Gasdotti, rigassificatori, ma anche progetti legati al metano e ai porti strategici nel settore dei combustibili. Ecco dove investe la Banca europea degli investimenti che ha annunciato di recente la messa al bando, entro fine 2020, dei finanziamenti a progetti che riguardano proprio i combustibili fossili. I nodi da sciogliere sono ancor molti, almeno quanti sono gli interessi in gioco. E non potrebbe essere diversamente, dato che si tratta della più grande banca pubblica internazionale del mondo che negli ultimi cinque anni ha erogato, a livello globale, oltre 49 miliardi di euro per investimenti nel settore energetico. Anche nelle fonti fossili. Basti pensare ai finanziamenti concessi per la realizzazione di grandi gasdotti come il Trans Adriatic Pipeline (Tap), che da San Foca collegherà l’Italia all’Azerbaijan, sostenuto con 1,5 miliardi di euro e sul quale si è appena chiusa un’inchiesta.
Il cambio di rotta da parte della Bei significherebbe dire gradualmente addio ai finanziamenti dei progetti legati non solo ai gasdotti, ma anche alle miniere di carbone, all’estrazione di idrocarburi, a rigassificatori e centrali termoelettriche ad alimentazione fossile. Allineare la strategia dell’istituzione Ue agli obiettivi climatici europei, d’altronde, è uno dei pilastri su cui si basa il nuovo corso di Bruxelles guidato dalla tedesca Ursula von der Leyen, insieme a una riforma fiscale che pesi maggiormente su trasporti marittimi e aerei e sostenga invece le tecnologie a servizio dell’energia pulita.
IN ATTESA DEL CDA – La Bei ha rinviato ogni decisione sugli investimenti dopo la riunione del cda (composto dai ministri delle finanze degli Stati membri Ue) che si è svolto il 10 settembre scorso a Zagabria e nel corso del quale si è discusso della bozza di documento relativa alla nuova politica di finanziamento nel settore energetico, pubblicata a luglio 2019. Durante la prossima riunione, in programma il 15 ottobre in Lussemburgo il cda ha preso altro tempo, rimandando la decisione finale al 14 novembre. Tra i nodi più difficili da sciogliere c’è proprio quello sul ruolo del gas naturale, considerato da molti Paesi europei ancora strategico in questa fase di transizione energetica e finora supportato anche dalla Bei.
IL RUOLO DELLA BEI – L’Italia è storicamente il principale Paese beneficiario dei finanziamenti della Bei con quasi 200 miliardi di prestiti dal 1958. Nel 2018 siamo stati secondi solo alla Spagna: 8,5 miliardi, pari allo 0,5% del Pil, andati a tutti i comparti dell’economia, dalle infrastrutture alle telecomunicazioni, fino all’ambiente. Come sottolineato dall’associazione Re:Common nel dossier ‘Malaffare italiano, denaro europeo’, nel corso degli anni la Bei ha finanziato diversi importanti progetti infrastrutturali. Non è stata fermata neppure dalla crisi del 2008: in quello stesso periodo ha fatto nuovi prestiti in Italia per 63 miliardi di euro. Tra le opere finanziare ci sono anche il Mose o il Passante di Mestre, per i quali sono stati spesi soldi pubblici anche dopo lo scoppio degli scandali che le hanno riguardate, ma anche il rigassificatore di Livorno e l’inceneritore di Parma. Dal 2010 ad aprile 2019 all’Italia sono stati finanziati 779 progetti per un totale di circa 85,1 miliardi di euro (fonte sito Bei). Di questi, 12 miliardi sono andati al settore dei trasporti e 15 a quello energetico.
