Minacce e accuse tra Turchia e forze curde nel secondo giorno della tregua di 120 ore nel nord-est siriano. Entrambe le parti parlano di violazioni dello stop da parte dei nemici, ma ad alzare i toni è il presidente turco, Recep Tayyip Erdoğan, promettendo che i suoi uomini “spaccheranno le teste” dei combattenti curdi, se non si ritireranno entro i cinque giorni stabiliti dalla zona di confine dove Ankara ha intenzione di ricavare di una zona cuscinetto che divida le aree a prevalenza curda tra Siria e Turchia. Intanto, le Syrian DemocraticForces (Sdf) rispondono: “Ankara ha già ucciso 24 civili dall’inizio della tregua”.
Lo scambio di accuse è iniziato già da venerdì ed è continuato anche sabato. Le forze curdo-siriane sostengono che la Turchia, per il secondo giorno consecutivo, ha violato i termini dell’accordo mediato dagli Stati Uniti, rifiutandosi di sospendere l’assedio di Ras al-Ayn. Così hanno esortato oggi il vice presidente americano Mike Pence, che ha negoziato l’accordo con il presidente Erdoğan, a far rispettare il cessate il fuoco.
Dal canto suo, la Turchia ha accusato le forze curde di avere violato la tregua: “Le forze armate turche rispettano pienamente l’accordo”, ha dichiarato il Ministero della Difesa in una nota. “Nonostante ciò, i terroristi hanno condotto un totale di 14 attacchi nelle ultime 36 ore“. Il ministro Hulusi Akar, intervenendo a una cerimonia nella provincia di Kayseri, nella Turchia centrale, ha dichiarato che l’operazione è stata “sospesa per cinque giorni. In questo periodo, i terroristi si ritireranno dalla zona sicura, le loro armi saranno recuperate e le posizioni distrutte. Se ciò non accade, continueremo l’operazione. Con l’ordine necessario, i nostri soldati sono pronti ad andare ovunque”.
Un concetto espresso con maggior durezza dal presidente Erdoğan che, in caso di mancato ritiro, ha assicurato che “cominceremo da dove ci siamo fermati e continueremo a rompere la testa dei terroristi” curdi. “Se le promesse fatte al nostro Paese non saranno mantenute, come abbiamo fatto in passato non attenderemo e riprenderemo l’operazione non appena il tempo che abbiamo concesso finirà”, ha proseguito spiegando di aver informato nel corso di una telefonata, venerdì, il presidente statunitense, Donald Trump, della posizione di Ankara. Ma il comandante delle Ypg/Ypj, Mazloum Kobane, ha dichiarato che “i turchi stanno impedendo il ritiro dall’area di Ras al-Ayn, non permettendo l’uscita delle nostre forze, dei feriti e dei civili”.
Dopo Trump, Erdoğan ha poi ricordato che la prossima settimana discuterà con l’omologo russo Vladmir Putin del dispiegamento di truppe del regime di Damasco nella safe zone nel nord-est della Siria: “Ci sono forze del regime siriano nella zona di sicurezza creata dalle forze turche nell’operazione anti terrorismo. Parlerò di questo a Putin”, ha detto. Poi ha concluso attaccando i Paesi che “oggi vogliono darci lezioni e hanno quasi tutti un passato di massacri, invasioni e colonizzazioni”, in riferimento agli Stati che hanno condannato, con embarghi e sanzioni, l’offensiva nel nord-est siriano: “Quelli che ci hanno imposto un embargo sulle armi per l’operazione Fonte di Pace hanno dato armi ai terroristi in Ruanda“.