C’è un’Italia vietata ai minori. Perché se negli ultimi dieci anni è triplicato il numero di bambini e adolescenti in povertà assoluta (oggi sono oltre 1,2 milioni), questo si riflette anche sulle difficili condizioni abitative in cui molti di loro sono costretti. In un paese in cui circa 2 milioni di appartamenti rimangono sfitti e inutilizzati, negli anni della crisi il 14% dei minori ha fatto i conti con gravi disagi su questo fronte. E mentre si riducono gli investimenti nella spesa sociale per l’infanzia e per l’istruzione, bambini e adolescenti sono costretti in scuole non sicure: oltre 7mila sono vetuste e più di 21mila non hanno il certificato di agibilità. Nonostante ciò, sempre più ragazzi e ragazze sono impegnati per far valere concretamente i loro diritti.
Sono alcuni dei dati messi in luce dal X Atlante dell’infanzia a rischio di Save the Children, pubblicato a cura di Giulio Cederna e intitolato ‘Il tempo dei bambini’. Il testo, nel quale si fa il bilancio degli ultimi dieci anni, viene presentato quest’anno contemporaneamente in dieci città italiane, in occasione della nuova edizione della campagna ‘Illuminiamo il futuro’ per il contrasto alla povertà educativa. Attraverso una petizione si chiede il recupero di spazi pubblici oggi abbandonati in stato di degrado da destinare ad attività extrascolastiche gratuite per i bambini e scuole sicure per tutti. La mobilitazione è associata a 16 luoghi simbolici vietati ai minori in Italia. “Nell’ultimo decennio insieme alle diseguaglianze intergenerazionali, si sono acuite le diseguaglianze geografiche, sociali, economiche, tra bambini del Sud, del Centro e del Nord, tra bambini delle aree centrali e delle periferie, tra italiani e stranieri, tra figli delle scuole bene e delle classi ghetto” spiega Valerio Neri, direttore generale di Save the Children.
LA POVERTÀ EDUCATIVA – Negli ultimi dieci anni, la percentuale di bambini che In Italia vivono in condizioni di povertà assoluta è passata dal 3,7% del 2008 al 12.5% del 2018. Un record negativo tra i Paesi europei che ha visto un peggioramento negli anni più duri della crisi economica, tra il 2011 e il 2014, quando il tasso è passato dal 5% al 10%. In termini assoluti, nel 2008 i minori in questa condizione erano circa 375mila, nel 2014 già sfioravano 1,2 milioni. Oggi sono 1,26 milioni (563mila nel mezzogiorno, 508mila a nord e 192mila al Centro). Nel 2018, 453mila bambini sotto i 15 anni hanno beneficiato di pacchi alimentari.
DENATALITÀ E NUOVI ITALIANI – La crisi ha avuto un impatto anche sull’aumento della denatalità. Nel 2008, in Italia i minori rappresentavano il 17,1% della popolazione residente, mentre nel 2018 sono ridotti al 16,2%. Un fenomeno concentrato in particolare nel Sud e nelle isole e compensato solo in parte dalla crescita del numero di bambini e ragazzi di origine straniera: nel 2008 erano poco più di 700mila e a dieci anni di distanza sono oltre un milione. Oggi più di un residente minorenne su 10 in Italia ha la cittadinanza straniera. “A loro – commenta Save the Children – una legge obsoleta e tra le più restrittive in Europa, continua a riconoscere la cittadinanza e il pieno riconoscimento dei diritti civili solo al compimento del 18esimo anno di età”.
