Da Lucio Dalla a Gaetano Curreri: le sue imitazioni hanno lasciato tutti a bocca aperta. Così Agostino Penna è il vincitore annunciato della nona edizione di Tale e Quale Show, che terminerà questa sera per lasciare spazio al torneo con i migliori concorrenti delle passate edizioni. Classe 1966, avellinese, è un musicista di lungo corso. Non ha una pagina su Wikipedia, ma le esperienze nel magico mondo dello spettacolo sono innumerevoli: ha suonato al matrimonio di David Bowie, ha lavorato in America, ha inventato il pianoforte nelle trasmissioni di Gigi Marzullo ma anche la sigla storica di Uomini e Donne. Eppure Tale e Quale rispecchia per lui una svolta importante alla carriera.
Le fa piacere essere considerato una rivelazione?
“Certo che sì, fa piacere. Sapevo di avere delle carte da giocare e, devo essere sincero, erano un po’ di anni che bussavo alla porta di Tale e Quale. Ho fatto per tre volte il provino, tutti andati molto bene, ma poi non si riusciva a passare allo step successivo. Aspettavo il mio momento. Quest’anno Carlo e gli autori mi hanno dato fiducia e sono molto contento perché ho potuto ripagarli in questo modo. Per quanto riguarda il consenso, anche affettivo, da parte delle persone persone che mi fermano per strada… beh, è un onore, ma sono anche un po’ grandicello per gestire questa situazione”.
Qualcuno si è chiesto: “Ma chi è Agostino Penna?”.
“Era probabilmente lo stesso pensiero che avevano frenato Conti e gli autori negli anni scorsi. Quando si crea un cast si cerca sempre di inserire dei nomi immediatamente riconoscibili, invece io ero troppo piccolo per i buchi grossi e troppo grosso per i buchi piccoli. Un salto qualcuno doveva pur farmelo fare, prima o poi. Anche se non ero un nome altisonante, avevo qualcosa da dire. Grazie a Tale e Quale potrò fregiarmi di aver tolto il coperchio a una carriera implosa per mancanza di occasioni precise”.
Su Twitter c’è chi si chiede: “Dove sei stato finora?”. Cosa gli rispondiamo?
“Ma dove stato finora… Quest’anno, come una pacca sulla spalla, Tale e Quale è arrivato in seguito all’ennesima grande lusinga americana. Già negli anni Novanta dovetti dire no a un progetto importante per stare vicino a mio padre che non stava bene. Qualche anno più tardi, di nuovo: l’America mi corteggiava, ma la mia caparbietà di farcela nonostante tutto mi convinse a rimanere in Italia, anche a seguito di alcune promesse ricevute dalla Rai, poi rese vane da uno dei tanti ribaltoni politici. L’ultima, la più eclatante, quest’estate: un produttore di una delle case di produzione cinematografiche più importanti mi voleva come principale interprete delle colonne sonore, ma ho rinunciato ancora una volta per stare vicino alla mia famiglia. Sono affidatario delle mie due figlie e loro non sono ancora abbastanza grandi per poter poter rimanere da sole o per trasferirsi con me a Los Angeles”.
Un luogo comune: all’estero ci sono più opportunità che in Italia?
“Ci sono meno barriere. Qui c’è la necessità di incasellare un artista, questo l’ho patito sulla mia pelle. Invece in America non hanno difficoltà a immaginare un cantante che diventa anche attore o sceneggiatore, se lo merita”.
Le è pesato essere etichettato come “pianista televisivo”?
“Eccome, è una difficoltà che ho vissuto sulla mia pelle. Negli stessi corridoi Rai, ogni volta che mi proponevo, mi rispondevano: ‘Ma non c’è il pianoforte in trasmissione!’. Ma chi ti ha detto che io voglia propormi come pianista televisivo? Posso essere compositore, interprete, autore. È stata una difficoltà oggettiva per la mia carriera”.
Gli otto anni e mezzo a Uomini e Donne come pianista hanno influito?
“Probabilmente sì, anche perché lì il gioco mi è sfuggito un po’ di mano. Stavo musicando un programma per Milly Carlucci su Rai1, a Cinecittà, quando il direttore di produzione di Uomini e Donne mi chiama perché stavano cercando un pianista che accompagnasse musicalmente delle signore che si presentavano a un tronista. Sarebbe dovuto essere l’impegno di mezz’ora un pomeriggio, invece sono rimasto lì otto anni e mezzo. Mi sono ritrovato a essere incasellato in quella produzione, senza averlo programmato e senza neanche accorgermene. Ma non rinnego assolutamente quel periodo, anzi ringrazio ancora Maria per la fiducia”.
Una curiosità: guadagna molto, in diritti, dalla sigla di “Uomini e Donne”?
“(ride, ndr) Avrei potuto guadagnare molto di più. All’epoca proposi a Maria di farla diventare una suoneria per il telefonino, dato che andavano di moda, ma non fu cavalcata quell’idea”.
Torniamo a “Tale e Quale”. La vive come una rivincita?
“Non mi piacciono le rivincite, i rimorsi e nemmeno i rimpianti. Vivo il presente nel modo più sereno e creativo possibile. Certo, se tutto questo fosse accaduto una quindicina di anni fa sarebbe stato diverso. Adesso la mia sfida è riuscire a dare libero sfogo a tutti quei progetti che sono rimasti nel cassetto per troppi anni. E poi, non lo nego: il sogno di calcare il palco dell’Ariston, almeno una volta nella vita, mi si sta riproponendo”.
Si è mai proposto al Festival?
“Mi è capitato nell’epoca ‘baudiana’ per tre o quattro volte. Una di queste finalmente ero stato preso in seria considerazione dal duo Bardotti-Baudo. Il brano, Certe storie d’amore, faceva parte anche della colonna sonora di un film della Medusa con Brignano: ebbi la cattiva idea di sincronizzarlo nei titoli di coda. L’uscita del film era prevista per marzo, dopo Sanremo. Invece la Medusa decise di anticipare l’uscita del film a ottobre, rendendomi il brano in questione inutilizzabile per Sanremo. Che vuole che dica, era destino!”.