Un datore di lavoro può installare delle telecamere nascoste senza avvertire i lavoratori qualora abbia fondati sospetti che i dipendenti lo stiano derubando e che le perdite subite siano ingenti. L’ha stabilito la Corte europea dei diritti umani in una sentenza definitiva emessa oggi, giovedì. I giudici di Strasburgo affermano infatti che l’operazione di video sorveglianza condotta in un supermercato spagnolo non ha violato i diritti alla privacy dei lavoratori, licenziati dopo essere stati filmati mentre rubavano o aiutavano altri a farlo.
La Corte ha dichiarato, con 14 voti favorevoli e 3 contrari, che non vi era stata nessuna violazione dell’articolo 8 (diritto al rispetto della vita privata e familiare) della Convenzione europea dei diritti dell’uomo e ha dichiarato all’unanimità che non vi era stata violazione dell’articolo 6 (diritto a un processo equo). Secondo 14 giudici della Cedu, i tribunali spagnoli hanno attentamente bilanciato i diritti dei richiedenti – i dipendenti del supermercato sospettati di furto – e quelli del datore di lavoro e hanno effettuato un esame approfondito della giustificazione della videosorveglianza. Un argomento chiave portato dai lavoratori, si legge nel comunicato stampa della sentenza, era che non avevano ricevuto una notifica preventiva della sorveglianza. Ma per la Corte ha riscontrato c’era una chiara giustificazione per tale misura, a causa di un ragionevole sospetto di furti. I tribunali nazionali, secondo Strasburgo, non hanno superato il loro potere discrezionale nel trovare il monitoraggio proporzionato e legittimo. I giudici Ganna Yudkivska (Ucraina), Vincent De Gaetano (Malta) e Yonko Grozev (Bulgaria) hanno espresso un’opinione dissenziente sulla non violazione dell’articolo 8.