Diritti

Emergency, 7mila parti nel centro maternità afghano: “Nato per salvare vite, diventato luogo di formazione ed emancipazione delle donne”

“Una rivoluzione silenziosa”. È quella che da sedici anni il centro di maternità fondato da Emergency nella valle del Panshir in Afghanistan prova a portare avanti. In queste terre da oltre quarant’anni si vivono nel quotidiano le conseguenze di un conflitto strisciante che ha compromesso il sistema sanitario nazionale. Secondo il rapporto presentato oggi a Milano dall’associazione fondata da Gino Strada, “la mancanza di sicurezza è ancora il fattore principale che impedisce alle donne di accedere all’assistenza sanitaria” come racconta il coordinatore della ricerca Fabrizio Foschini. Un problema contro il quale l’ospedale gratuito di Anabah prova a lottare quotidianamente. Qui ogni anno vengono effettuati oltre settemila parti, un numero ben superiore a quello del Mangiagalli di Milano (5900): “L’ospedale è nato per aiutare le donne ad avere una gravidanza sicura e per salvare le vite dei neonati – racconta la presidente di Emergency Rossella Miccio – ma è diventato anche un luogo di formazione ed emancipazione delle donne stesse”. Il centro di Emergency non offre solo l’assistenza ginecologica, ma è anche un polo formativo per il personale afgano composto esclusivamente da donne: “In 12 anni ho visto nascere migliaia di bambini, ma soprattutto ho visto nascere e crescere tante donne: le nostre ostetriche, le nostre infermiere, le nostre giovani dottoresse” racconta la ginecologa Raffaela Baiocchi. Una visione condivisa anche dalla giornalista de Il Fatto Quotidiano Selvaggia Lucarelli che ha partecipato alla presentazione del rapporto ed è solidale con il progetto: “È il lavoro che sancisce la vera emancipazione della donna”. Un sogno diventato realtà nonostante le difficoltà: “Sembrava una cosa utopica – conclude Gino Strada – ma in questi anni abbiamo imparato che le cose utopiche non esistono, esistono soltanto i progetti che si vogliono fare e che se si vogliono fare prima o poi si riesce”