A meno di due settimane dal termine ultimo per raggiungere un punto d'incontro, Bruxelles e il governo di Londra annunciano che il deal è stato messo nero su bianco. Adesso sta al Parlamento di Westminster, dopo, dare il via libera all'uscita del Regno dall'Unione. Ma il Dup potrebbe far saltare tutto. Corbyn. "Accordo-svendita, peggio di quello della May. Serve un nuovo referendum"
Londra e Bruxelles hanno annunciato l’intesa sulla Brexit, ma il cammino del Regno Unito verso l’uscita dall’Ue prevista il 31 ottobre è ancora irto di ostacoli. “Abbiamo un grande nuovo accordo”, ha annunciato su Twitter il premier britannico Boris Johnson, sottolineando che questo permette di “riprendere il controllo” della sovranità del Paese. “Dove c’è la volontà, c’è un accordo, ce lo abbiamo. È un accordo equo ed equilibrato per l’Ue e il Regno Unito ed è la testimonianza del nostro impegno a trovare soluzioni. Gli fa eco il capo negoziatore Ue, Michel Barnier: “La pazienza è una virtù e la Brexit è una scuola di pazienza. Abbiamo trovato un accordo sul recesso ordinato e sul quadro delle nostre relazioni future. È il risultato di un lavoro intenso. I cittadini europei sono stati la nostra priorità”.
Nel pomeriggio il Consiglio europeo ha dato il via libera all’intesa. Ora tocca a Westminster. “Il Parlamento dovrebbe chiudere la Brexit entro sabato, così potremo passare ad altre priorità come il costo della vita, il sistema sanitario, i crimini violenti e l’ambiente“, ha detto Johnson. Il governo intende presentare sabato mattina alla Camera dei Comuni una mozione in cui chiedere ai deputati di votare “o per il deal” raggiunto oggi o per “un no deal”, ha annunciato il ministro dei Rapporti col Parlamento, Jacob Rees-Mogg in aula, precisando che il voto sarà preceduto da uno statement del primo ministro e da un dibattito. Con 287 voti a favore e 275 contrari i deputati hanno dato il loro via libera a tenere sabato una sessione straordinaria. Si tratterà della prima volta che il Parlamento britannico si riunisce di sabato da 37 anni, cioè dal 1982, quando si riunì per la guerra delle Falkland/Malvine; la quinta volta dalla vigilia della Seconda guerra mondiale.
La strada verso l’approvazione appare in salita. Un secco no arriva dagli unionisti nordirlandesi del Dup, che confermano di non poter votare a favore dell’accordo sulla Brexit. Il Democratic Unionist Party sostiene di aver sempre lavorato dopo il referendum per “una Brexit negoziata” e per un accordo. Ma solo un accordo in grado di rispettare “gli interessi economici e costituzionali di lungo termine dell’Irlanda del Nord e l’integrità dell’unione” del Regno. E la loro posizione potrebbe essere determinante ai fini dell’ottenimento della maggioranza necessaria all’approvazione del testo. In una nota la leader Arlene Foster e il suo vice Nigel Dodds hanno reso noto di non poter dare il loro sostegno all’ipotesi di accordo: “Allo stato attuale non possiamo appoggiare ciò che viene suggerito riguardo alle questioni doganali e del consent (dell’assemblea locale dell’Irlanda del Nord sull’intesa relativa ai confini irlandesi, ndr). Inoltre, manca chiarezza sull’Iva“.
La formulazione della mozione è però contestata dalle opposizioni, che vogliono far valere a legge anti-no deal. Primo tra tutti il leader laburista, Jeremy Corbyn: “L’accordo negoziato dal primo ministro sembra persino peggiore di quello di Theresa May, già rigettato a valanga” dal Parlamento. “Queste proposte – continua – rischiano d’innescare una corsa al ribasso su diritti e tutele, sono un accordo-svendita che non riunifica il Paese e che deve essere respinto”. Poi il riferimento a un referendum bis: “Il miglior modo di risolvere la Brexit è ora ridare la parola al popolo per un voto finale”.
Le istituzioni europee intanto esultano. Messaggi di soddisfazione arrivano anche dal presidente del Parlamento, David Sassoli, che si è detto “molto contento. Abbiamo lavorato tutti perché ci fosse un’uscita ordinata del Regno Unito. Naturalmente il Parlamento europeo è pronto a fare la propria parte e il proprio dovere”. Anche il presidente francese, Emmanuel Macron, accoglie la notizia, pur invitando alla prudenza: l’accordo sulla Brexit è una “buona notizia” e “sembra essere positivo” sia per l’Unione europea sia per la Gran Bretagna, ha detto aggiungendo tuttavia che “bisogna restare ragionevolmente prudenti”. Macron ha quindi sottolineato che l’intesa sembra “rispondere alle preoccupazioni” delle due parti europea e britannica.