesto a Giani di lasciare rapidamente il suo incarico. Nel 2006 Benedetto XVI gli aveva affidato la sicurezza del Papa e dello Stato più piccolo del mondo. Incarico poi confermato da Francesco dopo l’elezione al pontificato. Aretino, classe 1962, l’ex comandante è approdato al Vaticano dopo un passato da ufficiale nella Guardia di Finanza e nei Servizi segreti italiani.
“Lo scorso 2 ottobre – si legge in un comunicato della Sala Stampa della Santa Sede – alcuni organi di stampa hanno pubblicato una disposizione di servizio riservata, firmata dal comandante del corpo della Gendarmeria, dottor Domenico Giani, riguardante gli effetti di alcune limitazioni amministrative disposte nei confronti di personale della Santa Sede. Tale pubblicazione è altamente lesiva sia della dignità delle persone coinvolte, sia della stessa immagine della Gendarmeria. Volendo garantire la giusta serenità per il proseguimento delle indagini coordinate dal promotore di giustizia ed eseguite da personale del corpo, non essendo emerso al momento l’autore materiale della divulgazione all’esterno della disposizione di servizio – riservata agli appartenenti al corpo della Gendarmeria e della Guardia Svizzera Pontificia – il comandante Giani, pur non avendo alcuna responsabilità soggettiva nella vicenda, ha rimesso il proprio mandato nelle mani del Santo Padre, in spirito di amore e fedeltà alla Chiesa ed al successore di Pietro”.
“Nell’accogliere le dimissioni, – prosegue la nota – il Santo Padre si è intrattenuto a lungo col comandante Giani e gli ha espresso il proprio apprezzamento per questo gesto, riconoscendo in esso un’espressione di libertà e di sensibilità istituzionale, che torna ad onore della persona e del servizio prestato con umiltà e discrezione al ministero petrino e alla Santa Sede. Papa Francesco ha voluto ricordare anche la sua ventennale, indiscussa, fedeltà e lealtà e ha sottolineato come, interpretando al meglio il proprio stile di testimonianza in ogni parte del mondo, il comandante Giani abbia saputo costruire e garantire intorno al Pontefice un clima costante di naturalezza e sicurezza. Nel salutare il dottor Domenico Giani, il Santo Padre lo ha anche ringraziato per l’alta competenza dimostrata nell’espletamento dei molteplici, delicati servizi, anche in ambito internazionale, e per il livello di indiscussa professionalità a cui ha portato il corpo della Gendarmeria”.
Agli occhi del Pontefice il comandante paga il fatto di non essere riuscito a trovare la talpa, nascosta molto probabilmente proprio all’interno della Gendarmeria, che ha fatto uscire una comunicazione di servizio, a firma di Giani, nella quale venivano riportate le foto delle cinque persone sospese e le loro qualifiche con l’ordine di farle accedere in Vaticano “esclusivamente per recarsi presso la Direzione Sanità ed Igiene per i servizi connessi”. Con l’eccezione di monsignor Mauro Carlino, l’unico prelato tra i cinque sospesi, che può continuare “a risiedere presso la Domus Sanctae Marthae”, lì dove abita anche il Papa. La divulgazione di quella disposizione ha di fatto esposto le cinque persone sospese a una vera e propria gogna mediatica alimentata da veleni interni. Nei sacri palazzi molti si sono indignati per la pubblicazione di quella comunicazione riservata. Non è la prima volta che Bergoglio rimuove il capo di uno dei due corpi militari presenti in Vaticano. Il 31 gennaio 2015 Francesco congedò l’allora comandante delle Guardie Svizzere, il colonnello Daniel Rudolf Anrig. Una decisione che anche allora fu presa direttamente dal Pontefice e in modo del tutto inaspettato. Ma le motivazioni che hanno portato alle dimissioni di Giani sono completamente diverse.
“Vivo questo momento difficile – ha affermato l’ex comandante a Vatican News – con la serenità interiore che, chi mi conosce, sa che ha contraddistinto il mio stile di vita anche di fronte a vicende dolorose. Ho dedicato 38 anni della mia vita al servizio delle istituzioni, prima in Italia, e poi per 20 anni in Vaticano, al Romano Pontefice. In questi anni ho speso tutte le mie energie per assicurare il servizio che mi era stato affidato. Ho cercato di farlo con abnegazione e professionalità ma sentendomi, come il Vangelo di due domenica fa ci ricorda, serenamente un ‘servo inutile’ che ha fatto fino in fondo la sua piccola parte”.
