Chiude almeno per il momento la pizzeria Impastato, gestita dalla moglie di Giovanni Impastato, il fratello di Peppino, il militante di Democrazia Proletaria ucciso dalla mafia il 9 maggio del 1978. Il provvedimento è stato emesso dal Suap di Carini, a seguito di un esposto anonimo che avrebbe fatto scattare i controlli di Polizia municipale di Carini, Guardia di Finanza, e Asp Palermo. Le contestazioni mosse sono diverse: licenze rilasciate dal Comune di Cinisi invece che da Carini, che ha competenza territoriale, carenze igienico-sanitarie, modifiche strutturali non autorizzate e presunte irregolarità sugli scontrini fiscali. L’area sulla quale insiste la pizzeria, sulla statale 113, nei pressi dello svincolo autostradale, è nel comune di Carini, ma le licenze per la somministrazione delle bevande alcoliche e quella per la tabaccheria sono state inspiegabilmente rilasciate diversi anni fa dal comune di Cinisi.
“Si tratta di una chiusura provvisoria – spiega Giovanni Impastato – quelle licenze furono rilasciate a mio padre oltre 60 anni fa dal comune di Cinisi perché allora si pensava che metà del locale fosse in territorio di Cinisi, quindi mio padre chiese al nostro comune. Oggi, scopro che a seguito di questi controlli che siamo a Carini, quindi è un problema di confini. Polizia municipale e comune di Carini mi hanno detto che l’immobile ricade nel suo territorio, di conseguenza ci dobbiamo adeguare”. Sono state rilevate, però, anche irregolarità per alcune modifiche strutturali nel locale che ospita la pizzeria, che avrebbero mosso l’autore dell’esposto e quindi i controlli e le indagini da parte di guardia di finanza, polizia municipale di Carini e Asp con i provvedimenti trasmessi alla procura di Palermo. “Da oltre un mese nel locale, che desidero precisare è in affitto e il proprietario non ha mai fatto interventi, stiamo facendo lavori – precisa Impastato – perché effettivamente c’era qualche problema, sono state ammodernate le cucine, abbiamo aggiunto altri due bagni, sul tetto c’è amianto e abbiamo già fatto tutte le pratiche per eliminarlo e smaltirlo, con l’obiettivo di mettere anche i pannelli solari. Noi siamo un presidio di legalità – sottolinea il fratello di Peppino – abbiamo sette dipendenti che per adesso non lavorano e ci stanno aspettando, in quel locale mi hanno fatto anche diversi atti intimidatori che abbiamo denunciato in procura. Abbiamo avuto Caselli, Saviano e anche Grasso, facciamo iniziative con Libera. Forse stiamo scomodi a qualcuno”, continua il fratello di Peppino.