IL FINANZIAMENTO ALLE FONTI FOSSILI – Ma già a luglio 2013, la Banca europea per gli investimenti era stata la prima istituzione finanziaria internazionale ad adottare chiari orientamenti in materia di prestiti energetici, con l’obiettivo di limitare i finanziamenti per i progetti legati ai combustibili fossili e rafforzando il sostegno agli investimenti in energie rinnovabili. Cosa è accaduto da allora? A livello globale, sempre per il settore energetico, la Bei investe 10-12 miliardi di euro. Secondo un rapporto pubblicato dalle associazioni francesi Les Amis de la Terre, Oxfam e Réseau Action Climat tra il 2015 e il 2018, la Bei ha accordato prestiti alle fonti fossili per 7,9 miliardi di euro (il 21% dei fondi totali concessi dalla banca). Esempio ne sono i finanziamenti per lo sviluppo dei giacimenti del Mare del Nord, attraverso la rete di gasdotti, come quelli di Enagas in Spagna e Gasunie nei Paesi Bassi. Nel 2018 il finanziamento del combustibile fossile a livello globale ha superato i 2,4 miliardi di euro. In Italia la storia non cambia. Come sottolineato da Luca Bergamaschi, ricercatore associato del Programma Energia, clima e risorse dell’Istituto Affari internazionali (Iai) “nel 2018 le rinnovabili hanno ricevuto solo 48 milioni di finanziamento, quattro volte in meno di quanto è stato destinato alle infrastrutture fossili”.
GLI INVESTIMENTI IN ITALIA – Il riferimento è, in particolare, al gas. Basti pensare che per il gasdotto TAP la Bei ha stanziato 105 milioni di euro (solo per il tratto italiano), a cui va aggiunto il più recente finanziamento di 240 milioni di euro per la rete del gas di Snam, che include gli allacciamenti del Tap. Snam ha sottoscritto con la Bei un prestito di 25 milioni di euro per l’implementazione di progetti per la mobilità sostenibile legati al metano e al gas naturale e, nel dettaglio, per la realizzazione in Italia di circa cento stazioni di rifornimento. Altro contratto di prestito è quello sottoscritto, a dicembre 2017, tra Bei e Italgas: 360 milioni di euro (a tasso variabile, per la durata di 20 anni), per potenziare la rete distributiva e rendere il sistema di distribuzione del gas più efficiente e sicuro. Tra i progetti finanziati nel 2019 dalla Bei nel settore dei trasporti, c’è quello nell’hub portuale di Ravenna (circa 65 milioni di euro), della quale il colosso cinese della cantieristica China Merchants Group intende fare l’hub europeo dell’ingegneria navale e dell’oil&gas.
LA DENUNCIA DELLE ASSOCIAZIONI – Di fatto, se la Bei stima che ad oggi neppure il 5% dei suoi prestiti sia destinato a progetti legati alle fonti fossili, tornando all’anno ‘spartiacque’ 2013, secondo il gruppo non governativo CEE Bankwatch Network, l’istituto avrebbe speso da allora al 2017 circa 12 miliardi di euro solo nel settore legato alle fonti fossili. Tra l’altro, il network che monitora le attività delle istituzioni finanziarie ha già in passato segnalato le contraddizioni dei finanziamenti (non solo della Bei) al Corridoio meridionale del gas, che comprende il gasdotto Tap. “Dal 2013 al 2017 – fa sapere Greenpeace a ilfattoquotidiano.it – la Bei ha prestato 52,5 miliardi di euro al settore energetico, l’84 percento dei quali è andato a progetti interni all’Ue”. Per quanto riguarda l’industria dei combustibili fossili parliamo di “11,8 miliardi di euro di sostegno diretto, principalmente legati al trasporto (compreso il Corridoio meridionale del gas, che comprende il gasdotto Tap), estrazione di gas e centrali elettriche” a cui vanno aggiunti “3,9 miliardi di euro per le utility il cui core business è principalmente legato al carbone”. Ed è per questo che l’8 ottobre scorso Greenpeace si è unita ad oltre sessanta ong, inviando una lettera al presidente della Banca europea per gli investimenti, Werner Hoyer, chiedendogli di non fare passi indietro rispetto all’impegno di fermare i nuovi finanziamenti per i combustibili fossili entro la fine del 2020, ma anche sottolineando una serie di perplessità su alcuni aspetti della bozza, che renderebbero meno ambiziosi gli obiettivi creando ‘scappatoie’ proprio nel settore del gas. Si tratta solo dell’ultimo di una lunga serie di appelli.
