I numeri, rivendicano le associazioni mediche che si occupano di primo soccorso, sono ancora impressionanti: “Ogni anno in Italia sono 60mila le vittime di arresto cardiaco, ma solo il 15% delle persone che assistono a un arresto cardiaco interviene per soccorrere la vittima”. Il motivo? “I potenziali soccorritori non sono formati, non sanno riconoscere l’emergenza, né si sentono in grado di intervenire”. Per questo, la richiesta alle forze politiche si è tradotta in una proposta di legge sui defibrillatori, con relatori i deputati Giorgio Mulè (Forza Italia) e Maria Lapia (M5s), condivisa dall’intero arco parlamentare nel suo primo passaggio alla Camera. “La vita è il bene più prezioso e con la legge ‘Salva vita’, l’Italia diventa uno dei Paesi all’avanguardia nel soccorso in caso di arresto cardiaco”, hanno rivendicato dal partito azzurro. Ora manca l’ultimo passaggio al Senato, dove, ha spiegato lo stesso Mulè, si attende il via libera definitivo “entro Natale”, già in commissione, in sede deliberante.
La proposta di legge, illustrata a Montecitorio nella Giornata mondiale della rianimazione cardiopolmonare, prevede “una diffusione capillare dei defibrillatori in tutti i luoghi di lavoro con più di 15 dipendenti”, ma soprattutto nelle scuole e nelle università, nei porti, negli aeroporti e su tutti i mezzi di trasporto che hanno una tratta superiore alle 2 ore senza fermate intermedie”, hanno chiarito i promotori della legge. Ma non solo. Perché l’obiettivo sarà anche quello di coinvolgere i privati, “alberghi e condomini”, con incentivi. La proposta di legge prevede anche momenti di formazione, rivolti ai ragazzi della scuola, fino ai 18 anni. L’obiettivo è quello di creare così nel tempo “un esercito di ragazzi che sappiano utilizzare i fibrillatori”.
Il punto centrale, rispetto al passato, è che “chiunque potrà essere sicuro di non essere passibile di eventuali conseguenze giuridiche per il tentativo di salvare una vita”, ha precisato Andrea Scapigliati, presidente di Italian Resuscitation Council. “Il defibrillatore non fa male”, hanno rivendicato in coro associazioni e relatori, oltre che diversi sopravvissuti o parenti di vittime, intervenuti nel corso della conferenza. Resta il nodo dei fondi. Al momento, spiega Lapia, “saranno dati in diverse tranche, prima 4 milioni di euro, dopo due milioni di euro dal 2021 al 2025 per ogni anno”. Fondi che, spiega Scapigliati, non possono però bastare per una “rivoluzione” del settore. Eppure, viene considerato “un primo passo”: “Servirà fare attenzione poi all’attuazione della norma, attraverso i decreti, affinché questa diventi effettiva e non si replichino gli errori del decreto Balduzzi”