Il militare ha colpito un giovane a Curicó, nella regione centrale. Poi si è consegnato ai 'carabineros'. Intanto continuano le manifestazioni in tutto il Paese contro caro-vita e disuguaglianze sociali. Il presidente ha annunciato un incontro con tutte le forze politiche per tentare di trovare una via d'uscita
Tutto è iniziato venerdì con le proteste per l’aumento del prezzo del biglietto dell’autobus. Ma le manifestazioni che hanno travolto il Cile hanno finora provocato 15 morti e 77 feriti, di cui alcuni in modo grave. Un soldato è stato arrestato oggi per aver sparato ed ucciso un manifestante a Curicó, nella regione centrale di Maule. Il procuratore regionale Julio Contardo ha precisato che la vittima, di 25 anni, faceva parte di un gruppo di dimostranti che all’alba aveva bloccato la statale 5. Il militare, ha aggiunto, “si è presentato presso la locale caserma dei ‘Carabineros’ dove è stato arrestato”. Le proteste si sono estese a livello nazionale – nonostante la misura dei biglietti sia stata sospesa – trasformandosi in una mobilitazione contro le condizioni socio-economiche e le diseguaglianze, nonché contro la decisione del presidente Sebastian Piñera di affidare all’esercito la gestione delle strade.
In questo Paese di 18 milioni di abitanti, elogiato per la sua stabilità economica e politica, l’accesso a sanità e istruzione sono perlopiù limitati al settore privato. E le manifestazioni potrebbero ulteriormente amplificarsi, visto che la Centrale unitaria dei lavoratori (Cut), la più grande confederazione sindacale del Paese, insieme a 18 altre organizzazioni, ha lanciato un appello a scioperi e manifestazioni per mercoledì e giovedì a Santiago. Anche i sindacati dei lavoratori del settore sanitario hanno annunciato per questa settimana uno sciopero e delle proteste davanti al ministero della Sanità, nel centro della capitale cilena.
Intanto Piñera incontrerà oggi i rappresentanti dei partiti politici, nel tentativo di trovare una via d’uscita dalla crisi sociale, come ha annunciato in un discorso alla nazione tenuto nella serata di lunedì. Il discorso non si è discostato molto da quello precedente, in cui si era scagliato contro i manifestanti affermando che “siamo in guerra”, ma ha aggiunto l’elemento nuovo dell’annuncio del dialogo con gli altri partiti. La frase in cui Piñera aveva dichiarato che il Cile è “in guerra” ha scatenato un’ondata di polemiche, con i manifestanti che sui social hanno lanciato vignette e hashtag in cui si legge: “Non è guerra, è dignità”. “So che a volte ho parlato in modo duro contro questa violenza e delinquenza“, è tornato a dire Piñera, di fatto non discostandosi dalle affermazioni precedenti, chiedendo ai “compatrioti” di comprenderlo per via della “responsabilità” che ha: “lo faccio perché mi indigna vedere il danno che questa violenza provoca”, ha detto. Il riferimento di Piñera è ai saccheggi che si sono visti in questi giorni, ma ha omesso riferimenti alle migliaia di persone, la maggioranza, che hanno protestato pacificamente, spesso con cacerolazos, cioè sbattendo l’uno sull’altro pentole e coperchi: le manifestazioni di ieri a Santiago, salvo qualche tafferuglio, si sono svolte perlopiù nella calma, con migliaia di persone radunatesi nella centrale Plaza Italia che gridavano ‘Fuori i militarì e ‘Fuori Piñera’; scontri sono scoppiati invece nei cortei a Valparaiso, Concepcion e Maipu.