ALLA RESA DEI CONTI – Parliamo di 10-12 miliardi di euro l’anno destinati solo alle rinnovabili per allinearsi con i target del Trattato di Parigi per il contenimento della CO2, ma anche di investimenti colossali in Europa, che passerebbero dai 229 miliardi all’anno del periodo 2011-2020 ai 396 per i successivi dieci anni. Fino ad arrivare a 575 miliardi all’anno. La decisione finale è nelle mani degli azionisti della Bei, che sono gli Stati membri dell’Ue. I principali sono Italia, Francia, Germania e Regno Unito, con il 16% ciascuno. Il 10 ottobre si terrà il prossimo Ecofin e già in quella occasione si potrebbe arrivare a una decisione comune sul documento che segnerebbe la prima vera svolta rispetto al passato.
Economia
Energia, la Banca europea annuncia la messa al bando dei finanziamenti a fonti fossili dal 2020. Per ora ci investe ancora miliardi
Greenpeace: “Tra 2013 e 2017 erogati 11,8 miliardi di sostegno diretto ai combustibili fossili principalmente legati al trasporto (compreso il gasdotto Tap), estrazione di gas e centrali elettriche” a cui vanno aggiunti “3,9 miliardi di euro per le utility il cui core business è principalmente legato al carbone”. Martedì prossimo il cda dovrà sciogliere gli ultimi nodi: tra gli altri il ruolo del gas naturale, considerato da molti Paesi ancora strategico in questa fase di transizione
Gasdotti, rigassificatori, ma anche progetti legati al metano e ai porti strategici nel settore dei combustibili. Ecco dove investe la Banca europea degli investimenti che ha annunciato di recente la messa al bando, entro fine 2020, dei finanziamenti a progetti che riguardano proprio i combustibili fossili. I nodi da sciogliere sono ancor molti, almeno quanti sono gli interessi in gioco. E non potrebbe essere diversamente, dato che si tratta della più grande banca pubblica internazionale del mondo che negli ultimi cinque anni ha erogato, a livello globale, oltre 49 miliardi di euro per investimenti nel settore energetico. Anche nelle fonti fossili. Basti pensare ai finanziamenti concessi per la realizzazione di grandi gasdotti come il Trans Adriatic Pipeline (Tap), che da San Foca collegherà l’Italia all’Azerbaijan, sostenuto con 1,5 miliardi di euro e sul quale si è appena chiusa un’inchiesta.
Il cambio di rotta da parte della Bei significherebbe dire gradualmente addio ai finanziamenti dei progetti legati non solo ai gasdotti, ma anche alle miniere di carbone, all’estrazione di idrocarburi, a rigassificatori e centrali termoelettriche ad alimentazione fossile. Allineare la strategia dell’istituzione Ue agli obiettivi climatici europei, d’altronde, è uno dei pilastri su cui si basa il nuovo corso di Bruxelles guidato dalla tedesca Ursula von der Leyen, insieme a una riforma fiscale che pesi maggiormente su trasporti marittimi e aerei e sostenga invece le tecnologie a servizio dell’energia pulita.
IN ATTESA DEL CDA – La Bei ha rinviato ogni decisione sugli investimenti dopo la riunione del cda (composto dai ministri delle finanze degli Stati membri Ue) che si è svolto il 10 settembre scorso a Zagabria e nel corso del quale si è discusso della bozza di documento relativa alla nuova politica di finanziamento nel settore energetico, pubblicata a luglio 2019. Durante la prossima riunione, in programma il 15 ottobre in Lussemburgo il cda ha preso altro tempo, rimandando la decisione finale al 14 novembre. Tra i nodi più difficili da sciogliere c’è proprio quello sul ruolo del gas naturale, considerato da molti Paesi europei ancora strategico in questa fase di transizione energetica e finora supportato anche dalla Bei.
