I procedimenti sul disastro dell’hotel Rigopiano di Farindola vengono riuniti. Il filone principale sulla morte di 29 persone a causa della valanga che travolse la struttura turistica nel Pescarese il 18 gennaio 2017 proseguirà di pari passo con quello relativo al presunto depistaggio dell’inchiesta. Lo ha deciso il gup del tribunale di Pescara, Antonella Di Carlo, che ha quindi trasmesso gli atti al presidente del Tribunale per i provvedimenti conseguenti, di cui sarà data lettura nell’udienza del prossimo 31 ottobre, quando sarà eventualmente designato il giudice unico.
Nell’inchiesta-bis, per frode processuale e depistaggio, sono imputati l’ex prefetto di Pescara Francesco Provolo, i due viceprefetti distaccati Salvatore Angieri e Sergio Mazzia, i dirigenti Ida De Cesaris, Giancarlo Verzella, Giulia Pontrandolfo e Daniela Acquaviva. A De Cesaris viene contestato anche il reato di falso ideologico in atto pubblico. Proprio il suo legale, Daniele Ripamonti, ha chiesto la riunione dei procedimenti.
Tutta la vicenda riguardante il filone del presunto depistaggio è venuta a galla in una meticolosa inchiesta del giornalista Ezio Cerasi del TgR Abruzzo, che ha di fatto anticipato gli sviluppi dell’indagine. Secondo l’accusa formulata dal procuratore capo, Massimiliano Serpi, e dal sostituto Andrea Papalia gli imputati, nonostante fossero stati sollecitati a fornire agli investigatori ogni elemento utile alle indagini, avrebbero omesso di riportare, nelle loro relazioni, le segnalazioni di soccorso che il 18 gennaio 2017, giorno in cui l’hotel fu travolto da una valanga, erano pervenute alla Prefettura di Pescara, in particolare da parte del cameriere Gabriele D’Angelo, una delle 29 vittime. Inoltre ognuno, sempre secondo l’accusa, avrebbe cercato di nascondere agli inquirenti anche i brogliacci con le chiamate in arrivo.