Un anno in carcere da innocente. Un uomo di 30 anni, accusato di violenza sessuale di gruppo, è stato scagionato dalla sua stessa presunta vittima e poi assolto dai giudici della V sezione penale del Tribunale di Milano che lo stavano processando. La donna, sentita in aula, ha rivelato di essersi inventata tutto. Un colpo di scena che ha cambiato le sorti del dibattimento: dalla condanna di 7 anni di reclusione chiesta dal pm all’assoluzione e immediata scarcerazione.
Per l’uomo, cittadino peruviano, le manette erano scattate il 17 ottobre 2018 con l’accusa di stupro di gruppo nei confronti di una connazionale 40enne che lo aveva denunciato. Secondo quanto riferito dalla donna agli inquirenti, la presunta violenza era avvenuta dieci giorni prima dell’arresto in un parco in zona Lorenteggio a Milano. Le indagini si erano soffermate anche sulla posizione di un altro peruviano, ma l’uomo non è mai stato trovato. Così dietro le sbarre era finito solo il 30enne e lì era rimasto per tutto il tempo delle indagini e del processo.
Per i giudici, però, il quadro dell’accusa non era affatto chiaro: su richiesta della difesa è stata sentita, dopo la requisitoria e l’arringa, una donna, mai apparsa nell’inchiesta, presente quella sera al parco. E proprio quella testimone ha svelato la verità e confermato la versione sempre sostenuta dall’imputato: quella sera non c’era stata alcuna violenza, ma solo una rissa tra la presunta vittima, l’imputato e un’altra donna per contrasti precedenti. E, a conferma della nuova versione, qualche ora dopo è arrivata anche la “confessione” della vittima, richiamata sul banco dei testimoni. A quel punto ha detto che si era inventata tutto.
Secondo la ricostruzione della difesa, che aveva portato in aula anche alcune chat tra imputato e presunta vittima, i due erano amici prima che il 30enne denunciasse per aggressione la donna e alcuni suoi amici. E proprio questa denuncia sarebbe stato il motivo della rissa al parco, poi trasformata dalla peruviana in una denuncia per violenza sessuale.