In Catalogna non è ancora finita: una nuova manifestazione di protesta è stata convocata per le 18.00 a Barcellona. A indirla, riferisce La Vanguardia, è il movimento giovanile secessionista Arran. L’appuntamento è a piazza Urquinaona, teatro di alcuni degli scontri più violenti della scorsa notte nel capoluogo catalano. Arran chiede le dimissioni del ministrò dell’Interno catalano Miquel Buch e parla della polizia regionale dei Mossos come di una “forza di occupazione”.
Gli scontri di ieri si sono fermati solo a tarda notte: in tutta la Catalogna, 182 feriti e 54 arresti. Secondo El Mundo, Barcellona ha appena attraversato le violenze “più drammatiche della settimana”: Piazza Urquinaona è diventato l’epicentro del caos, con manifestanti che hanno eretto barricate e lanciato ordigni incendiari, sassi e oggetti metallici contro gli agenti. Un’immagine simbolo di questa violenza, scrive il giornale, è quella di un agente della polizia nazionale, incosciente dopo essere stato colpito alla testa da una pietra, che viene portato via a braccia dai colleghi fra colonne di fumo e fiamme. Il ministro spagnolo dell’Interno Fernando Grande Marlaska è atteso oggi in città per fare il punto sui disordini. Intanto continua il blocco stradale alla frontiera con la Francia, dove una protesta in corso da ieri ha fermato il traffico sull’autostrada Ap-7. Fra gli arrestati anche Albert Garcia, fotoreporter del quotidiano spagnolo El Pais, che è stato rilasciato questa mattina, verso le 3.30: ne dà notizia lo stesso giornale. Garcia, che indossava un contrassegno dell’accreditamento stampa e portava un casco di protezione, è stato “immobilizzato a terra da una mezza dozzina di agenti e portato in un furgone di polizia”. Su questa vicenda e in generale sui disordini è arrivato il commento della sindaca della città, Ada Colau: “Non ci meritiamo tutto questo come città. Quanto accaduto la scorsa notte è stato molto grave. Condanniamo chiaramente la violenza. Barcellona è una città di pace. Non è possibile che vi sia violenza contro la stampa, che arrestino un fotogiornalista accreditato”.
Quando la calma è tornata nelle strade del centro di Barcellona, rimaste presidiate da centinaia di agenti, il ministro dell’Interno Fernando Grande-Marlaska ha parlato dal palazzo della Moncloa per avvertire che il codice penale sarà applicato ‘con la massima determinazione” contro “l’indipendentismo violentò. Oggi torna a riunirsi il gabinetto della Generalitat, convocato dal presidente Quim Torra.
Le scene sono state da guerriglia urbana. Lanci di oggetti di ogni genere, come transenne in metallo, cassonetti incendiati e trascinati in mezzo alla strada a fare da barricata, cariche della polizia in tenuta antisommossa che sparato lacrimogeni e proiettili di gomma per disperdere i manifestanti violenti. Le violenze sono scoppiate in serata, al termine della manifestazione che ha portato oltre mezzo milione di persone in strada contro le condanne a 13 anni per Oriol Junqueras e a 100 anni complessivi di carcere per i leader secessionisti per il tentativo di secessione del 2017. Secondo la polizia municipale, alla protesta hanno partecipato circa 525mila persone. Il corteo è stato l’apice di una settimana di mobilitazione cominciata lunedì, cioè il giorno stesso del pronunciamento della Corte. Nella capitale catalana sono giunte per l’occasione, dopo tre giorni di cammino, le ‘marce per la libertà’ partite da cinque diverse città della regione: Vic, Berga, Girona, Tarragona e Castelldefels.
Il risultato è stato una manifestazione dalle due facce. Una, quella maggioritaria, fatta da centinaia di migliaia di persone che hanno sfilato pacificamente nel centro di Barcellona, paralizzandone le attività. La fiumana di persone ha bloccato le principali vie d’accesso alla città: una ventina le strade off limits, tra le quali la principale arteria transfrontaliera che collega la regione autonoma con la Francia. Nel centro ci sono state anche stazioni della metropolitana chiuse mentre all’aeroporto sono saltati 57 voli.
