“Quindi voi lascerete online le bugie o le tirerete giù? Credo [ndr come risposta] basti un semplice si o no.”È una delle domande più pungenti che ieri, Alexandria Ocasio Cortez, astro nascente del Partito democratico americano ha indirizzato a Mark Zuckerberg, patron di Facebook mettendolo in serio imbarazzo.
Oggi i giornali di mezzo mondo – Italia inclusa – raccontano della giovane deputata che ha “asfaltato” uno degli uomini più ricchi e influenti del mondo e la sua creatura. È naturalmente una delle letture possibili del botta e risposta andato in scena ieri a Washington.
Ma, probabilmente, è solo la più semplice, la più colorita, quella più accessibile al grande pubblico, quella destinata a fare più facilmente notizia. L’altra possibile lettura, l’altra verità è più difficile da accettare, più scomoda, decisamente più complicata da maneggiare.
Perché, a voler essere intellettualmente onesti fino in fondo e a non voler a tutti costi individuare un responsabile per ogni problema che il progresso tecnologico impone all’attenzione della società, bisognerebbe, probabilmente, riconoscere che rispondere alla domanda della Ocasio Cortez non è difficile solo per Facebook, ma è difficile per chiunque.
Siamo davvero così certi che un mondo nel quale Facebook – e naturalmente non solo esso, ma tutti gli altri soggetti che fanno impresa intermediando contenuti altrui – decida autonomamente cosa è vero e cosa è falso, tirando via dal web ciò che ritiene falso sia un mondo migliore? Siamo certi che l’approdo più sicuro per le nostre democrazie, nell’ormai lunga traversata sulle acque agitate del vero e del falso del mare del web, sia rappresentato dall’eleggere Facebook e gli altri giganti dell’intermediazione a Tribunali della verità?
Siamo davvero certi che se Zuckerberg avesse risposto alla Ocasio Cortez che la sua società è determinata a cancellare dal web ogni contenuto che ritenga falso, oggi avremmo avuto qualcosa da festeggiare? Personalmente mi rispondo di no.
L’istituzione di ogni Tribunale della verità – pubblico o privato che sia – non è mai una buona notizia per la società ma, se possibile, l’istituzione di un Tribunale privato della verità è una notizia peggiore dell’istituzione di un tribunale pubblico. Specie in un contesto nel quale – tenuto conto delle regole che attualmente governano la circolazione dell’informazione online – se i giudici di uno di questi tribunali privati cancella troppo non rischia mai alcunché, mentre se cancella troppo poco rischia di sentirsi chiamare a rispondere davanti a un giudice, al Parlamento e all’opinione pubblica di ogni genere di nefandezza.
Forse non esiste un giusto processo alla verità, ma certamente non è giusto quello che potrebbe celebrare Facebook con il suo esercito di moderatori e fact-checker. Probabilmente nessuno, oggi, ha la risposta giusta alla domanda che la Ocasio-Cortez ha posto a Zuckerberg.
Ma se io dovessi rispondere, risponderei che preferisco di gran lunga che un’informazione falsa resti online, piuttosto che un’informazione vera finisca offline e che se dovessi imporre qualcosa a Facebook e ai giganti dell’intermediazione gli imporrei di non rimuovere nessun contenuto dal web – salvo quelli palesemente illeciti – e lasciare che siano giudici e autorità, ovviamente attrezzandosi per l’occasione, a valutare e decidere quali contenuti devono restare online e quali devono essere soppressi dalla più grande piazza pubblica che l’umanità abbia mai conosciuto.
Ma questa non è la risposta giusta alla domanda della Ocasio Cortez, è solo la mia.