IL RUOLO DELLA BEI – L’Italia è storicamente il principale Paese beneficiario dei finanziamenti della Bei con quasi 200 miliardi di prestiti dal 1958. Nel 2018 siamo stati secondi solo alla Spagna: 8,5 miliardi, pari allo 0,5% del Pil, andati a tutti i comparti dell’economia, dalle infrastrutture alle telecomunicazioni, fino all’ambiente. Come sottolineato dall’associazione Re:Common nel dossier ‘Malaffare italiano, denaro europeo’, nel corso degli anni la Bei ha finanziato diversi importanti progetti infrastrutturali. Non è stata fermata neppure dalla crisi del 2008: in quello stesso periodo ha fatto nuovi prestiti in Italia per 63 miliardi di euro. Tra le opere finanziare ci sono anche il Mose o il Passante di Mestre, per i quali sono stati spesi soldi pubblici anche dopo lo scoppio degli scandali che le hanno riguardate, ma anche il rigassificatore di Livorno e l’inceneritore di Parma. Dal 2010 ad aprile 2019 all’Italia sono stati finanziati 779 progetti per un totale di circa 85,1 miliardi di euro (fonte sito Bei). Di questi, 12 miliardi sono andati al settore dei trasporti e 15 a quello energetico.
IL FINANZIAMENTO ALLE FONTI FOSSILI – Ma già a luglio 2013, la Banca europea per gli investimenti era stata la prima istituzione finanziaria internazionale ad adottare chiari orientamenti in materia di prestiti energetici, con l’obiettivo di limitare i finanziamenti per i progetti legati ai combustibili fossili e rafforzando il sostegno agli investimenti in energie rinnovabili. Cosa è accaduto da allora? A livello globale, sempre per il settore energetico, la Bei investe 10-12 miliardi di euro. Secondo un rapporto pubblicato dalle associazioni francesi Les Amis de la Terre, Oxfam e Réseau Action Climat tra il 2015 e il 2018, la Bei ha accordato prestiti alle fonti fossili per 7,9 miliardi di euro (il 21% dei fondi totali concessi dalla banca). Esempio ne sono i finanziamenti per lo sviluppo dei giacimenti del Mare del Nord, attraverso la rete di gasdotti, come quelli di Enagas in Spagna e Gasunie nei Paesi Bassi. Nel 2018 il finanziamento del combustibile fossile a livello globale ha superato i 2,4 miliardi di euro. In Italia la storia non cambia. Come sottolineato da Luca Bergamaschi, ricercatore associato del Programma Energia, clima e risorse dell’Istituto Affari internazionali (Iai) “nel 2018 le rinnovabili hanno ricevuto solo 48 milioni di finanziamento, quattro volte in meno di quanto è stato destinato alle infrastrutture fossili”.
GLI INVESTIMENTI IN ITALIA – Il riferimento è, in particolare, al gas. Basti pensare che per il gasdotto TAP la Bei ha stanziato 105 milioni di euro (solo per il tratto italiano), a cui va aggiunto il più recente finanziamento di 240 milioni di euro per la rete del gas di Snam, che include gli allacciamenti del Tap. Snam ha sottoscritto con la Bei un prestito di 25 milioni di euro per l’implementazione di progetti per la mobilità sostenibile legati al metano e al gas naturale e, nel dettaglio, per la realizzazione in Italia di circa cento stazioni di rifornimento. Altro contratto di prestito è quello sottoscritto, a dicembre 2017, tra Bei e Italgas: 360 milioni di euro (a tasso variabile, per la durata di 20 anni), per potenziare la rete distributiva e rendere il sistema di distribuzione del gas più efficiente e sicuro. Tra i progetti finanziati nel 2019 dalla Bei nel settore dei trasporti, c’è quello nell’hub portuale di Ravenna (circa 65 milioni di euro), della quale il colosso cinese della cantieristica China Merchants Group intende fare l’hub europeo dell’ingegneria navale e dell’oil&gas.
