Il caso risaliva al 2011 ed è stato risolto dalla Dda di Catanzaro e dalla Procura di Vibo Valentia grazie a una confidenza che lo stesso Pannace si lascia fuggire mentre è alla guida dell'auto di Rosario Fiaré, esponente di spicco della cosca di San Gregorio. L'arrestato è già stato condannato in via definitiva per l'omicidio di Giuseppe Prostamo
Il figlio di sei anni era con Carmelo Polito quando, nel marzo 2011, è stato ucciso con cinque colpi di pistola. Il bambino era scampato miracolosamente all’agguato avvenuto in pieno centro a San Gregorio d’Ippona, nel Vibonese. I killer, con il passamontagna, lo avevano seguito a piedi, colpito prima alle spalle e poi giustiziato davanti al figlio. Un delitto in diretta, consumato sotto le telecamere che, a distanza di 8 anni, è stato risolto dalla Dda di Catanzaro e dalla Procura di Vibo Valentia che hanno arrestato Francesco Pannace, 32 anni e già condannato per un altro efferato omicidio, quello di Giuseppe Prostamo.
Grazie alle intercettazioni ambientali registrate all’interno dell’auto di un boss, i carabinieri (coordinati dal procuratore Nicola Gratteri, dal pm della Dda Andrea Mancuso e dal pm di Vibo Ciro Luca Lotoro) sono riusciti a risalire e a dare un nome a quel killer ripreso dalle telecamere di videosorveglianza di un’officina meccanica. Prima di essere arrestato, Francesco Pannace era l’autista di Rosario Fiaré, esponente di spicco della cosca di San Gregorio. Qualche mese dopo l’agguato, è proprio Pannace che si lascia sfuggire una confidenza all’interno dell’auto di cui era l’effettivo utilizzatore. “Ma hai saputo che mi hanno inculato no?…”, aveva detto al suo interlocutore . “Perché ho ammazzato questo figlio di puttana”. “Chi Polito?”. “Era pazzo! E così via… per te, per me e per gli altri”.
Intercettazione che fa il paio con un’altra conversazione avvenuta in carcere, dove Pannace era stato per l’omicidio Prostamo per il quale è stato condannato in via definitiva. Durante un colloquio con un cugino che era andato a trovarlo, il killer gli ha indicato dove aveva nascosto il passamontagna utilizzato per uccidere Polito: “Vedi sotto quell’eternit appena scendi? Là sotto c’è un passamontagna”. Pannace diceva la verità tanto che i carabinieri lo hanno recuperato all’ingresso della stradina di accesso della proprietà del nonno. Sempre nella stessa intercettazione, il killer ha raccomandato al parente di non rimuovere l’arma dal posto in cui era stata nascosta: “Stai attento se arrestano te cosa faccio qua dentro…”.
Quando è stato ucciso, Polito aveva precedenti per furto, rapina, omicidio e tentato omicidio ed era appena uscito dal carcere psichiatrico di Barcellona Pozzo di Gotto. Era considerato una persona aggressiva e prepotente “solita ad andare in giro a chiedere soldi o a prendersi le cose senza pagare il prezzo”. Per gli inquirenti, sarebbe stato quindi “giustiziato” in pieno giorno per uno schiaffo inflitto due anni prima allo zio di Pannace. Ma non solo. Secondo il collaboratore di giustizia Raffaele Moscato, Polito ha pagato con la vita alcuni “buffetti sulla guancia”, a mo’ di richiamo, dati in carcere, a Rosario Fiorillo, esponente di spicco della cosca dei Piscopisani.
Stando a quanto scrive il gip di Catanzaro Carmela Tedesco, “non può allora escludersi che l’omicidio di Polito fosse una vendetta del Pennace per il torto subito dallo zio o comunque una punizione dello stesso inflittagli per il suo comportamento prepotente ed aggressivo”.