Una prova di forza nel loro fortino. Pick-up con mitragliatrici, fucili spianati, auto a ferro e fuoco, 8 morti e almeno 6 militari feriti. Tutto per evitare la cattura di Ovidio Guzmán López, detto El Raton, il figlio ventenne di Joaquin Guzman Loera, per tutti El Chapo. Avessero inserito le immagini giunte da Culiacan, 750mila abitanti nello stato di Sinaloa, regno incontrastato dei narcos messicani, in una serie di Netflix dedicata al boss della droga ora rinchiuso in carcere negli Stati Uniti, in molti avrebbero parlato di “americanata”.

Obrador: “La vita vale più di un criminale” – Invece per le strade della città di fronte al Golfo della California è accaduto tutto per davvero. E alla fine lo Stato si è arreso: ha liberato El Raton e i mezzi blindati dell’esercito si sono ritirati. Il presidente messicano Andrés Manuel López Obrador ha provato a spiegarla così: “Non può valere più la cattura di un criminale che la vita delle persone. Il gabinetto di sicurezza ha preso questa decisione e io l’ho sostenuto”. Ma in tanti contestano al governo la mossa e – soprattutto – la mancanza di informazioni chiare su come siano andate le cose. Finora le notizie dell’esecutivo sono scarne, persino sui media messicani.

La cattura – Inizia tutto attorno alle 15.30 di giovedì quando un commando delle forze armate composto da una trentina di militari arriva nel quartiere di Tres Rios, periferia nord di Culiacan. I soldati individuano un’abitazione in cui c’è il figlio del Chapo. Lo catturano, “brevemente”, specificano le agenzie. El Raton, 28 anni, non è uno dei “pesci” più grossi del cartello di Sinaloa, orfano del suo storico capo. Ma è comunque uno dei “Chapiti”, come vengono definiti gli ‘eredi’ del regno del più grande narcotrafficante messicano.

Chi è “Topo” Guzman – Ovidio, 28 anni, detto “Il Topo”, traduzione di El Raton, è tra gli ‘eredi’ di El Chapo che gestiscono parte dell’impero criminale ed economico creato del padre insieme a Ismael El Mayo Zambada. Dallo scorso anno, gli Stati Uniti hanno spiccato un mandato d’arresto nei suoi confronti per traffico di cocaina, marijuana e fentalyn. Ovidio Guzman è ricercato anche in Messico ed ecco spiegato l’intervento delle forze dell’ordine.

La reazione – Per quanto non sia considerato il figlio più “pesante”, vale comunque una reazione dei soldati del cartello che rispondono subito all’azione. E poi si organizzano e invadono le strade di Culiacan “con una forza maggiore” rispetto alle truppe militari. Impossibile capire in quanti scendano in strada, ma fanno rumore. Tanto. La risposta è militare: camion attrezzati con blindature di fortuna e muniti di mitragliatrici automatiche, lanciarazzi e kalashnikov. I quotidiani messicani parlano di “dozzine” di mezzi. Aprono il fuoco, mentre attorno si scatena il panico. Incendiano mezzi, puntano i militari. Almeno 6, secondo diverse fonti, rimangono feriti.

Il negoziato – La risposta è forse inaspettata, di certo efficiente ed efficace. Così il governo messicano deve aprire una trattativa. L’obiettivo può essere solo uno: la libertà del figlio del boss. La battaglia va avanti per ore e alla fine il Messico si piega. Ovidio Guzman Lopez viene rilasciato “per salvaguardare le vite umane”, è la prima ammissione affidata da membri del governo alla Reuters. Poi sarà il presidente della Repubblica a confermare tutto.

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