Un messaggio di unità per un unico obiettivo: mandare a casa il governo M5s-Pd. Da piazza San Giovanni a Roma il centrodestra parla con tre voci, ma il senso è quello dell’intervento conclusivo di Matteo Salvini, leader della coalizione per acclamazione: “Vinciamo tutte e le 9 le elezioni regionali e torniamo a Palazzo Chigi”. Il segretario della Lega, Giorgia Meloni e Silvio Berlusconi, al netto di linguaggi e ricette più o meno diverse, lo hanno detto chiaramente: “Insieme si vince”, con i 200mila (stime degli organizzatori) della piazza storicamente di sinistra ad applaudire, approvare, esaltare i loro leader. Sia quando tracciano il futuro, sia quando criticano chi è ora al governo, “gente che sui migranti ha le mani sporche di sangue” (Salvini dixit), che ha aperto il campo a “tasse, manette, burocrazia e giustizialismo” (Berlusconi), che ora “si è barricata nei palazzi” (Meloni). Alla fine, però, il messaggio politico è uno solo: “Questa piazza ci impone di lavorare insieme per il bene del Paese“. Lo ha detto Salvini per accogliere sul palco di piazza San Giovanni l’ex premier, presentato come il fondatore della coalizione di centrodestra e primo dei tre ad intervenire. Una coalizione di nuovo unita, si diceva, al netto delle polemiche sui simboli presenti e assenti, dei big dei partito che non ci sono e dei gruppi neofascisti che invece ci sono, applaudono, ma non compiono gesti eclatanti, come da promesse della vigilia. Perché il messaggio politico di giornata non poteva e non doveva essere sporcato.
Salvini: “Le vinciamo tutte e nove e li mandiamo a casa” – Clip con le parole di Oriana Fallaci, in sottofondo l’aria Vincero. Poi Salvini prende la parola e fa capire subito quale sarà il tono del suo intervento: “Questa non è una piazza di estremisti ma di italiani orgogliosi di essere italiani. Altro che estremismo, uomini normali, popolo contro élite, piazza contro Palazzo. Siamo 200mila, e duecentomila grazie”. Il discorso va subito al futuro prossimo, al voto in Umbria e alle altre regionali: “Italiani su la testa, le vinciamo tutte e nove e li mandiamo a casa. E al governo ci torna chi ha dimostrato di sapere governare” dice il leader della Lega dopo aver citato una per una le regioni che andranno al voto a breve. Tra queste ci sono anche la Puglia e la Campania, entrambe governate dal Pd ed entrambe prese di mira da Salvini: “Autonomia significa premiare il merito e mandare a casa gli incapaci. Significa mandare a casa gli Emiliano e i De Luca, i politici incapaci del sud che hanno rubato i soldi per anni dimenticandosi della gente. A casa, a casa!”.
Non potevano esserci parole dolci per chi è al governo, specie per la questione migranti: “C’è chi dice che chi vota Lega non è un cristiano. Io invece credo che chi crede nella fede vuole che non ci siano più partenze. Chi permette le partenze si genuflette ma ha le mani sporche di sangue”. Quando si tratta di parlare del Pd, poi, Salvini usa l’ironia: “La Boschi ha denunciato il Pd, come partito delle tasse…Ma eri nel Pd sino all’altro ieri? Entrano ed escono dal Pd come un istituto di cura”. In merito alla questione fiscale e alle misure contenute nella nuova manovra, invece, Salvini attacca l’esecutivo partendo da una citazione: “A Giuseppi faccio rispondere da Luigi Einaudi che scrisse sul Corriere della Sera nel 1907: ‘I contribuenti combattano un’incessante battaglia contro il fisco ed è risaputo ed è coscienza di tutti che la frode fiscale non può essere considerata come gli altri reati, finché le leggi tributarie resteranno come sono, pesantissime. Qual è la soluzione? Ridurre le aliquote per ridurre il premio alla frode’. Insomma – dice Salvini – l’unico modo per combattere l’evasione non è lo stato di polizia ma abbassare le tasse agli italiani, altri sistemi non ci sono. Solo un cretino può pensare che per farlo, bisogna perseguitare artigiani e commercianti“.
