La sentenza della Cassazione, che ha fatto cadere l’accusa di mafia e che prevede un rinvio per gli imputati più importanti, è diventata però definitiva per altri. Nella notte i carabinieri del Ros e del Comando provinciale di Roma, hanno eseguito un ordine di esecuzione emesso dalla Procura generale della Corte di Appello di Roma per 8 persone.

Applicata la Spazzacorrotti – Le porte del carcere si sono aperte per l’ex presidente dell’Assemblea Capitolina ex Pd Mirko Coratti (4 anni e sei mesi), per l’ex dirigente che si occupava della cura del Verde a Roma Franco Figurelli (4 anni), ex direttore del Dipartimento delle Politiche Sociali della Regione Lazio Guido Magrini (3 anni), Mario Schina (4 anni), l’ex Forza Italia Giordano Tredicine (2 anni e sei mesi) e Marco Placidi (5 anni), Andrea Tassone (5 anni) ex presidente dem del municipio di Ostia, l’ex dirigente del del servizio giardini del comune di Roma Claudio Turella (6 anni), Sandro Coltellacci (4 anni e sei mesi). Per Coratti e Tassone è stata applicata la legge Spazzacorrotti.

Il passaggio in giudicato della sentenza ha dato immediata esecuzione alla pena detentiva, precludendo, così come previsto dalla legge Spazzacorrotti, ai condannati la possibilità di richiedere e usufruire di misure alternative al carcere, come l’affidamento in prova ai servizi sociali o gli arresti domiciliari. In particolare la legge è stata applicata, anche nei confronti dell’ex dirigente che si occupava della cura del Verde a Roma Claudio Turella, del dirigente regionale Guido Magrini e – infine – dell’ex consigliere comunale Giordano Tredicine.

In carcere i politici Coratti, Tassone e Tredicine – Nel corso dell’interrogatorio del processo di primo grado Salvatore Buzzi, l’ex ras delle cooperative rosse per cui dovrà essere ricalcolata la pena, raccontò che Coratti “chiese 100 mila euro per fare approvare la delibera sul debito fuori bilancio a favore delle cooperative”. Una mazzetta da versare “in chiaro” e la cui metà sarebbe stata destinata proprio a Coratti. “Ci siamo rivolti a Coratti perché era presidente del consiglio comunale: era il nostro riferimento”. A questa accusa aveva sempre replicato di non aver mai piegato la sua funzione: “I finanziamenti sono regolarmente
registrati ma soprattutto non c’è stata mai nessuna condotta deviata”. L’anno scorso la procura di Roma gli contestò di aver goduto dell’usufrutto di un appartamento in piazza Cavour, nel quartiere Prati, messogli a disposizione dal costruttore Sergio Scarpellini.

A far finire nei guai l’ex mini sindaco, che si era dimesso 24 marzo 2015, sempre Buzzi. “Tassone è nostro eh…è solo nostro…non c’è maggioranza e opposizione, è mio”, diceva Buzzi in un’intercettazione che era stata inserita nell’ordinanza del gip. Secondo l’accusa Tassone avrebbe incassato “somme non inferiori a 30.000 euro” e avrebbe chiesto anche “un 10% in nero, il 10% in nero”. Soldi che il condannato intascò per poter assegnare lavori come la potature delle piante e la pulizia delle spiagge. Anche Tredicine, ex vicecoordinatore di Forza Italia nel Lazio nonché rampollo della famiglia di venditori ambulanti, aveva negato qualsiasi rapporto personale con Buzzi, ma solo istituzionali, ma anche per lui è definitivo il verdetto di corruzione.

Assoluzione definitiva per Agostino Gaglianone – La Cassazione ha assolto definitivamente l’imprenditore Agostino Gagalianone (condannato in appello 4 anni e 10 mesi e ritenuto vicino a Massimo Carminati) come rende noto l’avvocato Valerio Spigarelli. “Dopo la lettura dei maggiori quotidiani nazionali e l’ascolto dei tg, nei quali la notizia della definitiva assoluzione di Agostino Gaglianone, non solo dal reato di mafia, ma anche da quello di associazione per delinquere semplice, nella stragrande maggioranza dei casi non è stata neppure citata, e constatato amaramente che la storia di uomo perbene tenuto per anni in prigione, che ha la sfortuna supplementare di non avere un cognome famoso, non interessa ai media italiani, esprimo la mia soddisfazione personale per l’esito della vicenda assieme al mio sconforto di cittadino – scrive il legale in una nota – Gaglianone è stato una vittima collaterale di un esperimento giudiziario “in vitro” che la cassazione ha sgretolato, la sua vita e quella dei suoi familiari sono state distrutte ingiustamente e la sua vicenda è emblematica non solo di quanto possa essere drammatico un errore giudiziario, ma anche di quanto possa essere incivile una informazione “embedded” sui carri delle Procure tanto quando queste “trionfano” tanto quando falliscono. Il sostanziale oscuramento di tale posizione, infatti, non è un caso, ma il risultato della operazione di attenuazione della disfatta giudiziaria della Procura di Roma attraverso la esaltazione del riconoscimento della sussistenza, comunque, di attività illecite (corruzioni e associazioni per delinquere ) per altri imputati che la gran parte dei media enfatizza. Come se la faccenda significativa non fosse oggi, e non fosse sempre stata, il riconoscimento di una mafia originaria e originale chiamata Mafia Capitale“.

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