Giani sottolinea, inoltre, che “gli eventi recentemente accaduti hanno generato un grave dolore al Santo Padre e questo mi ha profondamente colpito. Sono trascorsi 15 giorni dalla pubblicazione del documento che era stato inoltrato ad uso interno esclusivamente per Gendarmi e Guardie Svizzere. Come indicato nel comunicato della Sala Stampa del primo ottobre, è in corso un’indagine e le persone coinvolte sono state raggiunte da un provvedimento amministrativo. L’uscita di questo documento, pubblicato da alcuni organi di stampa, ha certamente calpestato la dignità di queste persone. Anche io come comandante ho provato vergogna per quanto accaduto e per la sofferenza arrecata a queste persone. Per questo, avendo sempre detto e testimoniato di essere pronto a sacrificare la mia vita per difendere quella del Papa, con questo stesso spirito ho preso la decisione di rimettere il mio incarico per non ledere in alcun modo l’immagine e l’attività del Santo Padre. E questo, assumendomi quella ‘responsabilità oggettiva’ che solo un comandante può sentire”.
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(Adnkronos) - Serie di attacchi aerei di Israele nella Striscia di Gaza, ripresi nella notte su ordine di Benjamin Netanyahu, che ha ordinato "la ripresa della guerra" contro Hamas, dopo che gli sforzi per estendere il cessate il fuoco sono falliti. Il bilancio delle vittime continua a salire. Secondo il direttore del ministero della Sanità della Striscia, Mohammed Zaqout, i morti sono saliti "ad almeno 330, per la maggior parte donne e bambini palestinesi, mentre i feriti sono centinaia"
Secondo quanto appreso dall'Afp da due fonti del movimento di resistenza islamico, tra le vittime c'è anche il generale di divisione Mahmoud Abu Watfa, che era a capo del ministero dell'Interno del governo di Hamas.
L'ufficio del primo ministro Netanyahu ha dichiarato che lui e il ministro della Difesa Israel Katz hanno dato istruzioni alle Forze di Difesa Israeliane (Idf) di intraprendere “un'azione forte contro l'organizzazione terroristica di Hamas” nella Striscia di Gaza. “Questo fa seguito al ripetuto rifiuto di Hamas di rilasciare i nostri ostaggi, così come al suo rifiuto di tutte le proposte ricevute dall'inviato presidenziale statunitense Steve Witkoff e dai mediatori”, ha dichiarato l'ufficio di Netanyahu in un post su X. “Israele, d'ora in poi, agirà contro Hamas con una forza militare crescente”, ha dichiarato l'ufficio di Netanyahu in una dichiarazione riportata dal Times of Israel, aggiungendo che i piani per la ripresa delle operazioni militari sono stati approvati la scorsa settimana dalla leadership politica.
Israele continuerà a combattere a Gaza "fino a quando gli ostaggi non saranno tornati a casa e non saranno stati raggiunti tutti gli obiettivi", ha affermato Katz.
La Casa Bianca dal canto suo ha confermato che Israele ha consultato l'amministrazione americana prima di lanciare la nuova ondata di raid. "Hamas avrebbe potuto rilasciare gli ostaggi per estendere il cessate il fuoco, invece ha scelto il rifiuto e la guerra", ha detto il portavoce del Consiglio di sicurezza nazionale della Casa Bianca, Brian Hughes, al Times of Israel, dopo la ripresa dei raid israeliani contro la Striscia di Gaza.
Dal canto suo Hamas ha dichiarato che Netanyahu, con la sua decisione di "riprendere la guerra", "ha condannato a morte gli ostaggi" che si trovano ancora a Gaza. "Netanyahu e il suo governo estremista hanno deciso di sabotare l'accordo di cessate il fuoco - accusa il movimento in una nota - La decisione di Netanyahu di riprendere la guerra è la decisione di sacrificare i prigionieri dell'occupazione e di imporre loro la condanna a morte”. Hamas denuncia poi che il premier israeliano continua a usare la guerra a Gaza come "una scialuppa di salvataggio" per distrarre dalla crisi politica interna.
