Il palleggio, spalle alla porta nell’area milanista, un nuovo tocco più forte, la rovesciata e il pallone che scavalca Seba Rossi e finisce in porta. È una delle rovesciate più belle mai viste nel campionato italiano quella del “toro di Sora” Pasquale Luiso, che regalò i tre punti al Piacenza nella sfida contro il Milan di Baresi, Maldini e Costacurta 23 anni fa. Non c’è solo la bellezza del gesto di quel bomber di provincia che ha indossato una ventina di maglie in tutta la sua carriera, ma anche la sua valenza nostalgica: pensare di alzarsi il pallone da solo, palleggiando e poi “sforbiciare” stando spalle alla porta marcati da un difensore della nazionale è un gesto che oggi sarebbe folle, proprio di chi ha imparato a giocare a pallone per strada, imparando a sforbiciare a furia di gomiti sbucciati o fratturati e ammaccature.

Un gesto che oggi nessun attaccante al mondo, prodotto dalle giovanili farebbe mai, con la follia e l’imprevedibilità tarpate a suon di “Appoggiala al compagno dietro” urlati dalla panchina. Ma proprio grazie alla follia di uno come Luiso si salvò quel Piacenza, ancora con Garilli alla guida, ancora per pochi giorni prima della tragedia che si portò via il patron, ancora tutto italiano, con in panchina Mutti chiamato a sostituire l’autore della prima storica promozione in A, Gigi Cagni, reduce da un’altra salvezza l’anno prima.

Un Piacenza povero ma dignitoso, che aveva perso praticamente tutti i migliori dell’anno prima: dal bomber Caccia (14 gol in A l’anno prima) a Turrini, ala destra dal dribbling facile e dal cross al bacio, entrambi passati al Napoli, alla mente Eugenio Corini che andrà a Verona fino ad Angelo Carbone e al terzino Lorenzini. Sostituiti con qualche svincolato in età avanzata (Pari dal Napoli, Pin dal Parma, Tramezzani dall’Inter, Aladino Valoti dal Verona, Valtolina dal Bologna) e qualcuno pescato in Serie B (Scienza dal Venezia, Tentoni dalla Cremonese e appunto Luiso, l’anno prima ad Avellino ma di proprietà del Chievo). Unico sacrificio il riscatto di Mirko Conte dall’Inter e le conferme di “big” come Eusebio Di Francesco, il portiere Massimo Taibi e il tuttofare offensivo Piovani, che segnava poco e quasi sempre sotto le feste, si ricordano infatti le sue magliette celebrative con gli auguri di “buon Natale” e “buona Pasqua” indossate sotto la divisa ufficiale e sfoggiate, quasi a saperlo, dopo il gol pre-natalizio e quello pre-pasquale.

La squadra in campionato viaggia tra alti e bassi navigando sempre in zona salvezza, togliendosi però diversi sfizi contro le grandi: Luiso segna a raffica, coi suoi gol ferma il Napoli, il Vicenza che vincerà la Coppa Italia, e appunto il Milan in quella gara epica. I rossoneri di Tabarez, pur schierando campioni come Baresi, Costacurta, Albertini e Weah ci misero del loro, come spesso accadde in quella stagione: due papere di Rossi portano il Piacenza sul doppio vantaggio con Valoti prima e Di Francesco poi, la doppietta di Dugarry nella sua unica gara convincente in Italia porterà il pareggio, fino al capolavoro di Luiso che chiuderà la gara.

Gli uomini di Mutti fermeranno anche la Juventus con il difensore Delli Carri, la Roma, la Fiorentina, la Sampdoria di Mancini, finendo però comunque quartultimi a pari punti col Cagliari. Lo spareggio si giocherà al San Paolo. Qui, col sostegno dei tifosi napoletani, il Piacenza vince 3-1, con doppietta di Luiso che garantirà la permanenza in A. L’anno successivo il toro di Sora passerà al Vicenza e diventerà capocannoniere della Coppa delle Coppe: sembrerebbe la consacrazione definitiva di un grande attaccante, ma sarà solo l’ultimo exploit. Da lì comincerà il declino con il lungo pellegrinaggio tra B e C fino la chiusura di carriera a casa sua, a Sora, in Promozione.

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