Sono tornati in piazza a Latina i braccianti indiani sikh dell’Agro Pontino a tre anni dalla prima manifestazione del 2016, che per la prima volta ha mostrato il volto dello sfruttamento nell’agroalimentare laziale. In tremila si sono trovati ieri in piazza della Libertà, organizzati da Cgil Cisl e Uil, per chiedere la fine del caporalato e dello sfruttamento dei lavoratori delle campagne. La goccia che ha fatto traboccare il vaso è stato il gravissimo episodio dell’imprenditore che a Terracina, secondo le accuse, minacciava i braccianti tutti di nazionalità indiana con un fucile, fino ad andare a sparare nelle loro abitazioni per intimidirli. I lavoratori in questo caso hanno avuto il coraggio di denunciare e far arrestare il padrone.
“Vogliamo far capire che noi non siamo qui per farci sfruttare, vogliamo solo essere pagati per il lavoro che facciamo” spiega Rasanvir Singh della Uil. Rasanvir ha vent’anni è nato in Italia e non ha mai lavorato nei campi, ma conosce la fatica che ha fatto suo suo padre Rajvinder, arrivato nell’85. “Allora eravamo in pochi indiani – racconta a– io ho lavorato nel circo Orfei, in un’azienda agricola, in una fabbrica di profumi e come pizzaiolo. Ma allora era meglio non c’era lo sfruttamento che c’è oggi, non si rischiava la vita a lavorare”.
Oltre ai sindacati in piazza c’è anche Marco Omizzolo, sociologo e presidente della cooperativa InMigrazione che da dieci anni lavora con i sikh dell’Agropontino. “Rispetto al 2016, oggi abbiamo una legge, la 199, che ci ha consentito di portare in tribunale tanti padroni e tanti caporali. I controlli e le denunce però non sono sufficienti per distruggere questo fenomeno, per contrastarlo e superarlo definitivamente. Io mi aspetto dalle categorie datoriali, penso a Confagricoltura e a Coldiretti, una parola chiara non tanto sul caporalato ma una parola chiara attraverso la loro costituzione come parte civile nei processi contro caporalato e grave sfruttamento lavorativo”. Al termine della manifestazione il prefetto Maria Rosa Trio ha incontrato una delegazione di braccianti e ha promesso un impegno per attuare misure per combattere il caporalato e tutelare chi denuncia. “Sono soddisfatto – dice Rasanavir tornando al bus – basta che dalle parole però si passi ai fatti”.