Sulla “guerra di Erdogan” si rovesciano fiumi d’inchiostro, ma con effetti addirittura risibili. Il grande pubblico non ci capisce letteralmente nulla. A causa di tre effetti. Il primo è l’ipocrisia di chi racconta questa guerra. Il secondo è la difficoltà oggettiva di capire cosa in effetti sta accadendo “sotto il tappeto”, che è la cosa più importante. Il terzo è il disegno di usare questa guerra per rilanciare ancora una volta la propaganda contro la Russia e dirottare l’attenzione dai reali interessi in gioco.
L’ipocrisia è dominante, specie tra coloro che vogliono far dimenticare le loro responsabilità al momento dell’inizio di questa immane tragedia che è stata la guerra contro la Siria, organizzata da Obama in primo luogo, sostenuta dalla Nato, pagata con i denari dell’Arabia Saudita, sostenuta con ogni sforzo possibile da Israele. Si vuole far dimenticare tutto questo e si cerca di parlare solo di quello che succede ora, sotto i nostri occhi. Erdogan che bombarda e uccide i “poveri curdi”, per perseguire i propri interessi interni. Immagini di morti, combattimenti, bombardamenti; colonne di disgraziati in fuga. Il tutto senza una spiegazione. Naturalmente lasciando nell’ombra, fin quando si può, il fatto che la Turchia è un membro della Nato, cioè un nostro alleato. L’Europa (con l’Italia), si barcamena, si parla di sanzioni contro Erdogan, di embarghi di armi. Ma nulla accadrà prima che Erdogan stesso decida di fermare l’invasione dopo avere ottenuto i risultati che si prefiggeva. Uno dei quali quello di avere indebolito i curdi che occupano una parte della Siria. Più in là non andrà e tutti quelli che devono sapere lo sanno.
Gli ipocriti che perseguono i loro scopi si sono dimenticati che l’Isis, da loro più o meno esplicitamente sostenuto, si è giovato per anni dell’aiuto diretto della Turchia: che comprava il petrolio rubato, che lasciava passare i jihadisti, e ne curava i feriti nei suoi ospedali, che forniva armi ai mercenari, che mandava gli ufficiali del suo esercito a istruire i tagliagole. In compagnia dei servizi segreti Usa, britannici, francesi e, immancabilmente, israeliani. Ciascuno con i suoi obiettivi specifici — oltre a quello, comune, di demolire la Siria. Israele per prendersi definitivamente le Alture del Golan, altro passo per la “Grande Israele”. L’Arabia Saudita per colpire gli alahuiti sciiti e indebolire l’Iran e Hezbollah. Gli Usa per aiutare Israele, per aiutare l’Arabia Saudita, e rafforzare la presa sull’immensa ricchezza petrolifera. La Turchia per liquidare i curdi fuori dai confini e intimidire i curdi dentro i suoi confini.
Sappiamo che il piano congiunto dell’Occidente e dei suoi alleati è fallito per due motivi cruciali: la resistenza inaspettata dell’esercito siriano (che rivela quanto falsa fosse la narrazione occidentale che descriveva Bashar el Assad come un dittatore inviso la popolo siriano) e l’intervento tempestivo, efficace, inatteso, micidiale della Russia. Gli ipocriti questo non possono dirlo. Anzi, uno dei fattori costanti della loro propaganda è quello di dire che Erdogan è partito all’offensiva, adesso, con l’assenso implicito della Russia. Quindi la spiegazione sarebbe l’alleanza tra due “cattivi”: Russia e Turchia. Purtroppo per loro una tale “alleanza” non esiste. Il Cremlino ha un unico, vero alleato in Assad. E un unico grande obiettivo: quello di mantenere l’unità statuale e politica della Siria. E non mette certo a repentaglio la sua vittoria per sposare gl’interessi particolari della Turchia. Semmai Vladimir Putin sta facendo un proprio calcolo “laterale”. I capi curdi (che fino ad ora si sono lasciati invischiare nei calcoli occidentali e israeliani) capiranno che è più utile mettersi sotto la protezione di Assad (e dei russi), collocandosi strategicamente con chi li può difendere, invece di fare servizi sporchi agli occidentali, che li espongono alla minaccia jihadista.
Così tutto diventa un tantino più chiaro. Resta da spiegare perché gli Stati Uniti hanno deciso di ritirarsi dal terreno. Anche Donald Trump ha fatto i suoi calcoli, non certo per motivi pacifisti, né con l’intento principale di “tradire” i curdi. Trump ha colto l’occasione offertagli da Erdogan per tagliare le unghie ai nemici del “Deep State”. Che stanno a Washington, a Langley, nel Pentagono, nella sua stessa Amministrazione. La presenza americana in Siria, e nell’area, è stata fino a ieri proprio nelle mani della Cia e dell’Nsa, che hanno sistematicamente costruito provocazioni — insieme a Israele — avendo di mira la Russia e l’Iran. Obiettivo primario, scatenare la guerra (di Israele) contro l’Iran.
Donald Trump, ritirandosi, ha tolto ai suoi nemici interni armi e occasioni per scardinare lui e la sua linea. Non per pacifismo, al quale nemmeno pensa, ma per salvare se stesso e farsi rieleggere per un secondo mandato.