LA DENUNCIA DELLE ASSOCIAZIONI – Di fatto, se la Bei stima che ad oggi neppure il 5% dei suoi prestiti sia destinato a progetti legati alle fonti fossili, tornando all’anno ‘spartiacque’ 2013, secondo il gruppo non governativo CEE Bankwatch Network, l’istituto avrebbe speso da allora al 2017 circa 12 miliardi di euro solo nel settore legato alle fonti fossili. Tra l’altro, il network che monitora le attività delle istituzioni finanziarie ha già in passato segnalato le contraddizioni dei finanziamenti (non solo della Bei) al Corridoio meridionale del gas, che comprende il gasdotto Tap. “Dal 2013 al 2017 – fa sapere Greenpeace a ilfattoquotidiano.it – la Bei ha prestato 52,5 miliardi di euro al settore energetico, l’84 percento dei quali è andato a progetti interni all’Ue”. Per quanto riguarda l’industria dei combustibili fossili parliamo di “11,8 miliardi di euro di sostegno diretto, principalmente legati al trasporto (compreso il Corridoio meridionale del gas, che comprende il gasdotto Tap), estrazione di gas e centrali elettriche” a cui vanno aggiunti “3,9 miliardi di euro per le utility il cui core business è principalmente legato al carbone”. Ed è per questo che l’8 ottobre scorso Greenpeace si è unita ad oltre sessanta ong, inviando una lettera al presidente della Banca europea per gli investimenti, Werner Hoyer, chiedendogli di non fare passi indietro rispetto all’impegno di fermare i nuovi finanziamenti per i combustibili fossili entro la fine del 2020, ma anche sottolineando una serie di perplessità su alcuni aspetti della bozza, che renderebbero meno ambiziosi gli obiettivi creando ‘scappatoie’ proprio nel settore del gas. Si tratta solo dell’ultimo di una lunga serie di appelli.
ALLA RESA DEI CONTI – Parliamo di 10-12 miliardi di euro l’anno destinati solo alle rinnovabili per allinearsi con i target del Trattato di Parigi per il contenimento della CO2, ma anche di investimenti colossali in Europa, che passerebbero dai 229 miliardi all’anno del periodo 2011-2020 ai 396 per i successivi dieci anni. Fino ad arrivare a 575 miliardi all’anno. La decisione finale è nelle mani degli azionisti della Bei, che sono gli Stati membri dell’Ue. I principali sono Italia, Francia, Germania e Regno Unito, con il 16% ciascuno. Il 10 ottobre si terrà il prossimo Ecofin e già in quella occasione si potrebbe arrivare a una decisione comune sul documento che segnerebbe la prima vera svolta rispetto al passato.
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Crescita, il Fondo monetario taglia le stime mondiali per il 2019: +3%. “Rallentamento sincronizzato, mai così male dal 2008-2009”
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Roma, 24 feb. (Adnkronos) - "La vicenda di attivisti e giornalisti spiati sta assumendo tratti sempre più inquietanti. Anche Don Mattia Ferrari, prete attivo con Mediterranea, è stato spiato con un software installato sul suo telefono". Lo dice la segretaria del Pd Elly Schlein.
"È urgente e necessario che il governo, e in particolare Giorgia Meloni, smetta di scappare e si impegni a chiarire al Paese chi sta spiando attivisti e giornalisti, perché qui sono a rischio le fondamenta dello stato di diritto. Abbiamo chiesto al governo di dirci quali entità statali hanno autorizzato l’installazione dei software di Paragon sui cellulari spiati, e il governo non sta dando queste risposte".
"Che cosa sta coprendo? Perché la Presidente del Consiglio trova il tempo di partecipare a ogni convention sovranista, ma non lo trova per fare chiarezza su questi fatti gravissimi e renderne conto al Parlamento? Le italiane e gli italiani meritano risposte ed è suo dovere fornirle. Da parte mia e di tutto il Partito democratico piena solidarietà e sostegno a Don Mattia Ferrari".
Milano, 24 feb. (Adnkronos) - Supportare e valorizzare le attività di alta formazione, ricerca e trasferimento tecnologico, attraverso iniziative di promozione e sostegno finanziario e strategie di cooperazione nazionale e internazionale, per contribuire alla crescita economica del Paese, mettendo in stretta connessione mondo accademico e produttivo. E' la mission della Fondazione Bicocca, il nuovo ente costituito dall'università di Milano-Bicocca presentato oggi nell’Aula Magna dell’ateneo, durante l’evento 'Connessioni per il futuro', alla presenza della rettrice Giovanna Iannantuoni, del presidente della Fondazione e prorettore vicario dell’ateneo Marco Orlandi, del sottosegretario di Stato alla presidenza del Consiglio dei ministri Alessandro Morelli, dell’assessore allo Sviluppo economico di Regione Lombardia Guido Guidesi e dell’assessora allo Sviluppo economico e politiche del lavoro del Comune di Milano Alessia Cappello.
