Nel giorno in cui il gup di Pescara ha riunito i due procedimenti penali sul disastro l'avvocato, Romolo Reboa denuncia la mancata costituzione di parte civile dello Stato
Nel giorno in cui il gup di Pescara ha riunito i due procedimenti penali sul disastro dell’hotel Rigopiano l’avvocato, Romolo Reboa, che assiste diversi familiari delle vittime denuncia la mancata costituzione di parte civile dello Stato. “Oggi abbiamo avuto la controprova che lo Stato vuole tirarsi fuori dal risarcimento nei confronti delle vittime di Rigopiano” dice il legale a margine della prima udienza preliminare sul procedimento bis, per depistaggio e frode processuale, a carico dell’ex prefetto Francesco Provolo e di altri sei imputati. Per costituirsi comunque la legge dà tempo fino alla prima udienza del processo dopo il rinvio a giudizio.
“La mancata costituzione di parte civile dello Stato nei confronti degli imputati – accusa il legale – è non soltanto una grave mancanza di rispetto, ma anche espressione volontà dello Stato di lasciare sole le vittime”. Una circostanza che, a giudizio di Reboa, sarebbe confermata dal fatto che “nove mesi dopo l’approvazione della legge Rigopiano, non è stato dato alcun decreto di attuazione e oggi le parti civili hanno dovuto fare la colletta per acquistare 27 euro di marche da bollo”. Inoltre Reboa punta il dito contro la lettera ricevuta dal capo della Protezione civile, Angelo Borrelli, in risposta ad una richiesta di risarcimento danni inviata dall’avvocato alla Presidenza del Consiglio. “Avevamo chiesto il risarcimento per il mancato funzionamento del sistema della prefettura, che è stato accertato in seno a questo processo – mette in luce Reboa – perché quando vi è un intercettazione nella quale il prefetto e i funzionari concordano che nulla funziona all’interno della prefettura, al di là della responsabilità penale è sicuro che vi è una responsabilità connessa e diretta. La presidenza del Consiglio dei ministri ha invece liquidato la faccenda, rigopianotramite il dipartimento di Protezione civile, sostenendo che non sono responsabili perché ha funzionato tutto – conclude l’avvocato – e questo secondo noi non corrisponde al vero, perché se avesse funzionato tutto quelle persone non sarebbero state fatte salire a Rigopiano e non sarebbero morte”.
Nel filone per frode in processo penale e depistaggio sono imputati l’ex prefetto Francesco Provolo e altri funzionari della prefettura di Pescara per aver occultato, questa l’ipotesi della procura di Pescara, il brogliaccio delle segnalazioni del giorno della tragedia alla squadra mobile di Pescara per nascondere la chiamata fatta dal cameriere Gabriele D’Angelo – una delle 29 vittime – poche ore prima della valanga per chiedere aiuto al Posto di coordinamento avanzato di Penne. Una telefonata di cui avevano dato conto il TgR Abruzzo e Ilfattoquotidiano.it.