L’altra caratterizzata dagli scontri con le forze dell’ordine. In Via Laietana, di fronte al quartier generale della polizia, riferisce El Pais, si sono verificate le violenze. Protagonisti un gruppo di giovani, soprattutto studenti. “Sono in corso incidenti violenti nella Via Laietana, vicino al palazzo della Prefettura della Polizia”, aveva detto il ministro dell’Interno spagnolo, Fernando Grande-Marlaska, spiegando che gli scontri sono stati provocati da “gruppi organizzati” a cui hanno partecipato circa 400 persone, distinguendo quindi le violenze di questa notte dalla manifestazione pacifica che si è svolta a Barcellona durante il 18 ottobre, giornata di sciopero generale. Alle violenze e “a questi comportamenti vandalici sta rispondendo la Policia Nacional insieme ai Mossos per evitare incidenti peggiori”, ha aggiunto.
Il sito web dello ‘Tsunami Democràtic‘, che i manifestanti userebbero per darsi appuntamento, è stato chiuso con l’ordinanza di un tribunale in seguito all’apertura di un’indagine per terrorismo, secondo quanto riporta Afp: una decisione di cui dà notizia El Pais e che ha provocato le proteste dei separatisti. Lo ‘Tsunami Democràtic‘ ha già annunciato di avere aperto un nuovo dominio e ha raccomandato di scaricare la sua app. Il Ministro delle Politiche Digitali e della Pubblica Amministrazione della Generalitat, Jordi Puigneró, ha espresso le sue critiche su Twitter: “La Spagna – ha scritto – ha chiuso nuovamente i siti web catalani per motivi politici. Europa, hai intenzione di fare qualcosa al riguardo?”.
“Questa settimana abbiamo assistito a episodi di violenza da parte di gruppi minoritari ma ben organizzati – aveva detto alla vigilia il ministro degli Interni spagnolo Fernando Grande-Marlaska in una conferenza stampa – Le loro azioni non resteranno impunite“. La polizia nazionale ha arrestato tre manifestanti, due dei quali minorenni, dopo aver disperso con delle cariche un gruppo che stava lanciando oggetti di ogni genere davanti al quartier generale della polizia della Catalogna.
Le proteste dei giorni scorsi hanno portato la Federazione calcistica spagnola a scegliere di rinviare il ‘Clasico’, la sfida tra Barcellona e Real Madrid che in Spagna è considerata la partita più importante dell’anno. Il match, valido per la decima giornata di campionato, era in programma alle ore 13 del prossimo 26 ottobre: troppo pericoloso giocare la partita a Barcellona nelle condizioni attuali, considerando peraltro che il club blaugrana è strenuo sostenitore della causa separatista. Non è stata ancora comunicata una nuova data. La Sagrada Familia ha annunciato la sospensione di tutte le visite. E la fabbrica Seat di Barcellona ha annunciato che fermerà la produzione per evitare disagi ai dipendenti che non avevano intenzione di aderire al maxi-sciopero.
Dal Belgio invece arriva la notizia che l’ex presidente della Catalogna, Carles Puigdemont, si è consegnato alle autorità. Lo riporta La Vanguardia. In un comunicato, lo stesso Puigdemont ha spiegato che ha deciso di presentarsi volontariamente in relazione al nuovo ordine di cattura internazionale della Corte suprema spagnola. “Il presidente, accompagnato dai suoi avvocati, è comparso, volontariamente, davanti alle autorità belghe in relazione all’Ordine di cattura e consegna europeo”, ha spiegato l’ufficio di Puigdemont in un comunicato. “Il 130mo presidente della Generalitat in esilio sta seguendo tutti i passi ufficiali che accompagnano questo procedimento. Ha respinto la notifica e si è opposto alla consegna in Spagna“. Poco dopo Puigdemont è stato rilasciato, come ha spiegato lui stesso incontrando i media. “Sono stato rilasciato senza cauzione, resto a disposizione della giustizia belga. Non lascerò il Paese“, ha detto il leader catalano, secondo La Vanguardia.
Intanto, la guerriglia urbana scatenata nelle strade delle principali città catalane ha fatto scattare un’indagine delle autorità spagnola sull’app Tsunami Democratic che i manifestanti userebbero per darsi appuntamento. Contro le violenze ha parlato il presidente della Generalitat condannando “qualsiasi atto di vandalismo“. “Non possiamo permettere che un gruppo di infiltrati danneggi l’immagine dell’indipendentismo”, ha detto il presidente Quim Torra attribuendo così la responsabilità delle violenze a gruppi estranei. Per il premier spagnolo Pedro Sanchez si tratta invece di “giovani catalani coordinati”. “Torra deve decidere se vuole essere il presidente dei catalani o un attivista”, ha incalzato Grande-Marlaska. Il leader della Catalogna da parte sua è tornato a parlare di un nuovo referendum promettendo di tornare al voto per decidere la separazione da Madrid entro due anni.