La Fondazione Bicocca è una fondazione di partecipazione, senza scopo di lucro, e nasce per favorire la partnership tra ateneo e soggetti esterni, la collaborazione tra pubblico e privato. Sue finalità principali sono il sostegno all’imprenditorialità accademica e alla valorizzazione della proprietà intellettuale, il supporto ai servizi per gli studenti e alle iniziative di orientamento e la partecipazione a progetti internazionali, europei e nazionali per attrarre finanziamenti a sostegno della ricerca e dell’innovazione.
Fondazione Bicocca avrà il suo quartier generale nella sede principale dell'università, nell'edificio U6 Agorà. A poca distanza, in Bim, il grande progetto di rigenerazione urbana promosso da Aermont Capital e Kervis Sgr che sta trasformando un iconico edificio di Vittorio Gregotti in una work destination all’avanguardia, troverà casa il Bicocca Pavilion, il nuovo innovation hub della Fondazione Bicocca, che mette in relazione le eccellenze dell'ateneo con il mondo delle imprese. Il pavilion, progettato da Piuarch e costruito al centro della piazza, immerso nel verde, è uno spazio polifunzionale dal design distintivo e flessibile, pensato per ospitare un ecosistema evoluto di imprese e professionisti, favorendo il dialogo e le sinergie. L’inaugurazione del Bicocca Pavilion avverrà il 14 aprile.
Nello specifico, la Fondazione opera nei seguenti ambiti: alta formazione, con la gestione e la promozione di tutti i master di I e II livello, corsi professionalizzanti, summer e winter school e convegni accademici, con l’obiettivo di aumentare del 10 per cento l’offerta formativa a partire dall’anno accademico 2025-2026; ricerca e trasferimento tecnologico, con la promozione e la valorizzazione dei risultati della ricerca universitaria attraverso il supporto alla brevettazione e alla partnership con imprese ed enti pubblici, con lo scopo di incrementare del 10 per cento i proventi da collaborazioni con aziende; eventi e public engagement, con il coordinamento e l'organizzazione di hackathon, workshop e conferenze per promuovere la ricerca, condividerne la conoscenza con il pubblico e attrarre sponsorizzazioni private.
E' prevista l’organizzazione di almeno 10 eventi sponsorizzati all’anno. "La creazione della Fondazione Bicocca rappresenta un passo strategico per il nostro ateneo -afferma la rettrice dell’Università di Milano-Bicocca Giovanna Iannantuoni- introducendo una serie di vantaggi operativi, gestionali e strategici che integrano e potenziano le attività già svolte. La Fondazione potenzia e amplifica l’impatto dell’Università sul territorio e nel panorama accademico nazionale e internazionale. Milano-Bicocca si pone all’avanguardia nella creazione di un ecosistema accademico-innovativo, in grado di rispondere alle sfide del futuro con strumenti più efficaci e competitivi".
"Grazie alla Fondazione -dichiara il presidente della Fondazione e prorettore vicario dell’ateneo, Marco Orlandi- potremo ottimizzare la gestione di iniziative chiave per la formazione, il trasferimento tecnologico e la valorizzazione della ricerca, consolidando il ruolo dell'università di Milano-Bicocca come polo di eccellenza. Vogliamo che la Fondazione diventi un punto di riferimento per la valorizzazione della conoscenza e dell’innovazione tecnologica, promuovendo sinergie con il mondo imprenditoriale e con le istituzioni pubbliche".
Roma, 24 feb. (Adnkronos) - "A tre anni dalla brutale aggressione dell’Ucraina da parte della Federazione Russa, vanno ribadite vicinanza e solidarietà alla coraggiosa resistenza ucraina a difesa della propria indipendenza e della libertà delle sue scelte nazionali". Lo afferma il presidente della Repubblica, Sergio Mattarella.
