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Per un buon orto biologico, la lavorazione del suolo è importante. Vi do tre consigli utili

Nel fare l’orto la lavorazione del suolo è un aspetto veramente importante. Coltivandolo, il terreno viene lavorato perché si presenti soffice e drenante: deve essere “sciolto” perché le radici delle piante vi penetrino senza fatica e deve lasciar defluire l’acqua in eccesso senza creare ristagni che potrebbero far marcire le nostre coltivazioni.

L’agricoltura convenzionale è basata su grandi macchinari che non si fanno scrupolo nell’intervenire, distruggendo la struttura e la stratigrafia del terreno. In un’ottica di coltivazione biologica invece bisogna sapere che ogni operazione ha dei pregi ma anche dei difetti, e bisogna cercare quindi di approcciarsi all’ecosistema suolo in modo rispettoso.

Scopriamo quindi di più su come si prepara un buon orto biologico.

La lavorazione classica

Nel metodo tradizionale in genere si esegue una lavorazione principale usando la vanga e dissodando tutta l’area da coltivare. Seguirà poi una zappettatura, utile ad affinare lo strato più superficiale, rompendo le zolle. Infine si livella con un rastrello di ferro per spianare, preparando il letto di semina.

Il momento in cui si prepara l’orto è utile anche per effettuare una bella concimazione di fondo. Prima di zappare, si sparge del compost o del letame maturo, che verrà così incorporato al terreno durante la lavorazione.

Lavorare il suolo è necessario?

Una bella vangatura può essere molto utile, ma ha anche delle controindicazioni, perché altera alcuni equilibri del terreno. Personalmente effettuo comunque una lavorazione del suolo: ma prima di darvi qualche indicazione sul mio metodo mi piace ricordare che esistono scuole di pensiero alternative che prevedono di non lavorare il suolo.

L’agricoltura naturale “del non-fare” di Masanobu Fukuoka è l’esempio più famoso. In Italia si sta diffondendo il non metodo della coltivazione elementare, elaborata da Gian Carlo Cappello. Anche nell’agricoltura sinergica la fase preparatoria è completamente diversa dalla pratica tradizionale e mira a lavorare il terreno il meno possibile, realizzando bancali permanenti.

Tre consigli per l’orto biologico

Una lavorazione adatta al metodo biologico deve essere rispettosa del terreno e sconvolgere il meno possibile la sua struttura, la sua stratigrafia e la microfauna che lo popola. Senza dilungarmi voglio lasciare tre consigli molto pratici, da mettere subito in pratica nelle proprie coltivazioni.

1. Vangare senza rivoltare la zolla

La vangatura classica prevede di sollevare e rivoltare la zolla di terra, capovolgendola sotto sopra: in questo modo le radici delle erbe infestanti vanno sotto terra e non ricacciano subito. Il difetto di questa tecnica è che i microrganismi che popolano il terreno subiscono un forte trauma: alcuni vivono in profondità e si trovano allo scoperto, altri invece che vivono più in superficie e hanno bisogno di ossigeno si trovano sepolti.

Questi organismi hanno un ruolo importante nell’aiutare l’apparato radicale delle piante; danneggiandoli andiamo di fatto a impoverire il terreno. In certi casi è utile vangare girando la zolla: ad esempio quando si coltiva a partire da un prato incolto (ma non è necessario farlo ogni volta). Un’alternativa ottima è l’uso di una forca foraterra o di una grelinette, con cui rompere le zolle senza capovolgerle (è anche meno faticoso!).

2. Usare la motozappa il meno possibile

La motozappa è un attrezzo comodissimo e fa risparmiare tantissima fatica, visto che la sua fresa motorizzata è in grado di fare in poco tempo un lavoro che con la zappa sarebbe davvero lungo. Tuttavia anche la fresa comporta degli inconvenienti, che è bene conoscere.

Il primo è la suola di lavorazione: i denti della fresa battono nel sottosuolo e tendono a formare uno strato compatto che favorisce ristagni d’acqua in corrispondenza delle radici delle colture. Ogni tanto un passaggio di vanga o di forca può aiutare a evitare questa suola. Il secondo difetto è che fresando si polverizza eccessivamente la terra. Un terreno destrutturato alla prima pioggia o calpestio si compatta in modo poco sano. Per questo è meglio non passare troppo spesso con la motozappa, anche se sarebbe sciocco demonizzare questo attrezzo.

3. Il letame è meglio del pellettato

Per la concimazione di fondo tantissimi coltivatori si affidano allo stallatico pellettato. Non c’è niente di male: è completamente naturale e ricco di preziosi elementi nutritivi, perfettamente coerente con un metodo biologico. Tuttavia al suolo non servono soltanto nutrimenti, ma anche sostanza organica, di cui compost e letame sono molto più ricchi rispetto a concimi essiccati, come lo stallatico.

La sostanza organica aiuta a strutturare il terreno, rendendolo soffice: ne migliora la capacità di trattenere acqua, nutre i microrganismi utili. Per questo un bel cumulo di compostato o di letame è da preferirsi all’uso del solo pellettato. Anche perché il pellettato si dilava facilmente e, se viene distribuito troppo presto, rischia di essere in gran parte portato via dalle piogge.