Per la procura di Roma sono stati loro ad ucciderla, dopo averla drogata e violentata. Dal 4 dicembre nell’aula bunker di Rebibbia Alinno Chima, Mamadou Gara, cittadini nigeriani, il ghanese Yusef Salia e il senegalese Brian Minthe saranno processati davanti alla Corte d’assise per la morte di Desiree Mariottini, la 16enne di Cisterna di Latina trovata senza vita il 19 ottobre dello scorso anno all’interno di uno stabile abbandonato del quartiere San Lorenzo a Roma. Il giudice per l’udienza preliminare di Roma Clementina Forleo li ha rinviati a giudizio per omicidio volontario, violenza sessuale aggravata e cessione di stupefacenti a minori.
Di fatto l’accusa primaria che era stata alla base della richiesta di misura cautelare nonostante poi il tribunale del Riesame aveva fatto cadere l’accusa di omicidio volontario per Chima e Minthe. Dopo i test del Dna però la Procura aveva chiesto ed ottenuto per Chima una nuova ordinanza di custodia cautelare, il 15 aprile scorso, per l’accusa di omicidio. Secondo l’aggiunto Maria Monteleone e il pm Stefano Pizza, i quattro avrebbero abusato a turno della ragazza dopo averle fatto assumere un mix di droghe che ne hanno provocato la morte. Ad incastrarli ci sarebbero anche tracce dei Dna trovate dagli investigatori sul corpo della ragazza.
Per questa vicenda, Comune di Roma, Regione Lazio e due associazioni si sono costituite parti civili. La chiusura indagini aveva riguardato anche alcuni pusher italiani. Desiree restò in balia dei quattro imputati per alcune, interminabili ore. Una lenta agonia prima della morte, in cui la giovanissima vittima era stordita da un mix letale di droga mentre il branco avrebbe abusato più volte di lei.