Sedici e non sentirli. Per Petros Markaris, il Camilleri dell’Acropoli, produrre romanzi è diventato un esercizio facile facile. Il suo clichè non muta di un millimetro, e perché dovrebbe? Storie avvincenti che legano sapientemente crisi economica, folklore ellenico, passato storico/politico (quando gli ideali erano ancora cemento armato) e un presente gravido di punti interrogativi.
C’è il rivoluzionario di ieri, Zisis, cresciuto nella notte del Politecnico, oggi disilluso circa le promesse di quello schema che, poi, ha prodotto pensionati a soli 45 anni.
C’è il poliziotto Kostas, ligio al dovere, immancabilmente deluso da come il sistema lo stritola perché troppo virtuoso e troppo onesto.
C’è il giovane medico Fanis, schifato per le bustarelle che circolano copiose negli ospedali e che assieme a sua moglie Caterina (la figlia del commissario Charitos) prova a costruire una società diversa e migliore.
E poi c’è il convitato di pietra, sempre lui, presente in questo come negli altri romanzi di Markaris. L’euro, il suo impatto sulla Grecia che si è allungato fino alla crisi del 2012, quando i nodi (di tutti) sono venuti al pettine.
Uno spaccato di mille sperequazioni sociali, dove il milionario che si permette il lusso di fare il filantropo regalando borse di studio a giovani meno abbienti, poi si scopre avere la sede della sua azienda in un paradiso fiscale. E’ l’ipocrisia che è attrice protagonista nella Grecia della crisi come in quella di oggi. Un pulpito da cui tutti si sentono in dovere di fare la morale agli altri: politici, imprenditori, lavoratori, studenti. Ma poi, pagina dopo pagina, si scopre che nessuno potrebbe scagliare la prima pietra. Perché l’armadio pullula di scheletri.
Ancora oggi in Grecia in Costituzione è prevista la possibilità per gli oligarchi di non pagare le tasse in patria. Solo uno dei mille volti disarticolati dell’Egeo, che faticosamente sta provando a venire fuori dalle sabbie mobili. Ma le pagine di Markaris sono uniche proprio per questa peculiarità: dipingere, con un trionfo di emozioni (dall’amarezza alla gioia, dalla delusone alla felicità, dalla rabbia all’orgoglio) quell’universo bizantino che è la regione mediterranea tratteggiandone pregi e difetti, in cui ci si può rispecchiare, annusandone persino gli odori. Chi è di casa in Grecia, in quelle pagine ci trova strade note, riti irrinunciabili, sguardi che dicono più di mille dialoghi.
Ma lo fa, ed è per questo che è bravissimo, con una estrema onestà intellettuale: non è un partigiano di una fazione, ma racconta i fatti che sono i veri campioni di un mondo sempre meno attento a quelle braccia e a quegli occhi che fanno e disfanno. E per questo masticati dall’ipocrisia raccontata nel suo ultimo giallo.
twitter@FDepalo