Amref Italia ha analizzato nei primi sei mesi del 2019 la copertura mediatica data al continente da serie tv, quotidiani e social network delle testate online. Il direttore Guglielmo Micucci: "Presentare l’Africa in un modo più consapevole, deontologicamente e intellettualmente onesto si può”
Se ne parla solo in occasioni di crisi, carestie, guerre, presunte invasioni di immigrati sui barconi; e se ne parla sempre come una terra senza speranza, senza tempo e unicamente bisognosa di aiuto. È’immagine dell’Africa nei mezzi di informazione italiani, secondo un interessante rapporto di Amref Italia (la più grande ong che si occupa di salute nel continente africano), “L’Africa MEDIAta”, condotto dall’Osservatorio di Pavia e presentato oggi a Roma alla vigilia del “World Development Day” istituto dall’Onu. Un continente dove sembrano assenti, secondo i media, leader, artisti o città attrattive e dove l’unico aspetto positivo è la natura selvaggia, raccontata in documentari naturalistici per bambini spesso sotto il segno del folklore.
La ricerca si è concentrata su trenta episodi di serie televisive di diverso genere e provenienza, 65 programmi di informazione di sette reti generaliste, 80.000 notizie monitorate sui telegiornali e 6mila servizi di 9 reti televisive, 800 notizie analizzate su 6 quotidiani nazionali, 21.600 post Facebook e 54.000 tweet di 8 testate giornalistiche. L’arco temporale è rappresentato dai primi sei mesi del 2019, anche se ci sono confronti diacronici con dati dal 2012 al 2018.
Tg, appena il 2,4% delle notizie. E in prima pagina solo per l’immigrazione
Dal punto di vista quantitativo, nei primi sei mesi del 2019 l’Africa risulta quantitativamente poco presente. Nei telegiornali delle nove reti prese in esame, in prima serata, la copertura raggiunge appena il 2,4% e per lo più sul tema dell’immigrazione. Il fanalino di coda spetta al Tg4. Ampliando lo sguardo all’Africa e agli africani in Italia (l’Africa “qui”), il dato cresce sensibilmente fino al 10% di notizie sull’Africa in Italia. Ma appunto, escludendo migranti, l’Africa rimane poco visibile nei media. Eventi di cronaca come l’incidente aereo in Etiopia o il caso Regeni danno un picco di visibilità all’Africa nei telegiornali, ma ad esempio l’intera area dei progetti della cooperazione internazionale, con rare eccezioni, non entra nell’agenda dei notiziari. Un’assenza che si accompagna, si legge nel rapporto, a un clima generale di sfiducia nei confronti delle organizzazioni non profit”.
Interessante anche il commento sulla scelta delle immagini che rafforzano gli stereotipi sul continente: luoghi arretrati e inospitali, moltitudini minacciose con militari armati, animali selvaggi, volti e sguardi spesso legati alla spettacolarizzazione del dramma di donne e bambini, simboli iconici di notizie globali.
Non fanno meglio, però i quotidiani: l’analisi delle prime pagine dei quotidiani conferma la scarna rappresentazione dell’Africa dei notiziari. Raramente l’Africa ha accesso in prima pagina: ci appare con ventidue titoli al mese. Più di 8 articoli su 10 riguardano eventi e protagonisti di flussi migratori, fatti di cronaca (l’Africa in Italia) o terrorismo. La testata più attenta al continente africano è “Avvenire”, all’estremo opposto “Il Giornale”.
Eurocentrismo dei talk show e indifferenza dei social network
Nei programmi tv, il 76% dei 2.290 riferimenti all’Africa è di fatto riconducibile all’Africa in Italia, essenzialmente ai migranti africani e al tema immigrazione, mentre ci sono ben 15 stati africani mai citati. Il programma più virtuoso in termini di copertura diversificata è stato il Tg3 nel Mondo. Il 44% delle notizie si riferisce a un solo Paese, la Libia. Il tema al primo posto è guerra/conflitti (29%), seguono diritti umani (condizioni dei migranti nei centri di detenzione libica), questioni di genere, rapimenti (19%) e ambiente, cultura, turismo al 17%. L’immaginario mediatico dominante, con l’eccezione di alcune buone pratiche, è quello dell’instabilità, del conflitto e del bisogno di aiuto umanitario, mentre permangono il mito della mancanza di progresso e di una terra senza speranze e senza tempo, il cosiddetto “afropessimismo”. Scarso interesse ed eurocentrismo nei talk show, visto che gli ospiti sono sempre politici e giornalisti italiani (anche qui con due eccezioni, i reportage di “Piazza Pulita” e “Propaganda Live”).
