C’è l’accordo sulla spartizione delle aree curde nel nord-est della Siria. Secondo quanto riferito dai media panarabi e siriani, citando fonti politiche di Damasco, il presidente siriano, Bashar al-Assad, ha accettato l’accordo tra Russia e Turchia sulla spartizione in aree di controllo e influenza tra le truppe di Ankara e quelle di Mosca, con quest’ultime che si stanno già dirigendo verso il confine per iniziare i pattugliamenti. Un’intesa, quella tra Russia, governo siriano e turco, che esclude come già annunciato il quarto soggetto in campo, le milizie e la popolazione curda, e rappresenta la diretta conseguenza della stretta di mano in dieci punti raggiunta il 22 ottobre a Sochi tra Recep Tayyip Erdoğan e Vladimir Putin. Le conseguenze dell’accordo si sono già viste a Ginevra: un uomo di etnia curda si è dato fuoco di fronte alla sede dell’Alto Commissariato delle Nazioni Unite per i rifugiati (Unhcr).

Il manifestante, un 30enne che vive in Germania, si è cosparso di benzina nel cortile dell’Unhcr, tra Rue de Montbrillant e Avenue de France. I soccorsi lo hanno trasferito in elicottero al Chuv di Losanna, un ospedale specializzato nel trattamento dei grandi ustionati.

Nel frattempo, il portavoce del Cremlino, Dmitry Peskov, ha affermato che gli Stati Uniti hanno “abbandonato” i loro alleati curdi in Siria lasciandoli affrontare da soli l’offensiva turca. “Gli Stati Uniti sono stati gli alleati più stretti dei curdi. Eppure li hanno abbandonati, essenzialmente li hanno traditi e ora preferiscono mantenere i curdi al confine. In pratica, li costringono a combattere i turchi”, ha affermato il portavoce, citato dall’agenzia di stampa Sputnik. Secondo Peskov, è “ovvio” che, se i curdi non si ritireranno dalla cosiddetta zona sicura al confine, le guardie di frontiera siriane e la polizia militare russa dovrebbero lasciare l’area. In questo caso, i restanti gruppi curdi, ha affermato, verrebbero “annientati” dall’esercito turco.

La risposta di Washington non si è fatta attendere. Dopo aver ribadito, per bocca della rappresentante permanente alla Nato, Bailey Hutchinson, che “è importante che ciascun Paese assuma le proprie responsabilità per i foreign fighter catturati e riprenda i propri cittadini, come abbiamo già chiesto”, perché la situazione” in Siria “è altamente instabile”, gli Stati Uniti si sono detti a favore di “un’inchiesta a carico della Turchia per crimini di guerra“: “Quando le truppe americane si stavano ritirando – afferma Hutchinson – ci sono state accuse di crimini di guerra che devono essere investigate sotto gli auspici dell’organo adeguato”. E poi ha avvertito: occorre essere “attenti” sul ruolo che la Russia intende assumere in Siria. “Dobbiamo sperare per il meglio”.

Anche Donald Trump è intervenuto parlando di “grande successo al confine fra Turchia e Siria. Una zona sicura è stata creata. Il cessate il fuoco ha retto e le missioni di combattimento sono finite. I curdi sono al sicuro e hanno lavorato molto bene con noi. I prigionieri dell’Isis catturati sono al sicuro”. Di conseguenza, ha annunciato che gli Usa toglieranno le sanzioni alla Turchia che, se non onora i suoi impegni, in particolare sui diritti umani, rischia comunque di essere colpita sanzioni, inclusi i dazi sull’acciaio e su altri prodotti. Il cessate il fuoco in Siria “tiene, credo che la tregua sarà permanente“, ha concluso rivendicando come “questo risultato sia stato creato da noi, non da altre nazioni”. Un piccolo numero di soldati Usa resterà in Siria nell’area dove c’è il petrolio e si deciderà in futuro cosa fare col petrolio, ha poi aggiunto.

Proprio il ritiro delle truppe Usa, avvenuto attraverso i confini iracheni, è il tema dell’incontro fra il segretario alla Difesa americano, Mark Esper, arrivato mercoledì mattina a Baghdad, il suo omologo iracheno ed il primo ministro Adel Abdul-Mahdi. Martedì l’esercito iracheno ha comunicato in una nota che le truppe americane entrate in Iraq dopo il ritiro dalla Siria sono solo “in transito” e “non hanno il permesso di restare” nel Paese. Secondo il Pentagono, invece, i militari avrebbero come obiettivo quello di “contribuire a difendere l’Iraq” nella lotta al terrorismo.

“I due più grandi Paesi al mondo”, Usa e Russia, hanno riconosciuto la “legittimità” dell’operazione Fonte di Pace lanciata dalla Turchia nel nord-est della Siria e gli accordi raggiunti da Ankara con le due potenze sono “successi politici”. Lo ha dichiarato il ministro degli Esteri turco, Mevlut Cavusoglu, in un’intervista rilasciata all’agenzia di stampa Anadolu. In merito all’accordo raggiunto ieri a Sochi, il capo della diplomazia di Ankara ha sottolineato che se le forze turche individueranno “elementi terroristici nell’area dell’operazione Fonte di Pace, li neutralizzeranno”.
Secondo Cavusoglu, l’azione della Turchia ha impedito la nascita di uno “Stato terrorista” nel nord della Siria. Il ministro ha quindi definito l’operazione una “svolta” per il futuro del Paese arabo.

Il grande assente nelle trattative sul nord-est siriano, oltre agli Stati Uniti, è l’Europa. E a farlo notare è anche il portavoce della cancelliera tedesca Angela Merkel, Steffen Seibert, durante una conferenza stampa a Berlino: “L’incontro tra il presidente Putin e il presidente Erdogan ha portato a passi avanti e siamo contenti del prolungamento del cessate il fuoco”, ma “la soluzione del conflitto non può essere limitata alla Russia e alla Turchia” e “l’Europa si deve confrontare” su ciò che accade ai suoi confini, ha dichiarato.

“Per noi – ha aggiunto – è importante che nei risultati scritti di questo incontro ci sia un chiaro riferimento al Comitato Costituzionale per la Siria che si dovrebbe incontrare nelle prossime settimane a Ginevra“. Secondo il governo tedesco, “la costruzione di questo Comitato per la Costituzione è l’inizio del così tanto a lungo desiderato processo politico” e un passo di importanza “decisiva per il futuro pacifico della Siria”. L’obiettivo resta la stabilizzazione della regione e il ritorno dei rifugiati siriani in una condizione di sicurezza.

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