La richiesta è stata avanzata dal partito, parte civile con l’avvocato Domenico Aiello, nell’udienza di oggi del processo milanese a carico di Brigandì, anche ex parlamentare leghista, imputato per patrocinio infedele e autoriciclaggio.
La Lega ha chiesto 2,1 milioni di euro di danni a Matteo Brigandì, storico legale in passato del Carroccio e dell’ex leader Umberto Bossi. La richiesta è stata avanzata dal partito, parte civile con l’avvocato Domenico Aiello, nell’udienza di oggi del processo milanese a carico di Brigandì, anche ex parlamentare leghista, imputato per patrocinio infedele e autoriciclaggio.
Il pm Paolo Filippini ha chiesto per l’ex legale del partito una condanna a 2 anni e 3 mesi. La sentenza è prevista per il 31 ottobre. Secondo le indagini del pm Filippini, “quale avvocato della Lega” Brigandì si sarebbe reso “infedele ai suoi doveri professionali”, omettendo “di denunciare il proprio conflitto di interessi” in relazione ad un decreto ingiuntivo, emesso nel 2004 ed eseguito nel 2012, da lui richiesto e incassando così quasi 1,9 milioni di euro di compensi per la sua attività. E avrebbe anche trasferito “la somma di 1,67 milioni” su un conto di una banca in Tunisia. Da qui anche l’accusa di autoriciclaggio.
Il Tribunale di Milano aveva anche disposto un sequestro preventivo ai fini della confisca proprio di quasi 1,9 milioni di euro a carico dell’ex avvocato della Lega. Il sequestro, però, ha riguardato solo un immobile di Brigandì in Piemonte, mentre gran parte dei soldi sarebbe stata da lui trasferita su un conto in Tunisia. E per questo la Procura diversi mesi fa ha anche attivato una rogatoria per arrivare a bloccare quei soldi. Nell’udienza davanti al giudice della X penale Chiara Valori, Brigandì, attraverso i suo legali Paparozzi e Iorio, ha provato a far valere un legittimo impedimento per motivi di salute con un certificato in francese mandato dalla Tunisia, ma il giudice ha rigettato l’istanza. Nella requisitoria, poi, il pm ha parlato di “una strategia chiara” da parte di Brigandì “per precostituirsi una sorta di ‘tfr’ non formalizzato per la sua uscita dal partito, appropriandosi in pratica di quasi 2 milioni di euro”. E ha evidenziato anche il “suo iperbolico conflitto di interesse, perché da difensore ha difeso se stesso e ha fatto causa all’ente di cui era, allo stesso tempo, procuratore legale“.
La Lega, parte civile, gli ha chiesto 2,1 milioni di euro (comprensivi anche degli interessi) di “danni arrecati al proprio patrimonio”, oltre ai danni all’immagine. Nel caso non venisse riconosciuto l’intero danno, il partito ha chiesto che venga liquidata una provvisionale immediatamente esecutiva di oltre 1,8 milioni. Chiesto dalla Lega anche il sequestro conservativo dei beni di Brigandì per la “soddisfazione delle pretese risarcitorie”.