Due concetti per chiarire la propria posizione e quella dei servizi italiani nella vicenda: “Mai parlato con Barr” e “i nostri servizi di intelligence sono estranei alla vicenda“. Un terzo per rilanciare e invitare l’ex alleato di governo diventato avversario a sgomberate il campo dai dubbi sulle visite di esponenti della Lega a Mosca: “Salvini dovrebbe chiarire che ci faceva con Savoini con le massime autorità russe, il ministro dell’Interno, il responsabile dell’intelligence russa”. Nel pomeriggio Giuseppe Conte ha riferito al Copasir su quanto riportato dai giornali nelle ultime settimane sul filone italiano di una delle due controinchieste voluta da Donald Trump sulle origini del Russiagate.

Il presidente del Consiglio si è recato a Palazzo San Macuto per ricostruire incontri avuti da William Barr, il procuratore generale degli Stati Uniti, con i nostri servizi segreti in agosto e settembre. Su mandato del presidente degli Stati Uniti, l’attorney general dell’amministrazione Usa aveva chiesto informazioni su Joseph Mifsud, docente maltese passato per la Link Campus University di Roma, che nel 2016 avrebbe passato a George Papadopoulos, consulente dell’allora candidato Trump, la ‘polpetta avvelenata’ delle email di Hillary Clinton in mano ai russi. Una vicenda sulla quale l’amministrazione Usa vuole vedere chiaro.

“Qualcuno ha collegato il tweet di Trump contenente apprezzamento nei miei confronti a questa inchiesta – ha esordito Conte nella conferenza stampa seguita all’audizione – Trump non mi ha mai parlato di questa inchiesta. La richiesta da parte degli Stati Uniti risale a giugno ed è prevenuta da Barr”, ha spiegato il capo del governo. “Barr ha chiesto di verificare l’operato degli agenti americani e la richiesta è avvenuta sul presupposto di non voler mettere in discussione l’operato delle autorità italiane”, ha proseguito Conte, che ha sottolineato: “Io non ho mai parlato con Barr neanche per telefono”, ma “ho acconsentito a questa interlocuzione per chiarire che la nostra intelligence era estranea a questa vicenda”.

Due le occasioni in cui gli 007 italiani hanno incontrato quelli statunitensi. Il primo risale al 15 agosto: “Mi risulta che Barr fosse in Italia per motivi personali – ha riferito Conte – Si è trattato di una riunione tecnica con il direttore del Dis Gennaro Vecchione, che non si è svolta all’ambasciata americana né in un bar, né in un albergo come riportato da alcuni organi di informazione, ma nella sede di piazza Dante del Dis. E’ stata una riunione in cui è stato chiesto alla controparte americana di definire il perimetro di questa collaborazione”.

La seconda riunione porta la data del 27 settembre: “Anche questo incontro è avvenuto nella sede di piazza Dante, c’erano i direttori di Aise e Aisi. Si è chiarito che la nostra intelligence è estranea a questa vicenda. Gli interlocutori Usa questa estraneità è stata riconosciuta“. “Tra le varie illazioni qualcuno ha ipotizzato che avrei dovuto informare singoli ministri o leader politici di questa interlocuzione – ha proseguito il premier – Chi ha scritto queste cose non conosce la normativa. Il presidente del Consiglio, in base alla legge 124/2007, ha l’alta direzione dei servizi, non la divide con nessun ministro né leader politico. Se lo avessi fatto, avrei violato la legge”.

“Se tornassi indietro non farei e non potrei fare diversamente – ha quindi argomentato il presidente del Consiglio – perché questa indagine preliminare che conduce un nostro alleato e che Barr, responsabile del controspionaggio e dell’Fbi, sta portando avanti, in cui c’è una tipica attività di intelligence. Se ci fossimo rifiutati di sederci a un tavolo io dico che allora avremmo recato sì un danno alla nostra intelligence, oltre a produrre una grave slealtà nei confronti di un alleato storico“.

Il capo del governo è quindi tornato sui rispettivi ruoli dell’intelligence Usa e di quella italiana. “La richiesta Usa era in riferimento ad agenti americani di stanza a Roma che hanno operato su territorio italiano – ha spiegato – In questo contesto, ma non è stato mai offerto nessun elemento, ci poteva essere l’eventualità che avessero operato con i nostri servizi. Ma abbiamo verificato ed effettuato riscontri documentali nei nostri archivi”. Se fosse stata coinvolta “la nostra intelligence” sarebbe “scattata una denuncia alla nostra autorità giudiziaria. La vicenda avrebbe preso una piega completamente diversa”.

Al termine della conferenza stampa Conte è tornato a parlare di Matteo Salvini, che questa mattina ha detto di aspettarsi “la verità, non ero a quelle riunioni. Non le avrei mai organizzate, se fosse dipeso da me. La parte politica usualmente non incontra i servizi segreti”. “Invece di pontificare”, ha detto il premier rispondendo alla domanda di un giornalista, “Salvini dovrebbe chiarire che ci faceva con Savoini con le massime autorità russe, il ministro dell’Interno, il responsabile dell’intelligence russa. Dovrebbe chiarire se idoneo o no a governare un Paese”, ha detto capo di Palazzo Chigi riferendosi all’incontro verificatosi il 18 ottobre 2018 al Metropol Hotel di Mosca tra il presidente dell’Associazione Culturale Lombardia Russia e alcuni esponenti delle istituzioni russe. Incontro nel quale si è parlato di un finanziamento da 65 milioni di dollari alla Lega in vista delle elezioni europee.

“Io ho riferito la verità richiesta da Salvini, ho chiarito tutte le informazioni in mio possesso. Sorprende come Salvini, che si è candidato a guidare il paese chiedendo pieni poteri non avverta la responsabilità di fare altrettanto, qui non c’è sensibilità istituzionale“, ha concluso Conte.

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