Alessandra ha 47 anni, è una ballerina di flamenco, un’attivista per i diritti umani, una militante femminista. Alessandra ha il cancro, ma non è “una malata di cancro”: “Non voglio essere identificata con la mia malattia”, come si fa con i pazienti oncologici. Al contrario, la malattia è diventata Alessandra: una battaglia politica che sta coinvolgendo centinaia di persone, e una campagna virale: per diffondere informazioni, organizzare incontri, raccogliere i soldi per le cure che hanno cambiato la prognosi di Alessandra da “È incredibile che lei sia ancora viva” – detto dal professore che mesi fa le spiegava come il suo fegato, funzionante solo al 5%, non avrebbe retto a un’altra seduta di chemio – al 25% di fegato funzionante.
Una battaglia politica contro i panini al prosciutto e formaggio serviti ai malati di cancro nelle corsie d’ospedale, in spregio a tutte le linee-guida della comunità scientifica sull’alimentazione dei pazienti oncologici. Contro i pasti a base di farine raffinate, succhi confezionati e formaggi preparati dalle ditte che hanno in appalto le mense degli ospedali pubblici, contravvenendo le raccomandazioni dell’American Institute for Cancer Research, quelle del Codice europeo contro il cancro, del Fondo Mondiale per la Ricerca sul Cancro, dell’Associazione Italiana per la Ricerca contro il Cancro. Una campagna di informazione contro la privatizzazione della sanità che disincentiva ogni investimento nella prevenzione, perché se le cure sono una merce i malati diventano un business: “La prevenzione quella vera, non la mammografia e l’ecografia che sono fondamentali tecniche di diagnosi precoce della malattia ma non la prevengono”.
Alessandra ha cominciato a studiare la faccenda nel 2015, cinque anni dopo la diagnosi di tumore al seno, operato e trattato secondo il protocollo: mastectomia, svuotamento ascellare, radio intraoperatoria, chemioterapia, anticorpo monoclonale, terapia ormonale.
“Cinque anni dopo sono comparse le metastasi al fegato e ai linfonodi”. Riparte la girandola del protocollo: chemioterapia, prima per via orale, poi per endovena all’Umberto I a Roma, radioterapia stereotassica per una lesione all’osso del cranio, due trattamenti di termoablazione a Pistoia, pane bianco e stracchino serviti in corsia: tutti alimenti altamente tossici e nocivi per pazienti oncologici. La malattia avanza, Alessandra sta sempre peggio, ha la nausea, smette di ballare.
Fino al giorno in cui si sente dire: “Alessandra, tu mangi tre volte al giorno, quindi per tre volte puoi curare la tua alimentazione come fosse una vera e propria terapia”, e decide di affiancare alle terapie una dieta anti-cancro. È un medico agopuntore a spiegare quello che molti oncologi non dicono, anche se sul tema concordano le raccomandazioni di tutti gli istituti di ricerca: l’alimentazione ha un ruolo fondamentale nella prevenzione e nella cura del tumore.
“Dal giorno successivo, seguendo le indicazioni di queste ricerche, ho completamente rivoluzionato la mia dieta abbandonando ogni tipo di proteina animale, zuccheri (inclusi quelli della frutta), alimenti processati, farine raffinate, eccesso di sale, cotture a temperature troppo elevate, solanacee (melanzane, peperoni, pomodori, patate) perché ricche di solanina, sostanza che agisce su apparato digerente, barriera intestinale, sistema nervoso e metabolismo del calcio.
Ho iniziato a consumare molti alimenti crudi, verdure biologiche (perlopiù amare e a foglia verde, ricche di vitamina C e clorofilla) e ortaggi della famiglia delle crucifere, ricchi di sali minerali come calcio, ferro e sostanze benefiche che rafforzano il sistema immunitario e fibre che prevengono i problemi digestivi). Cereali integrali; legumi; semi oleosi; olio evo, olio di semi di canapa – che ha una bassissima quantità di acidi grassi saturi, intorno al 10%, ma è ricchissimo di omega 3, grassi polinsaturi che permettono di metabolizzare i grassi, agevolano la pulizia delle arterie, combattono i trigliceridi alti e quindi il colesterolo e prevengono le infiammazioni degli organi -; olio di semi di lino (ricco di omega 3 e omega 6, vitamina C e vitamina E, vitamine del gruppo B, proteine vegetali e sali minerali); frutta secca, in special modo mandorle e noci”.
Alessandra ha cominciato a organizzare incontri, invitando oncologi e nutrizionisti a confrontarsi e coinvolgendo altri malati e associazioni che si occupano di cura e prevenzione del cancro.
Il prossimo appuntamento è domenica a Roma, alle 18:30 a Casetta Rossa, Via Magnaghi 14, con la dottoressa Liuve Capezzani, psicologa, psicoterapeuta e psico-oncologa, Annamaria Mazzini, pittrice fondatrice dell’associazione Body Art Therapy Italia, e Raffaella Sirena di Gemme Dormienti, una Onlus specializzata nella tutela della fertilità delle pazienti oncologiche. Seguirà un aperitivo di finanziamento alla campagna di Alessandra: “Rigorosamente vegan, sano e bio”.
Da aprile Alessandra si sottopone a Francoforte al trattamento che le ha permesso di recuperare il funzionamento del fegato e di ricominciare a ballare. Una cura non disponibile in Italia, alla quale Alessandra ha accesso grazie all’aiuto dei donatori che hanno aderito alla sua campagna: “Ho ancora un sacco di cose da fare in questa vita, non mi arrendo. Non sono una guru né un medico, ma di certo racconto la mia esperienza con la speranza di lanciare dei semi nei cuori e nelle menti delle persone che mi leggono.
Altre pazienti possono stare meglio affiancando alle terapie tradizionali delle terapie naturali che sostengono il sistema immunitario e aiutano ad affrontare gli effetti collaterali della chemioterapia. A loro raccomando di fare una rigorosa attenzione all’alimentazione, lavorare sulle proprie emozioni, praticare tecniche di rilassamento come lo yoga, la meditazione. Tutto questo si chiama approccio integrato alla malattia: la presa in cura della persona passa dal corpo, dall’anima e dallo spirito. È ignorato dall’oncologia occidentale, ad esclusione di pochi paesi, ma tipico delle medicine tradizionali di altri paesi come quella indiana e cinese”.