Dalle indagini è emerso che le tangenti riguardavano i lavori di rifacimento di strade statali della Sicilia orientale e centrale: i lavori di manutenzione straordinaria venivano pagati con cifre cospicue ma non venivano mai eseguiti fino in fondo e così le strade avevano continuamente bisogno di nuovi interventi
Funzionari dell’Anas di Catania e imprenditori di Palermo, Caltanissetta e Agrigento sono stati arrestati all’alba dalla Guardia di Finanza con l’accusa di corruzione in concorso nell’ambito dell’operazione “buche d’oro” che ha portato alla luce un rodato sistema di tangenti in Sicilia. Si tratta, secondo quanto riferisce Repubblica, di otto persone – quattro imprenditori e altrettanti funzionari – nei confronti delle quali il gip della Procura di catania ha emesso provvedimenti di custodia cautelare in carcere e agli arresti domiciliari, un altro ingegnere dell’Ente invece è stato sospeso per un anno. Dalle indagini è emerso che le tangenti riguardavano i lavori di rifacimento di strade statali della Sicilia orientale e centrale: i lavori di manutenzione straordinaria venivano pagati con cifre cospicue ma non venivano mai eseguiti fino in fondo e così le strade avevano continuamente bisogno di nuovi interventi.
L’inchiesta rappresenta il prosieguo dell’operazione che il 20 settembre scorso ha portato i militari del Nucleo di polizia economico finanziaria ad arrestare in flagrante un altro imprenditore mentre consegnava una mazzetta da diecimila euro a due funzionari Anas che poi avrebbero dato una parte della tangente al loro dirigente. In quell’occasione erano finiti in carcere tre dipendenti dell’Anas, i geometri Riccardo Carmelo Contino, 51 anni, e Giuseppe Panzica, di 41, e agli arresti domiciliari per l’ingegnere 41enne Giuseppe Romano. I pm parlano di “mercimonio e dazione di tangenti” con “illegittimi risparmi di costi consentiti alle imprese” che, in accordo con funzionari Anas compiacenti, “scovavano, tra le pieghe dei capitolati tecnici dei lavori loro affidati, ampi margini di ‘manovra’, individuando le lavorazioni da non effettuare o da realizzare soltanto in parte“. “I pubblici ufficiali coinvolti – accusa la Procura di Catania – piegavano i loro poteri discrezionali di vigilanza e controllo orientandoli al perseguimento di scopi criminali, in totale dispregio dei rilevanti interessi pubblici in gioco. Il profitto conseguito era pari a circa il 20% dei lavori appaltati e veniva assegnato per un terzo ai dipendenti Anas corrotti e, per la parte restante, restava nelle casse dei corruttori“.
Complessivamente sarebbero state state versate tangenti per circa 93mila euro, e almeno in un caso con consegna di soldi avvolti nella carta stagnola, per chiudere gli occhi sui “lavori svolti in economia”. Come confermato da funzionari Anas coinvolti, i vantaggi per l’impresa era nella mancata rimozione di parte del manto stradale usurato, dichiarare falsamente di avere messo più strati di asfalto e nel risparmio delle spese di trasporto del materiale in discarica. E i funzionari dell’Anas collusi certificavano che i lavori erano stati eseguiti a regola d’arte, secondo il capitolato dell’appalto. Così, accusa la Procura di Catania, le buche diventavano fonte d’oro.