La vicenda di uno dei collaboratori del recupero della frutta e della verdura al mercato di Porta Palazzo di Torino mi ha permesso di vedere da vicino la chiusura delle banche (spero non di tutte, vedremo) nei confronti dei richiedenti asilo.
Dunque Alou B. (maliano, in attesa di essere convocato dalla Commissione che esamina le richieste di protezione internazionale) deve aprire un conto in banca. Ha appena iniziato un tirocinio e la associazione giustamente non lo vuole pagare in contanti. Accompagnato da una collega italiana ha fatto il giro delle filiali più vicine al suo lavoro e alla sua abitazione. Ma finora non c’è stato niente da fare. Non avendo la carta d’identità, ma solo il permesso di soggiorno provvisorio, non gli fanno aprire il conto. Addirittura presso la filiale di Intesa San Paolo proprio adiacente a Porta Palazzo non solo gli richiedono la carta d’identità, ma tre buste paga pregresse.
Spieghiamoci bene e che nessuno fraintenda. Alou non ha la carta d’identità perché dal decreto Salvini in poi non vengono più accettate iscrizioni anagrafiche e di conseguenza non vengono più rilasciate carte d’identità ai richiedenti asilo. Solo qualche comune “disobbediente” ha dichiarato di rilasciarne, ma anche lì non è molto facile.
“In compenso” lo stesso decreto Salvini ha chiarito che il permesso di soggiorno provvisorio costituisce di per sé documento di identità, valido per contratti di ogni genere. Questo lo sapevamo già da mesi. Dato che le banche continuavano però a chiedere la carta di identità, la Asgi (Associazione studi giuridici sull’immigrazione) ha chiesto nel marzo scorso alla Abi, l’associazione delle banche, di rispettare il diritto dei profughi e di riconoscere il permesso di soggiorno quando non c’è la carta d’identità. E Abi le ha dato ragione e ha mandato una propria circolare.
Ma in pratica risulta che molte banche non si pongano neanche il problema e continuino a rifiutare l’apertura del conto. Alcuni funzionari, più avveduti o beneducati, non osano più dire che la carta d’identità è indispensabile ma si trincerano dietro il fattore software. Cioè il loro software sarebbe impostato sulla necessità di mostrare la carta d’identità (un software immodificabile? Da non credere).
E così un richiedente asilo che lavora dovrebbe essere pagato in contanti e poi nascondere i soldi sotto il materasso? E’ inammissibile. Il problema di Alou va risolto, è nell’interesse di tutti.