Hamas ha quindi esortato i mediatori internazionali a “ritenere l'occupazione israeliana pienamente responsabile della violazione dell'accordo” e ha sottolineato la necessità di “fermare immediatamente l'aggressione”.
Il cessate il fuoco era rimasto in vigore per circa due settimane e mezzo dopo la conclusione della prima fase, mentre i mediatori lavoravano per mediare nuovi termini per l'estensione della tregua. Hamas ha insistito per attenersi ai termini originali dell'accordo, che sarebbe dovuto entrare in vigore nella sua seconda fase all'inizio del mese. Questa fase prevedeva che Israele si ritirasse completamente da Gaza e accettasse di porre fine definitivamente alla guerra in cambio del rilascio degli ostaggi ancora in vita. Sebbene Israele abbia firmato l'accordo, Netanyahu ha insistito a lungo sul fatto che Israele non porrà fine alla guerra fino a quando le capacità militari e di governo di Hamas non saranno state distrutte. Di conseguenza, Israele ha rifiutato anche solo di tenere colloqui sui termini della fase due, che avrebbe dovuto iniziare il 3 febbraio.
Gli Houthi dello Yemen "condannano la ripresa dell'aggressione del nemico sionista contro la Striscia di Gaza". "I palestinesi non verranno lasciati soli in questa battaglia e lo Yemen continuerà con il suo sostegno e la sua assistenza e intensificherà il confronto", minaccia il Consiglio politico supremo degli Houthi, che da anni l'Iran è accusato di sostenere, come riportano le tv satellitari arabe.
Genova, 18 mar. (Adnkronos) - Tragedia nella notte a Genova in via Galliano, nel quartiere di Sestri Ponente, dove un ragazzo di 29 anni è morto in un incendio nell'appartamento in cui abitava. L'incendio ha coinvolto 15 persone di cui quattro rimaste ferite, la più grave la madre del 29enne, ricoverata in codice rosso al San Martino. Altre tre persone sono state ricoverate in codice giallo all'ospedale di Villa Scassi. Sul posto la polizia che indaga sulla dinamica.
Dalle prime informazioni si sarebbe trattato di un gesto volontario del giovane che si sarebbe dato fuoco.
Milano, 17 mar. (Adnkronos Salute) - Bergamo, 18 marzo 2020: una lunga colonna di camion militari sfila nella notte. Sono una decina in una città spettrale, le strade svuotate dal lockdown decretato ormai in tutta Italia per provare ad arginare i contagi. A bordo di ciascun veicolo ci sono le bare delle vittime di un virus prima di allora sconosciuto, Sars-CoV-2, in uscita dal Cimitero monumentale.
Quell'immagine - dalla città divenuta uno degli epicentri della prima, tragica ondata di Covid - farà il giro del mondo diventando uno dei simboli iconici della pandemia. Il convoglio imboccava la circonvallazione direzione autostrada, per raggiungere le città italiane che in quei giorni drammatici accettarono di accogliere i defunti destinati alla cremazione. Gli impianti orobici non bastavano più, i morti erano troppi. Sono passati 5 anni da quegli scatti che hanno sconvolto l'Italia, un anniversario tondo che si celebrerà domani. Perché il 18 marzo, il giorno delle bare di Bergamo, è diventato la Giornata nazionale in memoria delle vittime dell'epidemia di coronavirus.
La ricorrenza, istituita il 17 marzo 2021, verrà onorata anche quest'anno. I vescovi della regione hanno annunciato che "le campane di tutti i campanili della Lombardia" suoneranno "a lutto alle 12 di martedì 18 marzo" per "invitare al ricordo, alla preghiera e alla speranza". "A 5 anni dalla fase più acuta della pandemia continuiamo a pregare e a invitare a pregare per i morti e per le famiglie", e "perché tutti possiamo trovare buone ragioni per superare la sofferenza senza dimenticare la lezione di quella tragedia". A Bergamo il punto di partenza delle celebrazioni previste per domani sarà sempre lo stesso: il Cimitero Monumentale, la chiesa di Ognissanti. Si torna dove partirono i camion, per non dimenticare. Esattamente 2 mesi fa, il Comune si era ritrovato a dover precisare numeri e destinazioni di quei veicoli militari con il loro triste carico, ferita mai chiusa, per sgombrare il campo da qualunque eventuale revisione storica. I camion che quel 18 marzo 2020 partirono dal cimitero di Bergamo furono 8 "con 73 persone, divisi in tre carovane: una verso Bologna con 34 defunti, una verso Modena con 31 defunti e una a Varese con 8 defunti".