Giorgia Meloni iper sovranista: dall’immigrazione alla cittadinanza, fino a “Dio, patria e famiglia” – “Da qui, da questo palco, davanti a 200mila persone, chiedo a Matteo e a Silvio di dire mai con il Pd, mai con i Cinque Stelle, due facce della stessa medaglia. Questa è la mia firma su un patto anti-inciucio, chiedo che la mettiate anche voi”: in uno dei passaggi più sentiti del suo intervento, Giorgia Meloni ha cercato di rinsaldare la rinnovata unità della coalizione prima di snocciolare il proprio programma sovranista. La piazza applaude, specie quando la leader di Fdi parla di Beppe Grillo, “passato dal Vaffaday contro il Pd, al Vaffaday contro chi non governa con loro”. Non poteva mancare l’accusa alla sinistra: “Piazza San Giovanni una volta era il loro simbolo, dove prima c’erano le bandiere rosse adesso sventolano quelle tricolori, è un segnale cari compagni che siete stati sconfitti dalla storia – attacca la Meloni – Noi in piazza per chiedere la libertà e voi barricati nei palazzi. Non parlo solo del Pd ma anche dei 5 Stelle, adesso sono stipati come sardine in salamoia”. Poi il passaggio sulla cittadinanza, sempre partendo dalle critiche a sinistra: “Usano i bambini come scudi umani per assicurare la cittadinanza a tutti. Questo dice la legge Boldrini, ma noi diciamo no – sostiene la leader di Fratelli d’Italia – perché se vuoi essere italiano te la devi meritare, la devi sudare. Non è un diritto, è un premio”.
L’ex ministra poi affronta il tema della guerra in Siria: “Quando eravamo contrari all’ingresso della Turchia in Europa ci prendevano per strani – sottolinea – E ora, tutte lacrime da coccodrillo… Solo noi difendevamo la libertà”. Da qui il passaggio sulle politiche di accoglienza: “Costruiremo un governo che dice che l’immigrazione illegale non si può fare in Italia, non ci sono scuse: su questo non si torna indietro – sostiene Meloni – Se servono i muri si costruiscono i muri, se servono i blocchi navali, si fanno i blocchi”. E ancora: “Ci batteremo per i nostri simboli, per difendere la nostra integrità, Dio patria e famiglia”. Famiglia, appunto: per la Meloni esiste solo quella tradizionale: “No a genitore uno e genitore due, noi difendiamo i nostri nomi perché non siamo codici. Io sono una donna, una madre e cristiana e non me lo toglierete”.
Berlusconi: “Qui per dire no al governo delle tasse, delle manette, della burocrazia, del giustizialismo” – Magistrati politicizzati, pericolosi comunisti, noi siamo la libertà: la ricetta del vecchio leader azzurro per il nuovo centrodestra pesca ingredienti del passato di Forza Italia, in quei concetti sempre costanti che ormai rappresentano un refrain della narrazione berlusconiana. “Siamo qui per dire no al governo delle tasse, delle manette, della burocrazia, del giustizialismo fuori controllo. Siamo qui per mandare a casa un governo non eletto dagli italiani” ha detto Berlusconi. Poi il consueto attacco alle toghe rosse: “Oltre alle 4 sinistre al governo c’è una quinta sinistra formata da quella magistratura che non ha mai smesso di fare politica” dice l’ex premier, secondo cui “l’Italia non vuole essere governata dalla sinistra, dai comunisti, perché ha ben chiaro cosa significa il loro governo. Vuole essere governata da noi – dice – E noi qui rappresentiamo la migliore Italia, che lavora, che produce. Solo se siamo tutti assieme potremo cambiare la nostra Italia”. L’ex Cavaliere, poi, parla della coalizione e dei suoi equilibri: “Oggi i nostri numeri in Italia sono aumentati: uniti conquisteremo sicuramente una grande vittoria, e siamo sicuri di vincere le prossime regionali, ovunque. Per vincere siamo tutti indispensabili, voi della Lega, di FdI e noi di Forza Italia. Abbiamo un grande futuro e possiamo e dobbiamo realizzarlo insieme. Quando ci faranno finalmente votare, siamo sicuri di vincere”. L’ennesima conferma del desiderio di unità nel centrodestra. Poi il messaggio conclusivo: “Da questa piazza parte l’avviso di sfratto al governo, dove torneremo presto”.
Apertura a sorpresa di Salvini: “È la piazza di tutti voi” – Alle 15 il segretario del Carroccio ha preso la parola a sorpresa per aprire l’appuntamento, salutando la piazza di San Giovanni “bellissima”: “Questa non è la piazza di Matteo, Giorgia, Silvio, ma di tutti voi. Qua oggi c’è l’Italia vera. Sarà un pomeriggio non di rabbia, di cattiveria, di estremismo di violenza, ma dell’Italia che lavora, che sogna che spera”. ‘Orgoglio italiano’ il nome dell’evento, che vuole celebrare l’unità della coalizione composta da Forza Italia, Fratelli d’Italia e Lega nella critica al governo giallorosso e alla sua Legge di Bilancio. Una unità che, però, è messa in discussione da un fatto e una voce di corridoio. Quest’ultima è relativa al presunto passaggio di Mara Carfagna a Italia Viva, il partito di Renzi, con cui però c’è un punto di congiunzione: la critica al Pd, “diventato il partito delle tasse”. Lo ha detto la Boschi, lo hanno ripetuto dal palco di San Giovanni.
