Capra, caprae, caprarum, capris. Siamo tutti capre al cospetto di Vittorio Sgarbi. Sia che si sgranino gli occhi di fronte al Carpaccio (Vittore il pittore, non il piatto di Cipriani dell’Harrys Bar) o davanti al Martini (e che avete capito? Il “secondo pittore dopo Giotto” non il cocktail, capre!). Al grido de “l’arte contemporanea non esiste, tutta l’arte è contemporanea” si sfogliano agili le paginelle rigonfie del Diario della capra 2019/2020 (Baldini+Castoldi), ricche di sintetici e folgoranti aforismi del sommo Vittorio in tutto il suo sfrontato e irriverente splendore. “Dio è indimostrabile, non incredibile”, si anticipa festosi il Natale attorno al 22 dicembre. Anche se poi è là, a livello di sovrastruttura, che la capra nasce: “La vera questione morale è l’ignoranza” (24 novembre). Sgarbi c’è e si sente benissimo. “Dove c’è disordine e ignoranza io prospero”, tuona quasi biblico il nostro in pieno inverno 2020.
E ancora: “Per me ragione significa che io ho ragione”, s’impone in solitaria il 20 ottobre. “Eccomi insieme a voi. Un buon pastore si occupa delle capre smarrite”, ironizza sazio ad inizio dicembre. Ampio il catalogo tradizionale da dileggio tv: “Visitate i musei, capre!”; “Più pinacoteche, meno discoteche”; “Musei gratis, sempre”. Ma se poi mostra e mixa una selezione di opere d’arte, come fosse un dj, inizio mese dopo inizio mese, non ce n’è per nessuno: un pepatissimo Angelo Caroselli, un brumoso Telemaco Signorini, un Antonio Leonelli da Crevalcore che lascia senza fiato, una terracotta del Civitelli che tramortisce. Appunto, “l’antichità va evocata”, spiegava Novalis, e Vittorio non può far altro che declinare l’assunto in puro nichilismo sgarbiano: “Sdraiato è la miglior posizione, qualunque cosa tu faccia” (1 novembre). Capre siamo, capre eravamo, capre resteremo. Con una postilla da capre sentimental sessuali per capre sgamate: “Da qualche parte nel mondo per ogni uomo esiste la donna ideale. Basta evitarla” (11 settembre).