MANCANO GLI INVESTIMENTI – Eppure l’Italia continua a non avere un Piano strategico per l’infanzia dotato di adeguati investimenti e resta uno dei paesi europei che investe meno nell’infanzia, con divari tra le diverse regioni nel reale accesso ai servizi per i bambini e le loro famiglie. Basti pensare che a fronte di una spesa sociale media annua per l’area famiglia e minori di 172 euro pro capite per interventi da parte dei comuni, la Calabria si attesta sui 26 euro e l’Emilia Romagna a 316. Secondo i dati Ocse, l’Italia spende per l’istruzione e l’università circa il 3,6% del Pil, quasi un punto e mezzo in meno rispetto alla media dei paesi Ocse, pari al 5%. La spending review del 2008 “ha scippato a scuola e università 8 miliardi di euro in 3 anni, con tagli lineari e solo minimamente compensati con interventi successivi”. La spesa per l’istruzione è crollata dal 4,6% del Pil del 2009 al 4,1% del 2011 fino al minimo storico del 3,6% del 2016 (ultimo dato Ocse disponibile).
Il tempo perso sul fronte delle politiche scolastiche si traduce specularmente ogni anno in centinaia di migliaia di bambini persi alla scuola (i cosiddetti Early school leavers), su cui l’Italia – pur avendo fatto significativi passi in avanti – resta indietro, attestandosi attualmente a un 14,5%, con un leggere aumento dal 2017. Un dato che nasconde forti diseguaglianze, con regioni che hanno già centrato l’obiettivo europeo (Trento, Umbria, Abruzzo e Friuli Venezia Giulia) e regioni dove il tasso di dispersione supera il tetto del 20% (Calabria, Sicilia e Sardegna).
SCUOLE POCO SICURE – La mancanza di investimenti si riflette sulle condizioni delle strutture scolastiche. Nell’Italia dei terremoti e del dissesto idrogeologico, su un totale di 40.151 edifici censiti dall’anagrafe dell’edilizia scolastica, 7mila sono classificati come ‘vetusti’, circa 22mila sono stati costruiti prima degli anni Settanta e delle norme che hanno introdotto l’obbligo di collaudo statico (sono 15.550 quelle che ne sono prive) e un numero ancora maggiore prima del 1974, anno di entrata in vigore delle norme antisismiche. Sono 21.662 gli istituiti che non hanno un certificato di agibilità e 24mila quelli senza certificato di prevenzione per gli incendi. Nelle aree ad alta e medio-alta pericolosità sismica, sono 13.714 gli edifici scolastici che non sono stati progettati per resistere a un terremoto ed è antisismica appena una scuola su cinque.
I LUOGHI DA RESTITUIRE – Mentre il dibattito mondiale si accende sull’impatto dei cambiamenti climatici sul pianeta, i bambini e adolescenti italiani crescono in un paese in cui c’è sempre meno verde, con un aumento di 30mila ettari di territorio cementificato dal 2012 al 2018. Il 37% di dei minori si concentra in 14 grandi aree metropolitane, in ambienti non propriamente a misura di bambino. Anche per questo Save the Children, in occasione della sua campagna ‘Illuminiamo il futuro’ ha voluto rilanciare una petizione per recuperare spazi abbandonati. Lo scorso anno, tra quelli segnalati, c’erano due luoghi simbolo: L’Aquila, che a dieci anni dal terremoto vede ancora i bambini e i ragazzi privati della possibilità di tornare a studiare nelle loro scuole e degli spazi educativi e ricreativi di cui hanno bisogno e il Parlamento, “il luogo dove troppo spesso i diritti dei minori vengono ignorati e la loro voce resta inascoltata”.
Nel 2019 si aggiungono l’ex colonia di Montesilvano, in Abruzzo, simbolo di tutti quegli spazi che un tempo erano stati dedicati ai bambini e che ora sono stati abbandonati o riconvertiti ad attività turistiche di lusso o Villa Beer, ad Ancona, che prima dell’ultimo sisma nel centro Italia ospitava una biblioteca e una ludoteca per bambini e che, in seguito ai danni provocati dal terremoto, non è più stata riaperta. E ancora l’Istituto scolastico Salvemini nel rione Barra di Napoli, ormai uno scheletro abbandonato in un territorio già fortemente deprivato di strutture scolastiche e spazi dedicati ai bambini. L’Organizzazione ha inserito anche il boschetto di Rogoredo, a Milano, passato alle cronache per essere luogo in cui tanti ragazzi, spesso minori, vanno a cercare eroina perdendo loro stessi.