Sui social network, invece, l’indagine si è concentrata nei mesi di maggio e giugno, sulle pagine pubbliche di Facebook e Twitter delle principali testate giornalistiche. Sui 21.610 post/articoli osservati su Facebook, l’1,5% si è concentrato sull’Africa. Mentre le percentuali di Twitter sono: 0,9% (su oltre 54 mila tweet analizzati). In generale sui social l’Africa desta scarso interesse, che si capovolge solo quando l’utente percepisce delle conseguenze “a casa nostra”.
Fiction, tra stereotipi e buone pratiche
Lo spaccato sulla fiction – sia di area Rai che Mediaset, Sky Cinema, Netflix, Tim Vision e Amazon Prime Video, tutti titoli recenti – negli episodi (30) che hanno rappresentato l’Africa e gli africani vede su 304 personaggi analizzati una prevalenza di quelli occidentali (72%). Gli africani sono più di rado tra i protagonisti, con un minore approfondimento psicologico, anche se spesso sono più giovani. Anche il “livello culturale” appare decisamente più elevato per i personaggi occidentali: il 26% di occidentali sono quadri e appartenenti a professioni intellettuali superiori, gli africani il 17,4%. Nella figura di operai: 0,5% occidentali e 5,8% africani. Mentre per i personaggi occidentali la fede non è significativa, i personaggi africani sono caratterizzati nel 73% dei casi come musulmani e più spesso descritti nel ruolo di vittima/sopravvissuto o deviante (30.4% vs 11%). C’è inoltre una differenza tra personaggi sub-sahariani, rappresentati prevalentemente in situazioni di inclusione, e i nordafricani, più spesso ritratti in condizioni di marginalità. Sul versante dei crimini, i personaggi africani risultano autori di reati nel 18,8% dei casi contro il 13,7% degli occidentali, e in particolare appaiono attivi sul versante del narcotraffico e terrorismo.
Sempre sulla fiction, il rapporto segnala alcune buone pratiche possibili: ad esempio introdurre personaggi africani nel cast, idealmente nel luogo di protagonisti, puntare alla diversificazione, anche dei temi e delle storie, includere persone di origine africana anche nei ruoli produttivi, nella scrittura dei soggetti, sceneggiatore e regia, dare spazio nei palinsesti a serie di produzione africana, dare spessore e approfondire personaggi africani, cercare di superare pregiudizi e stereotipi, anche con ironia e satira.
Basta fake news sull’Africa
“Restituiamo all’Africa una nuova narrazione libera da cliché e pregiudizi”, è l’invito del direttore di “Amref Italia” Guglielmo Micucci. “È ora di iniettare nuove dosi di fiducia, spingendo quel 2,4% di racconto dell’’Africa là’ un po’ oltre, per avvicinare quel continente che in fondo molti italiani amano”, continua. “Lo si può fare raccontando, per esempio, anche le opportunità che l’Africa può offrire. Oppure, come indica il rapporto, anche prendere spunto dai consigli redatti da ‘Amref’ e Carta di Roma, nel Decalogo per una corretta informazione sull’Africa”. Un decalogo che ricorda, tra l’altro, che l’Africa non è un paese, ma un continente con 54 stati; che non è povero; che la sua cultura merita rispetto; che ci sono eccellenze, che esistono opinionisti africani, che occorre fare attenzione alle fake news sull’Africa così come alle immagini e alla rappresentazione dei migranti. Insomma, “rappresentare l’Africa in un modo più consapevole, deontologicamente e intellettualmente onesto si può”, conclude il rapporto. Ed è una sfida cruciale, perché le rappresentazioni sbagliate di un tema chiave come l’immigrazione favoriscono, senza dubbio, razzismi e sovranismi, mentre aggravano la vita delle ong. Che sono tra l’altro le uniche, al contrario di quanto vuole un altro stereotipo, ad agire davvero “a casa loro”.