Mara Carfagna verso Italia Viva? – Tornando alla Carfagna, dalla Leopolda l’ex segretario del Pd si è trincerato dietro parole di circostanza, confermando però la stima nei confronti dell’ex ministra berlusconiana che, a sua volta, ha fortemente criticato la presenza in piazza di Casapound insieme ai partiti del centrodestra, mettendo in dubbio la sua presenza a San Giovanni. Sul palco, invece, ci sono i simboli della Lega di Salvini: un fatto, quest’ultimo, che ha agitato la vigilia della manifestazione, con le forti critiche espresse da Giorgia Meloni, che anche oggi ha ribadito la sua posizione, incassando apprezzamenti dall’interno di Forza Italia: “La nostra gente sta venendo da tutta Italia, è giusto esserci, ma spiace che ci siano solo i simboli della Lega in piazza” ha detto la leader di Fdi.
I simboli della Lega e le critiche della Meloni – Una critica, la sua, che trova testimonianza plastica nella scenografia dell’evento: alla sinistra e alla destra del grande palco sono stati montati due enormi striscioni con tricolore, lo slogan della manifestazione ‘Orgoglio italiano!’ e il simbolo della Lega abbinato a quello ‘Prima gli italiani‘. Il tutto, appunto, nonostante gli appelli rivolti a Matteo Salvini per eliminare dalla piazza i riferimenti troppo espliciti al Carroccio per quello che formalmente è un evento unitario del centrodestra. E invece lo stesso mega striscione con tricolore e simbolo del Carroccio è stato montato anche al lato del grande videowall alla sinistra del palco. Lo sfondo della manifestazione, che fa da ‘quinta’ all’enorme palco, resta sempre quello con la bandiera italiana, lo slogan ‘Orgoglio italiano!’ e appunto i simboli della Lega e ‘Prima gli italiani’. Curiosità, inoltre, per la presenza dei neofascisti di Casapound: “Siamo contenti se abbiamo dato finalmente il coraggio alla Carfagna o a Brunetta di passare con Renzi” ha detto il leader Simone Di Stefano, che nei giorni scorsi aveva annunciato che i ‘suoi’ non faranno il saluto romano in piazza durante la manifestazione. “È un tema che incuriosisce molto la stampa, ma credo che statisticamente sarà una presenza piuttosto irrilevante” ha detto il governatore della Liguria, Giovanni Toti, secondo cui “se qualcuno vuole venire a sciupare la giornata con braccia alzate e slogan del trapassato remoto può stare serenamente a casa sua, nessuno ne sente il bisogno”.
La piazza, tra insulti agli avversari e tricolori – Il tricolore che doveva essere l’unico vessillo della piazza, però, ha lasciato il posto alle bandiere dei tre partiti di centrodestra. La piazza ha colori a macchia di leopardo, al centro quelle bianca e azzurra con la fiamma tricolore di Fdi, poco in là tanti leoni di Venezia dei leghisti veneti, e poi quelle della ‘Lega per Salvini – premier’. Il palco, come svelato ieri presenta la scritta ‘una patria da amare e difendere’, ma anche ‘prima gli italiani’ e come detto il logo della Lega. Folla molto composta sotto il sole, che però non ha risparmiato – come accaduto anche a Pontida – fischi e cori contro Gad Lerner, passato sotto il palco, duramente contestato da alcuni manifestanti appena entrato i piazza, con urla e inviti a lasciare San Giovanni: ‘Buffone, buffone!’ e ‘Vai via!’ i cori contro di lui. Dopo la musica, sono stati proiettati sul palco i volti e parole dei nemici della piazza del centrodestra, dal premier Conte, a Luigi Di Maio e a Matteo Renzi, che è stato il meno contestato. Alcuni manifestanti con simboli della Lega, magliette o cappellini, stanno protestando contro il giornalista Gad Lerner che è al lato del palco di piazza San Giovanni, a Roma, in attesa dell’inizio della manifestazione. Insulti anche contro Beppe Grillo e cori per chiedere elezioni subito.