"La violazione delle più basilari norme di convivenza internazionale, infrangendo anche solenni impegni assunti nel 1994 tra le due parti, le centinaia di migliaia di vittime, anche tra la popolazione civile, la devastazione volutamente perseguita delle infrastrutture ucraine -aggiunge il Capo dello Stato- sollecitano, insieme a una severa condanna, la ricerca di rapido avvio di colloqui affinché le due parti pervengano alla definizione di una pace giusta, in linea con i principi dell’Onu, garantita da efficaci misure di sicurezza che la rendano effettiva e definitiva".
Montaione, 24 feb. (Adnkronos) - “Papa Francesco l’ho conosciuto, per due volte ho avuto la fortuna di stringergli la mano, quando sei davanti a lui, se ti metti in silenzio, riesci a sentire quella energia del suo modo di essere della persona che è. Sono uno che un po’, a modo suo, delle volte prega anche, e voglio dire una preghiera per Papa Francesco”. Anche il ct della Nazionale azzurra di calcio Luciano Spalletti, in un incontro con i giornalisti nella sua tenuta di Montaione, ha voluto dedicare un pensiero e una preghiera per la salute di Papa Francesco ricoverato da giorni al Gemelli.
Roma, 24 feb (Adnkronos) - Domani, martedì 25 febbraio, alle 16.30 presso la sala della Regina di Montecitorio, si svolge il convegno 'In ricordo di Luca Attanasio - Un uomo delle istituzioni che ha onorato l'Italia nel mondo'. Lo rende noto la Camera.
Saluti in apertura del Presidente della Camera, Lorenzo Fontana. Intervengono Zakia Seddiki Attanasio, Presidente della Fondazione Mama Sofia, Antonio Tajani, Ministro degli Esteri e della Cooperazione internazionale e Vicepresidente del Consiglio, Giuseppe Valditara, Ministro dell'Istruzione e del Merito, Orazio Schillaci, Ministro della Salute, Isabella Rauti, Sottosegretario alla Difesa, Fabio Marchese Ragona, giornalista e autore del libro "Luca Attanasio, storia di un ambasciatore di pace", che sarà commentato durante il convegno, Ettore Sequi, già Segretario generale del Ministero degli Esteri e della Cooperazione internazionale e Vicepresidente Sace. Coordina i lavori Maria Antonietta Spadorcia, vicedirettore del Tg2. L'appuntamento viene trasmesso in diretta webtv.
Roma, 24 feb. (Adnkronos) - "Tre anni fa Putin ha scelto la guerra, l’Ucraina ha scelto la resistenza. La storia non si riscrive: l’Europa deve stare dalla parte della libertà e della democrazia, o rischia di essere irrilevante e indifesa". Lo scrive sui social Debora Serracchiani del Pd.
Roma, 24 feb. - (Adnkronos) - Il Commissario Straordinario dell'AdSP MTCS Pino Musolino ha partecipato, anche in qualità di Presidente di Medports, alla 14esima Conferenza Marlog ad Alessandria d'Egitto sulle implementazioni dell’intelligenza artificiale anche nelle operazioni marittime. Marlog rappresenta un punto di riferimento internazionale sul trasporto e sulla logistica ed è diventato, grazie alle sue conferenze, uno dei più importanti appuntamenti internazionali del Mediterraneo.
"Ho avuto la possibilità- ha sottolineato Musolino- di confrontarmi con altri esperti del settore marittimo sui temi dell'innovazione tecnologica applicata ai porti". "Ho tenuto un Keynote speech - prosegue il Commissario Straordinario Pino Musolino- su come i porti non sono solo, oramai, un semplice punto di ormeggio ma hub high-tech che utilizzano intelligenza artificiale e blockchain che permettono così operazioni più veloci, sicure, innovative e un commercio maggiormente ecologico”.
“Sono molto orgoglioso – conclude il Presidente di Medports Musolino – di aver rappresentato il mio paese a questa conferenza internazionale e di aver ricevuto un premio da Ismail Abdel Ghafar Ismail Farag presidente della AASTMT (Arab Academy for Science, Technology and Maritime Transport) per il ruolo svolto nello sviluppo dei porti come Commissario dell’Autorità di Sistema Portuale del Mar Tirreno Centro Settentrionale, oltre che per essere stati come Medports co-organizzatori delle conferenze di Marlog”.