Cinema

Jesus Rolls – Quintana è tornato, il film più sgangherato dell’anno (del quale non sentivamo il bisogno)

Il film di Turturro si arena dopo nemmeno un quarto d’ora nelle secche della fotocopia anonima e pretenziosa senza spiccicare uno sguardo proprio, un senso generale dell’operazione, un motivo che uno per non farci scappare fuori dalla sala quando ancora non è finito. E dire che dura nemmeno 85 minuti

di Davide Turrini

Siete pronti a vedere il film più sgangherato dell’anno? S’intitola Jesus Rolls – Quintana è tornato, è diretto e (ahinoi) interpretato da John Turturro, ed era atteso come un presunto spin-off da Il grande Lebowski. In realtà (ma che ve lo diciamo a fare?) è un remake fuori tempo, fuori misura e fuori tono de I santissimi, una commedia anarcoide, dal forte connotato politico antisistema, che Bertrand Blier girò nel 1974 in uno dei periodi più fecondi per le sperimentazioni di linguaggio e senso del cinema mondiale. Già questo farebbe partire Turturro con mani e piedi legati per un tremila siepi ad ostacoli (diciamone uno: il dna culturale europeo/francofono della matrice). Eppure non basta. Vagheggiando il ritorno di un personaggio dei Coen (anzi no, Turturro sostiene con forza che sia creazione sua, ma comunque…), quel lezioso Jesus Quintana che affrontava il team del Drugo sulle piste da bowling ne Il grande Lebowski, Turturro sembra come rifarsi al mito per poi sparigliare ed abbassare subito l’elaborazione del devoto.

Come se prendessimo Mr. Wolfe di Pulp Fiction e lo mettessimo a fare il protagonista del remake di Frank Costello faccia d’angelo, per dire. Prima domanda/considerazione allora: va bene le royalties per il personaggio, vanno bene le scenette in cui si sottolineano i dettagli di abbigliamento e acconciatura del nostro (retina, unghia lunga smaltata, scarpine a punta viola) ma drammaturgicamente a che pro questo recupero? Andiamo avanti. Ne I santissimi, siamo in pieni sessanta/settanta, due ventenni imbroglioni (Gerard Depardieu e il compianto Patrick Dewaere) bighellonano per mezza Francia del sud est compiendo piccoli furti, mascalzonate, rapine, e soprattutto facendo sesso spiritosamente dissennato con donne incontrate sul loro cammino.

Un film in superficie volgare, piuttosto misogino (per gli standard dell’epoca), vagamente amorale, totalmente immerso in uno spirito antiestablishment di allora che in questa sua non forma precisa e decodificabile mostrava un tutt’uno di ribellione antisistema anche solo nella comicità e nell’atteggiamento saltellante e silenzioso dei due. Turturro invece che fa? Beh propone due quasi cinquantenni (uno dei due è Quintana/Turturro, l’altro l’energumeno Bobby Cannavale), piuttosto loquaci e sciocchi, che rifanno le stesse cose, compiono gli stessi gesti di Depardieu/Dewaere ambientando però tutto a New York, in qualche sprazzo urbano periferico, con tante inutili icone del cinema liberal anni ottanta utilizzate per pochi minuti ognuna, con quel disincanto impegnato che sembra di vedere uno degli ultimi impalpabili sermoni farseschi autocelebrativi di Jim Jarmush. Jesus Rolls – Quintana è tornato poi non possiede né l’arguta e macabra sospensione non sense della genia Coen, né uno straccio di zeitgeist cinematografico, culturale, sociale, politico dell’oggi.

Non serve appiccicare la povera Audrey Tatou quasi pelle e ossa al posto dell’allora Miou-Miou (omaggio?) e nemmeno inzuppare ogni sequenza con un commento musicale gipsy invadente e didascalico per rallegrare o rabbuiare i caratteri e il racconto. Il film di Turturro si arena dopo nemmeno un quarto d’ora nelle secche della fotocopia anonima e pretenziosa senza spiccicare uno sguardo proprio, un senso generale dell’operazione, un motivo che uno per non farci scappare fuori dalla sala quando ancora non è finito. E dire che Jesus Rolls dura nemmeno 85 minuti.

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