Ci sono figure di intellettuali determinanti, agitatori del pensiero, specie di soggetti che agiscono febbrilmente e in gran segreto. Intelligenze superiori che operano nella discrezione: in essa contribuiscono alla formazione di un pensiero. Posso definirlo così Paolo Cioni, editore di Mattioli 1885, casa editrice raffinatissima.

Ecco, dietro Mattioli, c’è lui. Paolo Cioni superbo romanziere: pubblica con Feltrinelli (Ovunque al mio fianco, 2006); torna a pubblicare nel 2016, con la casa editrice Elliot, Il mio cane preferisce Tolstoj; e infine oggi, sempre con Elliot, torna con il suo governato e potente linguaggio, in un romanzo di deformazione, gioco efficace di presunzione, La verità a pagina 31.

Questo architetto – Cioni lo è, oltre che essere il traduttore di Charles Webb e Aldous Huxley – è riuscito con questo suo romanzo appena pubblicato a far parlare molto di sé. Più che altro è stata una folgorazione: i lettori hanno riconosciuto una sovversiva eccezionalità nell’insieme, hanno dunque scoperto una mente fervida (aggiungerei inclassificabile). Al punto che il critico Gian Paolo Serino afferma di Cioni: “È il Dave Eggers italiano”.

Qualcuno ci deve presentare la rivoluzione, in qualsiasi forma essa si riveli. La distinzione di Cioni lo è. Il romanzo ha una costruzione narrativa che scivola nel passato. Costruisce, retrocedendo. Siamo a Parma. È il 1993. Il personaggio principale è Ennio Fortis, un libraio trentenne. Riceve una telefonata. Quella telefonata cambierà il corso degli eventi. Non è decisiva la trama, credo.

Cioè non lo è mai, a mio modesto avviso, in una scrittura importante. In Cioni mi colpiscono alcune cose, senz’altro l’ambientazione e il decennio. Gli anni 90 sono anni ancora perlopiù narrativamente inesplorati. Neanche fossero un accidenti non rubricabile o privi di connotazione. Di Cioni mi colpisce ancora l’equilibrio, la mano ferma, l’eleganza. Esser nuovi e non eccedere, nobilissima virtù.

La voce racconta, procede all’incontrario, raggiunge gli anni dell’impegno politico, Fidenza, la via Emilia, il Collettivo. È sempre Serino ad aggiungere che in Cioni non troveremo la retorica dei vari Guccini, Lucarelli o persino Ligabue. Il ritmo sintomatico della parola con Cioni diventa un fortissimo feedback alla letteratura americana di Saul Bellow o Mark Twain. Ci voleva questo romanzo per consacrare Paolo Cioni come uno dei maggiori scrittori contemporanei, tanto riferisce la critica oggi.

Osserva Gian Paolo Serino (sulle colonne de La provincia di Como): “Cioni è un signore della Letteratura: raffinato ma sempre attento alla sensibilità di un lettore che, in tempi di nuovo sperimentalismo linguistico, è bravissimo a tenere il passo di una danza classica raccontandoci in punta di penna le emozioni che sono anche le nostre. Perché, come scrive, niente come un sorriso può celebrare una disfatta”. Consigliatissimo.

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