di Marco Pitò
Il collasso climatico ed ecologico sta mettendo a rischio la vita sulla Terra. Di fronte al fallimento dei consueti canali istituzionali e alla perversione della funzione del cittadino nei sistemi democratici moderni, un numero sempre maggiore di persone, in occasione della Ribellione Internazionale di Extinction Rebellion, si sta appellando alla disobbedienza civile pacifica e nonviolenta per fermare l’estinzione di massa e minimizzare il rischio di collasso sociale.
Nel corso della storia abbiamo più volte assistito alla violazione dei “diritti inalienabili dell’essere umano”. Durante questi episodi, gruppi di persone si sono distinte per aver avuto il coraggio di non rendersi complici, in modo diretto o indiretto, di ciò che si stava perpetrando. M.L. King e Gandhi mostrano che è possibile apportare dei cambiamenti sociali in forme nonviolente ricorrendo alla disobbedienza civile. Si tratta di un atto di violazione della legge non solo simbolico o dimostrativo, ma soprattutto politico, che mira a ripristinare la giustizia, richiamandosi ai valori fondamentali e ai diritti costitutivi degli Stati, che i governi hanno fallito nel garantire.
La crisi climatica ed ecologica non ha eguali nella storia dell’uomo e, se non propriamente affrontata, porterà caos, disordine e la violazione dei diritti fondamentali dell’essere umano. La sicurezza alimentare e idrica è messa a rischio, carestia, scarsità d’acqua, eventi atmosferici estremi con frequenza e intensità maggiore causeranno una desertificazione crescente e il conseguente sfollamento di persone in zone vulnerabili del pianeta. Assisteremo a migrazioni di massa mai viste prima e il risultato finale di questo tipo di destabilizzazione sarà inevitabilmente, come la storia ci ha mostrato molte volte, un conflitto armato; e va ricordato che viviamo in un mondo con le testate nucleari.
La sola gravità della situazione non è però ritenuta sufficiente per giustificare il ricorso alla disobbedienza civile, essa potrebbe infatti portare a scompiglio e confusione invece che a un indirizzo chiaro per una risoluzione politica del problema.
L’altro elemento chiave è il fallimento dei normali canali istituzionali, ed Extinction Rebellion nasce proprio in risposta a ciò. Infatti, il movimento non è nato in modo “spontaneo” ma successivamente a un periodo di studi sul perché anni di attivismo abbiano fallito. Da decenni vengono fatti cortei, marce, petizioni, cause legali, campagne di sensibilizzazione per cambiare le azioni individuali e summit mondiali dove vengono presi impegni non vincolanti e, quindi, mai rispettati. Nonostante ciò, le emissioni sono aumentate del 60% negli ultimi 30 anni.
In questo caso, ricorrendo alla disobbedienza civile, non è il popolo a essere ribelle, ma coloro che vìolano gli accordi e che agiscono in maniera contraria al fine per cui sono stati eletti.
Continuare a presentare piani per le energie rinnovabili rottamati, a dare sussidi ai combustibili fossili e il via libera alla loro ricerca e stoccaggio, ha messo a rischio la sicurezza, il benessere e il futuro di tutti i popoli della terra.
La disobbedienza civile si pone quindi come frutto della propria libertà di coscienza al fine di uscire dall’apatia politica e di riappropriarsi del proprio ruolo di cittadino in nome di una maggiore responsabilità verso la sfera pubblica. Essa richiede sacrificio, predisposizione a domandare e ricercare sempre la motivazione che sta alla base dell’agire, ma soprattutto coraggio. È di questo che abbiamo bisogno, non della speranza. Il coraggio è fare la cosa giusta senza la sicurezza di un finale felice. Solo quando inizieremo ad agire ci sarà ovunque motivo per sperare.