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Thiago Motta, prendendolo sul serio

a cura di Gianluca Viscogliosi

Un gesto rapido tra le tasche, di quelli fatti di istinto, senza pensarci troppo. Magari spunterà un dollaro, residuo di un viaggio personale o souvenir classico di amici, parenti e affini.

“E pluribus unum”, si legge su una faccia della moneta. “Dai tanti all’uno”, inteso come singolo, le esperienze e i volti che ci formano fino a farci diventare quello che siamo. E se questo è il presupposto che ha portato il presidente Preziosi al guizzo Thiago Motta, il popolo genoano può approcciare con fiducia il futuro.

MIX – Più che il moto rivoluzionario legato al fraintendimento – naturale o malizioso – del 2-7-2 (un semplice 4-3-3 letto ‘in orizzontale’) potrebbe essere il ricco bagaglio di esperienze la vera marcia in più dell’ex tecnico dell’Under 19 del Psg.

Un gruppo parigino portato a giocare in maniera riconoscibile e ordinata, nonostante i numerosi giovani spesso sotto età buttati nella mischia. Un lavoro di livello che sembrava potergli aprire direttamente le prestigiose porte della prima squadra. Negli occhi e nella mente però l’imprinting blaugrana, la crescita nella Masia e i dettami legati al calcio offensivo del Barcellona targato Rexach, Rijkaard e Van Gaal. Una squadra offensiva, d’attacco, corta, che unisca le due fasi e che non sia troppo legata al modulo. Anche perché poi c’è la battaglia sul campo, quella fatta di nervi e di determinazione, come appreso dall’Inter di Mourinho – “un vincente a cui non interessava lo spettacolo” – e dalla volontà di quel gruppo di essere a servizio del proprio compagno partita dopo partita, contrasto dopo contrasto.

A Parigi gli anni calcistici della maturità, e l’apprezzamento di un “top” come Carlo Ancelotti, un mix di gestione tattica e lavoro sul campo con cui porta avanti la sua visione normalizzante del calcio ad altissimi livelli.

L’inseguimento poi dei modelli moderni, il “re del gioco” Guardiola, il passionale Klopp… e poi il Gasp.

“Il miglior allenatore che abbia mai avuto”, come ammesso dallo stesso Motta nella conferenza di insediamento. Il giusto merito per il tecnico della sua rinascita, dopo gli ultimi anni spagnoli da calciatore e un infortunio che poteva comprometterne la carriera.

MENTALITÀ – Perché alla base, tra i dettami calcistici dell’uomo Thiago Motta, un concetto semplice ma efficace di ‘gasperiniana’ memoria esce in tutta la sua potenza.

“Se hai la capacità di trasmettere le tue idee anche a chi non è un top player ma può diventarlo”, raccontava alla Gazzetta dello Sport nella famosa intervista del 2-7-2 (20 novembre 2018). Un messaggio urlato con forza, perché Thiago è sì uomo di parole, ma anche di parola. Rigido, tutto d’un pezzo, bravo a motivare il gruppo e a tirare fuori il 110% da ogni singolo. Con uno sguardo, con un discorso ma anche con la semplice presenza. Perché – parola di chi lo ha vissuto da vicino – respira e trasmette calcio al primo impatto, un istinto per il pallone che gli è valso anche l’appellativo di predestinato.

POSSIBILITÀ – A dispetto della suo modo di intendere il pallone, quello che richiederà dall’inizio ai giocatori del Genoa – come ammesso in conferenza – sarà soprattutto cuore e anima.

Le due arterie su cui far viaggiare il possibile 4-3-3 rossoblù, con dei punti fermi di partenza ben chiari: dare più copertura alla difesa, riorganizzare le idee in mediana valorizzando Schone, togliere dall’isolamento Pinamonti e Kouame. I diamanti grezzi partiti bene ma scivolati troppo presto nell’ombra del progetto Andreazzoli. “Possibile 4-3-3”, come detto, perché chissà se la stima per Gasperini e per l’Atalanta non possa far proseguire il lavoro del Grifone sulla difesa a tre. “Non ho moduli fissi e il calcio non è un biliardino. Contano il movimento che si fa in campo”.

MULTIFORME – “E pluribus unum” quindi, umanamente e anche tatticamente. Nessuno schema preimpostato, nessuna idea di partenza. Pescare dalle peculiarità della squadra e dalle caratteristiche dei giocatori per raggiungere l’unico, IL RISULTATO: la salvezza per il Genoa in questo caso.

Scommessa era stata da giocatore e scommessa sarà da tecnico, con la lanterna di Zena e i colori rossoblù a fare da minimo comune denominatore. Il suo carattere forte per affrontare con il giusto piglio le intemperanze del vulcanico Preziosi e le turbolenze di un campionato difficile e formativo come la Serie A.

Il suo destino nelle mani delle onde del porto. La moneta è lanciata.