Cultura

Moma di New York, quasi mezzo miliardo per un restyling che lega opere lontane nel tempo. Sarà un successo? E’ tutto da vedere

Conclusa la maxi-ristrutturazione del museo di arte moderna più prestigioso al mondo che ogni anno attrae 3 milioni di visitatori. La superficie aumenta di 47mila metri quadri con più spazio per le collezioni e un nuovo allestimento che arriva a collegare Picasso a Ringgold. Il New York Times sembra scettico: "Potrebbe sembrare di entrare in un negozio Apple"

di Manlio Lilli

“Nelle nostre gallerie e spazi ampliati per spettacoli, conversazioni e arte, vedrai più arte in modi nuovi. Preparati a scoprire nuove voci e nuove prospettive”. Nel portale del Museum of Modern Art si preannuncia l’ormai prossima riapertura di quello che è stato spesso considerato il principale museo di arte moderna del mondo. Un restyling in piena regola per il contenitore newyorchese, sulla 53esima strada, che attrae ogni anno 3 milioni di visitatori. L’inaugurazione del “nuovo Moma” sarà il 21 ottobre, dopo l’ennesimo intervento, dopo quello realizzato, tra il 2002 e il 2004, dall’architetto giapponese Yoshio Taniguchi, che ha quasi raddoppiato gli ambienti a disposizione, con circa 58mila metri quadrati di nuovi spazi. Divenuti insufficienti. Per questo motivo ecco il nuovo ampliamento di 47mila metri quadrati, con un incremento di circa il 30 per cento rispetto agli spazi precedenti, progettato dallo studio Diller Scofidio+Renfro, in collaborazione con Gensler. Incremento che ha suscitato perplessità. “Il Modern ha fatto molto per trasformare la 53a strada in quello che oggi è un canyon di vetro e acciaio che può far venire in mente il quartier generale di Darth Vader di Guerre Stellari”, ha scritto sul New York Times Michael Kimmelman. Che ha aggiunto, relativamente agli interni, “potrebbe sembrare di entrare in un negozio Apple”. Tutt’altro che un apprezzamento.

Ma il nuovo Moma non è solo questo. Prevede anche un allestimento più composito, con opere famose, affiancate da quelle di artisti meno conosciuti. Un’operazione architettonica, ma anche museografica, che ha comportato una chiusura di pochi mesi, a fronte di un impegno economico di ben 450 milioni di dollari. Un progetto impegnativo, che si segnala per la presenza di uno spazio nel quale i visitatori possono sperimentare in prima persona il processo artistico e assistere a performance. Un tentativo di coinvolgere realmente i fruitori del museo. Una decisa apertura all’esterno. Una sorta di liberalizzazione dell’arte. Per certi versi completata dalla decisione di rendere gratuita la visita delle gallerie del piano terra e del giardino delle sculture. “Spesso i musei sembrano scatole sigillate e noi volevamo allontanarci da questo e trarre vantaggio dal fatto che ci troviamo in questa affascinante parte della città di New York”, ha sostenuto il direttore del MoMA, Glenn Lowry in occasione della presentazione alla stampa del completamento dei lavori. L’obiettivo era triplice. Avere più spazio per le collezioni, riorganizzare la galleria e portare più persone nello spazio museale. I nuovi 47mila metri quadrati soddisfano l’esigenza primaria di ampliare la superficie utilizzabile. Così come il nuovo allestimento, nel quale opere di epoche, luoghi e tecniche diversi saranno le une accanto le altre, risulta studiato per offrire al visitatore un ausilio alla comprensione generale.

Questo nuovo approccio trova la sua esemplificazione migliore al quinto piano dove il dipinto di Pablo Picasso del 1907 Les Demoiselles d’Avignon è appeso vicino a Quarantania, scultura del 1947-53 di Louise Bourgeois e all’opera del 1967 American People Series # 20: Die di Faith Ringgold. “La pittura di Faith Ringgold, che è violenta, introduce problematiche legate alla razza, ma parla anche dell’impatto della colonizzazione e della decolonizzazione. Rinomina Picasso in modo diverso”. Lowry ne è convinto. Connettere presente e passato, mettere accanto opere diverse può essere vincente. Stimola riflessioni. “In tutto l’edificio – continua Lowry – abbiamo cercato di identificare i momenti in cui relazioni inaspettate cambiano improvvisamente il modo in cui vediamo qualcosa… Puoi prendere opere d’arte che sono approssimativamente contemporanee, ma provenienti da diverse parti del mondo e che innescano conversazioni tra loro che sono inaspettate”. Il direttore del MoMa vuole che si cerchino legami tra opere lontane, spazialmente e temporalmente.

Le novità non finiscono qui. Sarà assicurata una rotazione regolare. In modo che ogni sei mesi un terzo delle opere esposte sia differente. Sarà dato uno spazio maggiore alle opere al di fuori dell’Europa e del Nord America. In nome di una apertura sempre più massiccia nei confronti di persone del tutto al di fuori del mondo dell’arte si è posta particolare attenzione alla terminologia adottata nei supporti esplicativi. “Vedremo se i visitatori lo troveranno gioiosamente libero oppure tristemente confuso”, ha commentato Kimmelman. Il nuovo MoMa si presenta senza certezze.

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