E la cerimonia dei 5 anni, alla quale sarà presente il ministro per le Disabilità Alessandra Locatelli, sarà ispirata proprio al tema della memoria e a quello della 'scoperta'. La memoria, ha spiegato nei giorni scorsi l'amministrazione comunale di Bergamo, "come atto necessario per onorare e rispettare chi non c'è più e quanto vissuto". La scoperta "come necessità di rielaborare, in una dimensione di comunità la più ampia possibile, l'esperienza collettiva e individuale che il Covid ha rappresentato".
Quest'anno è stato progettato un percorso che attraversa "tre luoghi particolarmente significativi per la città": oltre al Cimitero monumentale, Palazzo Frizzoni che ospiterà il racconto dei cittadini con le testimonianze raccolte in un podcast e il Bosco della Memoria (Parco della Trucca) che esalterà "le parole delle giovani generazioni attraverso un'azione di memoria". La Chiesa di Ognissanti sarà svuotata dai banchi "per rievocare la stessa situazione che nel 2020 la vide trasformata in una camera mortuaria". Installazioni, mostre fotografiche, momenti di ascolto e partecipazione attiva, sono le iniziative scelte per ricordare. Perché la memoria, come evidenziato nella presentazione della Giornata, "è la base per ricostruire".
Kiev, 17 mar. (Adnkronos) - Il presidente ucraino Volodymyr Zelensky ha annunciato su X di aver parlato con il presidente francese Emmanuel Macron: "Come sempre scrive - è stata una conversazione molto costruttiva. Abbiamo discusso i risultati dell'incontro online dei leader svoltosi sabato. La coalizione di paesi disposti a collaborare con noi per realizzare una pace giusta e duratura sta crescendo. Questo è molto importante".
"L'Ucraina è pronta per un cessate il fuoco incondizionato di 30 giorni - ha ribadito Zelensky - Tuttavia, per la sua attuazione, la Russia deve smettere di porre condizioni. Ne abbiamo parlato anche con il Presidente Macron. Inoltre, abbiamo parlato del lavoro dei nostri team nel formulare chiare garanzie di sicurezza. La posizione della Francia su questa questione è molto specifica e la sosteniamo pienamente. Continuiamo a lavorare e a coordinare i prossimi passi e contatti con i nostri partner. Grazie per tutti gli sforzi fatti per raggiungere la pace il prima possibile".
Washington, 17 mar. (Adnkronos) - il presidente americano Donald Trump ha dichiarato ai giornalisti che il leader cinese Xi Jinping visiterà presto Washington, a causa delle crescenti tensioni commerciali tra le due maggiori economie mondiali. Lo riporta Newsweek. "Xi e i suoi alti funzionari" arriveranno in un "futuro non troppo lontano", ha affermato Trump.
Washington, 17 mar. (Adnkronos) - Secondo quanto riferito su X dal giornalista del The Economist, Shashank Joshi, l'amministrazione Trump starebbe valutando la possibilità di riconoscere la Crimea ucraina come parte del territorio russo, nell'ambito di un possibile accordo per porre fine alla guerra tra Russia e Ucraina.
"Secondo due persone a conoscenza della questione, l'amministrazione Trump sta valutando di riconoscere la regione ucraina della Crimea come territorio russo come parte di un eventuale accordo futuro per porre fine alla guerra di Mosca contro Kiev", si legge nel post del giornalista.
Tel Aviv, 17 mar. (Adnkronos) - Secondo un sondaggio della televisione israeliana Channel 12, il 46% degli israeliani non è favorevole al licenziamento del capo dello Shin Bet, Ronen Bar, da parte del primo ministro Benjamin Netanyahu, rispetto al 31% che sostiene la sua rimozione. Il risultato contrasta con il 64% che, in un sondaggio di due settimane fa, sosteneva che Bar avrebbe dovuto dimettersi, e con il 18% che sosteneva il contrario.